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Intervista a Giancarlo Padovan (By Riccardo Cotumaccio)

Creato il 20 maggio 2013 da Simo785

Intervista a Giancarlo Padovan (By Riccardo Cotumaccio)

“Alla Juve serve mentalità. In finale la Roma ha più da perdere. Il futuro del giornalismo? Il web”

In esclusiva per il Bar Frankie, Riccardo Cotumaccio intervista Giancarlo Padovan, ex direttore di  Tuttosport, con il quale ci concentriamo su campionato, Coppa Italia e futuro del giornalismo.

Iniziamo parlando di Juve: Ibrahimovic può bastare per rilanciarsi a livello europeo?

Cos’altro servirebbe ai bianconeri per il salto di qualità? “Ibra non arriverà mai alla Juve, è già stato detto e ridetto. Non serve e non arriva.  Cosa serve, invece, è un attacco nuovo e una nuova, grande mentalità. Non ci si può far intimidire dal Bayern e dal concetto di squadra schiacciasassi, quando lo stesso Arsenal si è imposto sui tedeschi. Ai bianconeri serve un attaccante forte
(Higuain) e una seconda punta (Jovetic). Poi se non ci sono soldi vanno venduti giocatori come Vucinic, Matri e Quagliarella, ma soprattutto Giovinco, che per quanto è stato pagato ha deluso sin troppo le aspettative”.

Perché nell’ultimo decennio il campionato ha sfornato sempre meno talenti italiani? Anche in Nazionale non vediamo nuovi Buffon, Cannavaro e Totti…

“Io di talenti ne vedo eccome: Balotelli, El Sharawi, Gabbiadini, giocatori che potrebbero fare anche meglio dei vari Totti e Cannavaro. Giocatori che hanno segnato come El Sharawi non ne abbiam mai visti, la difesa della Juve è la meno battuta del campionato. Di talenti, in qualità e quantità ne abbiamo di più, in prospettiva. Abbiamo un Under 21 che dopo un periodo di crisi è tornata alle fasi finali dell’Europeo, anche Destro.  Non vedo crisi di talenti, anzi, la crisi economica ha messo in risalto nuovi giovani che potrebbero fare la differenza (vedi anche Destro o Borini)”.

La Roma è a caccia del nuovo tecnico: Allegri e Mazzarri in pole-position. Chi è l’uomo giusto per i giallorossi?

“L’importante è che non siano i dirigenti che hanno accompagnato la Roma a sceglierlo. Hanno sbagliato più volte gli allenatori. Sabatini è stato confermato, Baldini non lo so, ma la Roma è una squadra che non ha testa né una proprietà che si fa sentire. Il management fa le sue scelte in maniera volubile. Vedi Montella e Zeman, ora il caso Allegri e Mazzarri. Non ci sono idee chiare. La battuta di Berlusconi (“Allegri alla Roma dopo la partita col Siena”, ndr) fa riflettere. Uno dei due andrà bene. Per me sono due tecnici equivalenti come capacità ed esperienza, come possibilità di governare le squadre. Entrambi sono allettati dalla Roma, specie dal suo mercato dove tanto ha speso ma dove tanto ha raccolto. Almeno su questo non si è sbagliato”.

Parliamo di giornalismo: lei ha collaborato con Telese e il suo Pubblico, chiuso prematuramente. Cos’è che non ha funzionato?

“I soldi, non c’erano i soldi per fare un progetto imprenditoriale com’era stato promesso e come si deve fare in tutte le imprese. Non c’era un patrimonio di partenza sufficiente (600.000 euro): ce ne volevano almeno il doppio. Con quelle condizioni ci saremmo forse fatti conoscere meglio e avremmo venduto di più. Poi ci saremmo assettati nel campo editoriale, avremmo potuto avere un po’ di pubblicità in più. Ma se si parte con un capitale così esiguo, o ci si autofinanzia o ci si ferma. Dopo 3 mesi eravamo una macchina senza più benzina. Gli editori servono a questo. La compagine editoriale che editava Pubblico era formata da ben 17 elementi, ciascuno dei quali aveva messo una quota. Dopo la prima fase, però, si son rifiutati di finanziarci. Non si poteva più andare avanti, il giornale è stato fermato. Che Pubblico piacesse o non piacesse non lo so, noi siamo scomparsi dalle edicole ancor prima che qualcuno ci conoscesse. Quando dico di aver lavorato per Pubblico solo una ristretta cerchia sa di cosa sto parlando. In pochi sanno che era un quotidiano, con 7 numeri su 7. A me è piaciuto lavorare
per Pubblico, ma se il giornale non viene diffuso, se non ci sono gli strumenti è chiaro che i risultati sono quelli che abbiamo visto. Siamo morti per mancanza di benzina, per mancanza di soldi per pagare fotografie e fornitori, ma la parte editoriale era fortemente frammentata”.

Cosa si può consigliari ai giovani, aspiranti giornalisti che sembrano andare incontro ad un mondo lavorativo poco affidabile?

“Consiglio di crederci, di continuare a credere nella bellezza del lavoro, perché permette di sviluppare se stessi e la propria creatività. Insistere, farsi venire delle idee, aprire siti internet, implementarli, cercare una forma di diversa di comunicazione, perché è solo con la rete che si può sviluppare un progetto. Fuori dalla rete non vedo progetti di sviluppo. La carta è ormai defunta, la televisione è satura, la radio vive di vita propria, il grande mondo che si apre di fronte a noi è quello del web. Specializzatevi nella web-struttura, web-design, nella costruzioni di siti internet. Perché è lì che sta il futuro”.

Tra Roma e Lazio, in finale di Coppa, chi ha più da perdere?

“La Roma, ovviamente: fuori dall’Europa League e protagonista suo malgrado di una stagione pessima. Anche la Lazio – ora come ora – è fuori dall’Europa, ma ha fatto un campionato più dignitoso giocando meglio e con dignità fino ai quarti di finale d’Europa League. In più ha guadagnato la qualificazione in finale eliminando la Juve, ha espresso un calcio convincente e poi è crollata, ma è una squadra che in questo momento è avanti in costruzione. La Roma ha più qualità, ma la Lazio è avanti. Pektovic è un tecnico dalle buone prospettive, affidabile. La Lazio se perdesse rimarrebbe con un palmo di naso, perderebbe sarebbe uno smacco, ma la Lazio ha fatto di più e i giallorossi soffrirebbero troppo della sconfitta”.

Riccardo Cotumaccio


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