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Interpretazioni del brigantaggio meridionale. Parte seconda (2/3)

Creato il 14 dicembre 2011 da Tirsenide

 

Parte seconda.

I decreti anticlericali del Mancini proclamati sotto la luogotenenza di Carignano, rimasero sulla carta ma ebbero un effetto immediato: l’appoggio occulto (ove era possibile) e incondizionato (dappertutto) del Clero al Brigantaggio.

I tumulti e le repressioni proseguirono massicciamente nell’inverno del ’61. In Basilicata, già nell’aprile avveniva la prima rivolta armata contro la Guardia Nazionale.

S’ insedia a Torino il governo Ricasoli.

Il generale Cialdini viene spedito nel meridione come Dittatore militare, con pieni poteri militari e civili: in un primo momento la sua politica consiste nella costituzione di un fronte unito democratico, borghese e liberale contro la “reazione clerico-borbonica”. Vengono richiamati gli ex garibaldini. Inizia così la repressione contadina (fucilazioni, deportazioni e spoliazioni di villaggi rurali).

Cialdini in corrispondenza col Ricasoli riferisce di accordi con i democratici mazziniani del Partito d’Azione contro i reazionari; successivamente gli stessi mazziniani sono espulsi dall’apparato governativo.

Inizia, alla fine del ’61, la repressione della nobiltà legittimista napoletana. La rivolta si estende in più parti del nuovo regno e a Torino le preoccupazioni per un incendio generale sono al massimo livello. I presidi militari armati sono organizzati in tutti i principali centri meridionali. Le operazioni di distruzione e uccisioni sono condotte scientificamente in tutto il sud insorto.

L’esercito raggiunge le 50 mila unità dislocate nel meridione.

Si tenta una strada di decentramento dell’organizzazione del territorio, ma la dittatura diviene strettamente militare col gen. La Marmora: il suo governo è caratterizzato da due fasi.

Prima fase: il passaggio dal Brigantismo politico a quello Sociale, comporta, da parte dell’esercito, di una risposta non convenzionale, di una guerra senza esclusioni di colpi. Il “grande Britantaggio” inizia con le devastazioni dei proprietari filo piemontesi, incendi di masserie, uccisioni di autorità sabaude e possidenti e commercianti.

I governi Ricasoli e Rattazzi  tentano di sminuire la gravità del fenomeno.

La sinistra parlamentare critica in più occasioni il gruppo dirigente liberale e fa pressione per un’inchiesta sul Brigantaggio.

1862: tentativo garibaldino di arrivare allo stato pontificio

Seconda fase : la dittatura di La Marmora rafforza i presidi e chiede ancora poteri; il numero di soldati raggiunge la ragguardevole cifra di 116 mila unità.

Inizia il ministero Minghetti con Peruzzi ministro degli Interni e Spaventa capo della Polizia. Proclamazione della Legge Pica e introduzione dei Tribunali militari speciali per la repressione del brigantaggio (1863). Protesta della sinistra parlamentare per gli eccessi autoritari nel sud (1864).

Vengono rinnovate le leggi antibrigantaggio e prorogato lo Stato di Emergenza fino al 1866. Lotte e scontri a fuoco sono registrati in tutto il territorio meridionale ma sempre in fase decrescente. Nella sola Basilicata si contano più di 3.500 morti “per brigantaggio”. Gli ultimi conflitti sono registrati nel 1870 (a più di dieci anni dall’inizio della “guerra civile italiana”).

 



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