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INTERVISTA A…/ Fabio Caressa racconta il suo Diario in Afghanistan

Creato il 04 novembre 2010 da Iltelevisionario

INTERVISTA A…/ Fabio Caressa racconta il suo Diario in Afghanistan

Questa settimana Alessandra Giorda presenta un’intervista a… Fabio Caressa, giornalista sportivo di Sky e conduttore di Buongiorno Afghanistan, in onda ogni giovedì alle 22.30 su Sky Uno.

Buongiorno Afghanistan racconta quella parte della missione italiana in Afghanistan di cui purtroppo si parla davvero troppo poco: dalle operazioni di bonifica degli sminatori, alla vita nelle carceri femminili, dal mantenimento della viabilità  all’organizzazione degli aiuti alimentari, dagli interventi del personale medico che assiste i militari e la popolazione civile alla fondamentale azione delle Psy-Ops, una squadra di uomini e donne, preparati su lingua e cultura locale, che hanno il compito di parlare con il popolo afghano, informando sulle operazioni di pace e spiegando gli obiettivi della missione. Il diario racconta anche i momenti di relax nei  campi: la pizza, una grigliata, un’improvvisata partita di calcetto, la visione collettiva della partita della nostra nazionale, la tensione che si scioglie dopo una missione ad alto rischio.

Il primo episodio di Buongiorno Afghanistan dal titolo “Il primo passo sulla Luna”, trasmesso giovedì scorso alle 22, è stato seguito da 101mila telespettatori mentre il secondo, “Angeli custodi” in onda alle 22.30, ha ottenuto 114mila telespettatori, segnando il record stagionale di audience media per Sky Uno. Questa sera andrà in onda il terzo episodio intitolato Polvere: Fabio Caressa assieme ai soldati della base di Herat parte a bordo di un C130 e di un Black Hawk americano alla volta della base avanzata di Shindand. Intanto il suo compagno di viaggio Sergio Ramazzotti,  scrittore e foto-reporter, si sposta verso l’avamposto Safe House, 20 chilometri a sud di Shindand nella Zeerko Valley, zona calda a rischio di attacchi dei talebani. Dalla base Fabio resta in contatto radio con lui. Poi prova sulla sua pelle cosa vuol dire vestire i panni di un Hurt Locker, uno sminatore. In questa occasione viene ricordato il tragico episodio di Mauro Gigli, morto in un’esplosione insieme al collega Pierdavide De Cillis.  Caressa vede in azione l’unità cinofila, con il cane anti-esplosivo Tana. La sera è ospite speciale di una festa, tra balli improvvisati e spaghettate.

INTERVISTA A…/ Fabio Caressa racconta il suo Diario in Afghanistan

(di Alessandra Giorda) Fabio Caressa, un uomo conosciuto dai più come giornalista sportivo e per le avvincenti telecronache condotte, ma è solo questo?

Una lunga gavetta iniziata nel 1986 presso Canale 66, emittente romana legata alla più famosa Tele Roma 56, proseguita in altre emittenti televisive e presso le testate giornalistiche come Guerin Sportivo e la Gazzetta dello Sport. In parallelo si laurea presso la prestigiosa Università LUISS di Roma, sua città natale, in Scienze Politiche con indirizzo internazionale. Già dagli esordi si delinea una propensione come giornalista a “tutto campo”. Infatti benché la formazione sia prettamente sportiva, non esita a provare altre esperienze come: Com’è, trasmissione quotidiana di cultura giovanile indirizzata ai teen-ager e  lo speciale sulla notte degli Oscar nella quale Roberto Benigni vinse con La vita è bella.

Sposato con la telegiornalista di Studio Aperto, Benedetta Parodi, conduttrice del famosissimo Cotto e Mangiato, con lei ha formato una bella famiglia con tre  figli. La svolta decisiva professionale è nel 2003 ed è firmata SKY.

INTERVISTA A…/ Fabio Caressa racconta il suo Diario in Afghanistan
Tra i giornalisti di spicco della squadra di Murdoch, Fabio continua a non vedere la sua carriera solo nell’ambito sportivo e con Buongiorno Afghanistan si impone al pubblico da un altro punto di vista. La grande voglia di essere un giornalista completo fa si che sposi l’idea di Andrea Scrosati, sviluppata da Canei e Ramazzotti con un Diario da lui interamente scritto su come vivono i nostri militari e non solo in Afghanistan .

In quest’intervista Fabio Caressa  ci racconta quest’esperienza.

