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Intervista a Claudia Tonin, autrice di Pearls

Creato il 15 dicembre 2012 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Francesca Rossi Pochi giorni fa Diario di Pensieri Persi ha recensito con grande interesse l'originale romanzo Le Cronache di Gaia. Pearls di Claudia Tonin. Se vi siete persi la notizia, dovete assolutamente leggere la recensione. Un libro che fa riflettere ed immaginare le varie possibilità, buone o cattive, che il futuro ci offre. Non solo fantascienza, dunque, ma un' opera che merita di essere affiancata ai grandi libri sulle utopie. Per questo non potevamo lasciar scappare l'autrice, visti i tanti spunti di approfondimento che ci ha lasciato con le sue pagine. 

Ecco l'intervista, bellissima e piena di argomenti attuali. Un confronto a 360° con la gentilissima Claudia Tonin che, per l'occasione, ci ha dato anche delle anticipazioni sul suo prossimo lavoro. Non potete perdere questa intervista e nemmeno Le Cronache di Gaia. Pearls. Buona lettura!
Intervista a Claudia Tonin, autrice di PearlsCara Claudia, ho letto il tuo libro “Le Cronache di Gaia. Pearls” tutto d’un fiato ed è stupendo. Grazie per aver accettato questa intervista. Dopo aver letto un romanzo del genere non potevo lasciarti scappare. Cominciamo subito. 1) Quando hai iniziato a scrivere? Come e quando ti sei resa conto che creare storie sarebbe stato il tuo destino? Ciao Francesca! Grazie infinite per avermi dato la possibilità di rispondere alle tue domande e avermi permesso di parlare di Pearls qui su Diario, uno dei miei blog preferiti. Non so esattamente quando ho iniziato a scrivere. Ricordo benissimo che in quarta elementare la maestra ci ha fatto scrivere una storia sulla neve, più o meno in questo periodo. Il mio lo ha letto davanti a tutta la classe e i miei compagni lo hanno adorato. Creare storie è sempre stato semplice, un modo per abbellire la realtà. Non raccontare bugie, ma mostrare la realtà attraverso una lente più vivace, è sempre stato uno dei miei “difetti”. Quando ero una studentessa universitaria che si destreggiava in più di un lavoro ho accarezzato anche l’idea di scrivere a livello giornalistico, ma la fiducia nelle mie capacità e l’accettazione che non potevo più vivere senza scrivere mi è arrivata tardi, durante la stesura della tesi di laurea. Un testo in cui non potevo inventare nulla, che mi ha fatto gustare il sapore della scrittura. Sono passati anni prima che mi sentissi pronta ad affrontare il giudizio degli altri e trovassi la costanza per portare a termine un romanzo. Il mio percorso per arrivare alla scrittura non è stato lineare e palese. Come molte donne anche io nella vita professionale ho seguito percorsi sotterranei, carsici, oserei dire. Come il fiume Timavo, che per alcuni tratti scorre lontano dagli occhi ma c’è, così è stato il mio rapporto con la scrittura. In questo momento scorre placido sotto gli occhi di tutti, domani non lo so se sparirà alla vista dei più. Non so se scrivere è quello che il destino ha in serbo per me, lo faccio perché ormai non posso più farne a meno.

2) Quali sono i tuoi modelli, i tuoi autori preferiti? Autori preferiti ne ho tanti, dovessi scegliere andrei proprio nel panico. Dovrei elencarne minimo una cinquantina per non fare torto a nessuno. Ci sono alcuni bravissimi che ammiro, altri li sento affini e sono un po’ come la coperta di Linus, leggerli mi calma e mi dà coraggio nei momenti di sconforto. Non ho dei modelli specifici, leggo un po’ di tutto, perciò spero di non sconvolgere nessuno se dico che reputo dei maestri Italo Calvino tanto quanto Marion Bradley Zimmer, Orwell come Lois Lowry, Roal Dahl e Silvana De Mari, Tolstoj insieme a Tolkien, la Rowling con Magda Szabò, Haruki Murakami e David Grossman. Insomma, come capirai, spazio molto tra i generi. Continuo a rileggere volentieri Fizgerald, Jane Austen ma mi incuriosiscono Amélie Nothomb e Michela Murgia. Ho scritto fantasy e fantascienza ma non ho letto solo autori di quei generi, ce ne sono di bravissimi e così tanti che non mi metto qui a elencarli. Negli ultimi anni ho scoperto Irène Némirovsky e trovo che la sua capacità di descrizione delle passioni dell’animo umano sia straordinaria. In questo momento della mia vita è lei il modello inarrivabile a cui aspiro. Vorrei tanto riuscire in due righe a tratteggiare la personalità di un personaggio esattamente come fa lei. Ma la strada è ancora molto lunga e impervia. Io intanto ho intrapreso il viaggio vedremo dove riuscirò ad arrivare. 