D: Da giornalista sportivo a Buongiorno Afghanistan, che cosa ti ha spinto a fare questo reportage?

R: La curiosità e la voglia di raccontare come può fare una qualsiasi persona con gli occhi ingenui di chi si reca in un luogo con una realtà completamente diversa dalla propria e porta a conoscere chi non sa.

 

D: La decisione di affrontare un’esperienza di questo genere, anche pericolosa come è stata commentata da tua moglie?

R: Benedetta fa il mio stesso lavoro, sa come sono fatto e mi accetta. Il programma mi è stato proposto quando ero in Africa per i Mondiali di Calcio, le ho subito telefonato. Abbiamo scherzato e lei mi ha detto: “Tanto tu hai già deciso, vero? Ok per me va bene, cosa servirebbe continuare a parlarne?” Il giorno prima di partire, la tensione  cominciava a farsi sentire e sinceramente abbiamo scherzato meno.

 

D: Nel momento in cui  l’aereo è decollato per portarti in Afghanistan, quali sono stati i tuoi pensieri?

R: Non sapevo a cosa andassi incontro, era un’avventura da vivere poco per volta nella sua totalità. C’è stata tensione nella prima notte per andare nella FOB, base operativa ed avamposto militare.

 

D: Hai parlato con moltissimi nostri militari uomini e donne. Cosa ti ha colpito di queste persone e qual è il loro perché?

R: Mi ha colpito proprio il loro perché, fatto di valori molto profondi e la voglia indiscussa di cambiare il Mondo. Hanno tra i 20 ed i 28 anni. Da qualche parte bisogna pur iniziare. L’Europa dal dopoguerra ad oggi ha delegato agli USA, che sanno che abbiamo le carte in regola e quindi è ora che l’Europa prenda in mano la situazione.

 

D: Se un domani uno dei tuoi figli diventasse uno di questi militari?

R: Spero proprio di no, vorrei che facessero un lavoro meno pericoloso. Se però la passione dovesse essere questa, lo appoggerei.

 

D: Hai vestito i panni di Hurt Cocker, sminatore. Hai avuto paura, lo rifaresti?

R: Ho solo infilato il giubbotto, ma in realtà non mi sono addentrato nei campi minati. Ho avuto un pò di tensione quando mi sono recato a Bala Murgab, provincia afghana pericolosa. Comunque rifarei tutto dall’inizio alla fine.

INTERVISTA A…/ Fabio Caressa racconta il suo Diario in Afghanistan

D: Per i più, Afghanistan sinonimo di Bin Laden  sinonimo di terrorismo. Cosa c’è oltre, chi sono e come vivono gli afghani?

R: C’è una terra devastata da oltre 30 anni di guerra. I suoi abitanti vivono malissimo, al limite. Primi nel mondo per analfabetismo, secondi per mortalità. Si barcamenano per sopravvivere che è la priorità quotidiana.

 

D: Della visita al Carcere femminile, che cosa ti ha colpito e com’è la condizione della donna islamica?

R: La vita della donna è un inferno. Ho sentito storie terribili. Ogni 2 mesi alcune si danno fuoco o vengono buttate giù dai tetti. Il carcere è super moderno con il ripristino dei lavori artigianali e l’uso del telaio. Prima vietato dalla dittatura talebana. Ho intervistato una donna, ingegnere elettronico, che durante il lavoro è stata sorpresa con un bicchiere di birra in mano ed è per questo motivo in carcere per un anno. Un’altra che ha assistito ad un omicidio commesso da un uomo, ma hanno incolpato lei ed è in carcere per 20 anni.

 

D: Bala Murgad, una delle aeree più calde da te esplorate. Quanto è dura la vita dei soldati lì e qual è il loro perché per rischiare più degli altri?

R: Il dovere!!! I soldati vanno dove è loro compito essere. Tutte le basi comunque sono pericolose.

 

D: Se ti proponessero di fare l’inviato di guerra, accetteresti?

R: No è troppo pericoloso ho una moglie, tre figli e Benedetta in quel caso non sarebbe assolutamente d’accordo.

 

D: Ti aspettavi tanto successo già nella prima puntata?

R: Intanto che giravamo ci rendevamo conto che stavamo facendo qualcosa di diverso. Soprattutto in tanto dolore e tensione ho voluto estrapolare positività ed allegria. In genere tutti i media pensano che la “NOTIZIA” sia il negativo, mentre lo scoop nasce anche dal positivo.  C’è già in programma un altro progetto, però non ne posso ancora parlare.



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