3) Ti è mai capitato di sentir dire che gli italiani non sanno scrivere di fantascienza? Come ti poni nei riguardi di chi pensa una cosa del genere? Frequentando le discussioni di aNobii o i forum si può sentire di tuttoQuando qualcuno fa affermazioni di questo genere sulla fantascienza, cerco di capire perché le fa. Ha avuto in effetti esperienze deludenti? O è solo una posa del tipo “nessuno sarà mai come Asimov” (verità incontestabile visto che siamo unici e irripetibili, per ora). Credo che la vera domanda dovrebbe essere: che cosa sanno scrivere gli italiani? Si sente spesso dire che non sanno scrivere fantasy, che non sanno scrivere thriller... Insomma, l’esterofilia si insinua anche nella letteratura in cui, storicamente parlando, non siamo secondi a nessuno. È vero che l’offerta ora è amplissima e la qualità non sempre alta ma, sarà una mia idea, ma non mi piace esprimere giudizi a priori. Non apprezzo chi si limita la possibilità di critica con dei preconcetti. Sono dell’idea che prima di giudicare un libro lo si debba leggere, o almeno provarci. Poi si potrà smontarlo un pezzo alla volta, mostrarne i punti deboli, ma prima credo lo si debba leggere. Fare di tutta un’erba un fascio è sempre un sistema di ragionamento “pericoloso” perché limita moltissimo le possibilità dell’intelligenza umana.

4) Come nascono le tue storie? Dalle persone. Ho pensato a lungo alla risposta a questa domanda perché le idee spesso mi sono venute in momenti inaspettati, piccoli lampi che mi fanno scorrere immagini nella mente. Però non è solo questo. Sono le relazioni, le esperienze, positive e negative che fanno scaturire le storie. Le emozioni che sento trovano cassa di risonanza nella relazione con gli altri. Poi sono fortunata, ho potuto vedere e incontrare artisti giovani e bravi, le loro opere spesso mi hanno detto chiaramente quello che la mia mente non riusciva a elaborare. Le mie storie, come quelle di tutti gli artisti, nascono dal mio vissuto interiore. Citando Tolstoj “se vuoi parlare del mondo parla del tuo villaggio”. Così faccio io. Cammino per strada e osservo molto le persone, non esiste una storia più originale o più interessante di quella che si narra dentro l’animo di ciascuno. O, almeno, io la penso così. 5) Leggendo il tuo romanzo Le Cronache di Gaia. Pearls ho avuto la sensazione di immergermi nella letteratura utopistica di Tommaso Moro e di Tommaso Campanella. Ti hanno ispirato in qualche modo?  Quando parlo di Pearls dico che è un romanzo distopico, ma fino a un certo punto. La società di Gaia ha un peccato originale crudelissimo ma poi si sviluppa verso il bene. Alle superiori mi aveva molto colpita la lettura di Tommaso Moro, ma anche quella di Giordano Bruno. L’idea di creare un modo privo di dolore è antichissima, altro non è se non il paradiso terrestre, presente in tutte le tradizioni culturali del mondo. Un grande sogno di libertà, di equilibrio naturale per il quale alcuni sono morti. Il fascino dell’utopia è proprio nel pensare che potrebbe sul serio realizzarsi se ci impegnassimo. 6) Le tue protagoniste, inizialmente, appaiono come una sorta di Amazzoni del futuro. In realtà sono delle donne a cui è stata negata l’interazione e la comunicazione con l’altro sesso. Secondo te come si può vivere in questo modo? Quali sono le mancanze di queste donne da un punto di vista psicologico? Leggendo il romanzo ho notato che non c’è in loro una totale inconsapevolezza...  Ho voluto ribaltare le parti. Ho innestato in queste donne atteggiamenti maschili. Mi chiedi se si può vivere in questo modo? Certo, togliendo la metafora, vedo tutti i giorni uomini che non si pongono minimamente il problema di comunicare con le compagne, colleghe, sottoposte che hanno accanto. Dal punto di vista psicologico le mie protagoniste sono inizialmente sicure di sé, superbe, convinte della loro assoluta superiorità. Guardiamoci attorno, nel mondo del lavoro, per alcuni dei nostri colleghi o capi non è forse così? Le donne di Gaia hanno la convinzione assoluta di essere migliori dell’altro genere ma, in alcune di loro, anche la curiosità di capire. Amèlie è un personaggio meno appariscente degli altri, eppure l’ho usata per mostrare come l’assoluta e totale fiducia nel regime possa essere comunque scalfita da una domanda. Conoscere ti porta a farti delle domande e, nel momento in cui cerchi risposte, stai già mettendo in dubbio la verità. Nelle donne di Gaia manca il dubbio, il quesito che invece si insinua nell’animo di Amélie. Sono convinte di vivere nel “migliore dei mondi possibili.” 7) Spesso, nella realtà, uomini e donne, pur non subendo imposizioni, come accade su Gaia, non comunicano. Cosa pensi di questo problema? Che è un bel problema! Scherzi a parte, ci sono testi e manuali che spiegano le diversità nei modi di porsi di maschi e femmine, ma anche senza manuali ce ne accorgiamo tutti i giorni nelle relazioni che abitualmente abbiamo. L’approccio per affrontare i problemi e risolverli è molto diverso, non necessariamente gli uni migliori degli altri, diversi. Lavorando in team si percepisce in modo lampante. Credo che la rigidità, la difficoltà a cambiare il proprio punto di vista sia sempre un problema nel lavoro di squadra. Al di là del maschile e femminile, noto come sia sempre più complicato intendersi. Mi pare che ci sia sempre più chi parla e sempre meno chi ascolta. Almeno nelle fasce d’età alte, ho molta fiducia nei ragazzi giovani, scrivo ragazzi intendendo proprio maschi. Penso che solo con l’educazione al rispetto reciproco si possa pensare di colmare le differenze di espressione tra maschi e femmine. Già si è fatto moltissimo, sono fiduciosa che a ogni nuova generazione andrà sempre meglio. Chissà forse sul serio nel 2177 ci sarà una lingua comune e non parlo della lingua standard di Gaia. 8) Gaia è un’estremizzazione, un’utopia, un sogno folle e lucido nello stesso tempo. Cosa pensi delle idee cosi “estreme”, con un lato nascosto tanto inquietante?  Quello che è inquietante del piano delle Sorelle Fondatrici è che assomiglia molto ai genocidi a cui si è assistito nei secoli scorsi. Questa volta anziché un gruppo etnico o religioso c’è un intero genere. Fa rabbrividire proprio perché nella storia c’è già stato chi con la freddezza di Han Chan Mei l’ha messo in pratica. Se pensiamo all’organizzazione del genocidio armeno o, al più conosciuto di tutti, quello degli ebrei nella seconda guerra mondiale, ritroviamo la stessa lucida freddezza. Dei campi di sterminio nazisti, tutto si può dire, tranne che non fossero scientificamente organizzati. Ovviamente io non sono d’accordo, sono azioni ripugnanti ma ai fini narrativi mi serviva una scelta fortissima, verosimile in forza di azioni passate, per mostrare fin dove si poteva arrivare. L’obiettivo era suscitare nel lettore un moto di repulsione, facendolo indignare e dire che non è vero che il fine giustifica i mezzi, che la natura non si può piegare in questo modo. 9) Nell’atto di descrivere Gaia hai pensato alle antiche civiltà matriarcali, alle Dee Madri o ai continenti/civiltà scomparsi come Atlantide o Mu? In effetti sì! Il mio precedente romanzo, Esedion, è un fantasy ambientato in quel che rimane del continente perduto di Mu. Ho approfondito molto l’aspetto storico antropologico delle cosiddette civiltà matriarcali e l’ho trovato affascinante. È certo che non siano mai esistite società veramente matriarcali, ma alcune nei secoli sono state molto più rispettose della femminilità di quanto non si possa pensare. Approfondire questi temi porta a notare come in tutto il mondo, dalla Polinesia fino alla Scandinavia, il primo culto è quello della Terra come madre e come fonte di vita. Nel corso dei secoli ci sono state diverse teorie orientali, ma anche occidentali, sulla Terra come essere vivente, come Gaia. C’è un fil rouge che unisce queste credenze primordiali, lo trovavo una base di partenza molto interessante, senza alcun dubbio queste conoscenze hanno influenzato la stesura del romanzo. 9) Cosa spinge le Sette Sorelle fondatrici a compiere un gesto che altro non è se non criminale? Si tratta di eliminare individui, decidere e pianificare miliardi di vite umane senza chiedere il permesso. Al di là della motivazione pratica che si legge nel libro, gli uomini visti come causa dei mali del mondo, credi ci sia una ragione più profonda? La mia è una grande provocazione. Sia ben chiaro, non sono affatto una sostenitrice della violenza e, meno che mai, vorrei un mondo privo di uomini. Sarebbe una noia mortale! Ho voluto portare alle estreme conseguenze la frustrazione di queste donne politiche. Spesso nella storia, in momenti di crisi, si sono fatti avanti sedicenti dittatori che con la forza hanno rotto gli schemi preesistenti. Le Sette Sorelle in fin dei conti non hanno fatto niente di originale, hanno solo allargato il cerchio dei nemici da abbattere. Oggettivamente gli uomini controllano la Terra, siamo noi la specie che domina il pianeta, quindi se si vuole dominarlo bisogna sopprimerci. Ho ripreso l’interessantissima teoria ben sviluppata ne “Il quinto giorno” di Frank Schätzing, il quale, con un romanzo di più di 1000 pagine, un mattone stupendo che consiglio vivamente di leggere, ipotizza una forma di vita più antica della nostra. Questi esseri decidono di sopprimerci per limitare i disastri ambientali che sconvolgono il pianeta, ritenendoci colpevoli delle mutazioni climatiche in corso. Questa parte del mio romanzo è forse la meno originale, tanti prima di me hanno sostenuto che siamo noi la causa dei mali della Terra. Io ho solo ristretto il cerchio a chi detiene il potere e lo esercita. 10) E’ un caso che la leader delle Sette Sorelle sia cinese? Te lo chiedo visto che la Cina è una superpotenza in continua ascesa economica. Nel 2000 ho avuto la fortuna di fare un viaggio in Cina. È un paese che mi ha impressionata moltissimo, per la bellezza, la storia, la determinazione del suo popolo. Visitare l’esercito di terracotta è un’esperienza dall’impatto emotivo fortissimo. Sapere di quale crudeltà sono stati capaci i sovrani che l’hanno costruito (uccidere tutte le centinaia di persone che avevano lavorato per realizzare la tomba, in modo che nessuno la ritrovasse). Trovare la stessa medesima disinvoltura nei secoli successivi in altri imperatori, fino ad arrivare al comunismo del Novecento mi hanno fatto considerare che poteva essere la nazione giusta per un leader geniale e crudele. Non in modo folle, in modo scientifico. Perché, storicamente, avevano già fatto gesti analoghi a quelli di Han Chan Mei. C’è poi un’altra motivazione. La Cina è la nazione che ha decretato e tollerato la morte di migliaia di bambine con la politica del figlio unico. La situazione era drammatica già dodici anni fa, io stessa ho visto i manifesti affissi per Pechino con le scritte “salviamo le bambine”. Un flebile tentativo di evitare la strage. Gli effetti di questo squilibrio di genere cominciano a farsi sentire pesantemente nella società cinese. Infatti è di questi giorni la notizia che anche la leadership del partito si è resa conto che non ci sono donne e pensano di rivedere la politica del figlio unico. Ora rischiano, per assurdo, di passare da un eccesso di popolazione a una popolazione che non cresce. Sono tanti è vero, ma tra dieci anni le donne in età fertile saranno pochissime, rispetto alla generazione precedente, e fino a prova contraria solo le femmine fanno figli. Han Chan Mei è una specie di terribile vendicatore di tutte le bambine dei decenni scorsi, abbandonate e lasciate morire sui marciapiedi. Fredda, scientifica, convinta di fare il meglio per la sua nazione, per il suo mondo. Non molto diversa dai politici cinesi che repressero la rivolta in piazza Tienanmen. 11) Stai già scrivendo il prossimo romanzo? Puoi darci qualche anticipazione? Sto scrivendo il seguito di Pearls. La mia editrice lo aspetta con ansia, la mia editor, Adriana Comaschi, spera di iniziare a lavorarci per gennaio. Credo che Natale lo passerò su Marte .  Questa è già una piccola anticipazione. Al Diario però voglio dare un’anteprima, il titolo, il secondo capitolo de Le cronache di Gaia si intitolerà Nautilus. Non il famoso sottomarino, a cui però strizzo l’occhio, bensì la conchiglia, così da riallacciarmi al discorso delle ostriche… Se riesco, ma è un “se” molto grande, vorrei proseguire direttamente con la stesura del terzo e ultimo capitolo. Così da concludere la trilogia il prima possibile e non fare attendere troppo i lettori. So quanto sia seccante attendere anni per conoscere il seguito di storie che ci coinvolgono. Ci sono poi altri progetti in cantiere e almeno due sinossi che aspettano, ma Gaia viene per prima. 

Alla fine dell’intervista vorrei ringraziarti, Francesca, per le tue domande, così stimolanti e originali. Ringrazio anche il team del Diario per la possibilità che mi ha dato. Mi complimento con te e tutto il gruppo, siete straordinarie e state facendo veramente un ottimo lavoro per sostenere la lettura e la cultura, continuate così, c’è tanto bisogno della vostra energia! Grazie Claudia per il tempo dedicato a Diario. Ti aspettiamo con il nuovo romanzo. Siamo ansiosi di leggerlo!
Intervista a Claudia Tonin, autrice di Pearls
L'AUTRICE
Nata nel cuore dell’estate, è stata subito contagiata dai genitori dalla passione per la lettura, il cui virus poi è mutato in una irrefrenabile voglia di scrittura. Vive tra le colline del prosecco, ma sogna spesso la Calabria. Ha fatto diversi lavori, prima, durante e dopo la laurea, per fermarsi nel variegato universo dell’impiego pubblico. Esedion è il suo romanzo d’esordio. Questo è il blog dell’autrice.

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