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Intervista a Giusy Versace

Da Claudia Mel @claudiamelgrati
Claudia (io) e Giusy

Claudia (io) e Giusy

Claudia (io) e Giusy

Claudia (io) e Giusy

 

Qui di seguito l’intervista che ho fatto a Giusy Versace, grazie Giusy per la tua testimonianza, il tuo tempo, e per ciò che ci insegni! Sei una persona da cui prendere esempio!

D: Giusy Versace, il tuo cognome ricorda la nota famiglia di stilisti di alta moda couture, è pesante portare questo cognome?
R:A volte lo è. Sicuramente lo è stato in passato. Lavorare nella moda con un cognome pesante come il mio non è stato semplice. Ma c’è l’ho fatta. Ho dimostrato di essere preparata e non raccomandata.

D: Sei sempre stata una ragazza dedita al lavoro, che ruolo ricoprivi?
R:Ero un area manager nel campo del retail. Mi occupavo della gestione e delle aperture di nuove boutique in franchising per l’Europa nel campo dell’abbigliamento e accessori. Seguivo i negozi dalla fase di apertura, alla scelta del personale e supportavo i clienti nelle fasi di acquisti e allestimenti per i loro negozi.
 

D:  Un giorno orribile, nel 2005 ti cambia la vita. Dell’incidente che ricordi hai, e c’è stato qualcuno che ti ha aiutato a sopportare questa tragedia?
R: Dell’incidente ricordo ogni momento tanto che lo racconto in modo molto dettagliato nel libro. Superare quei momenti è stato difficile, grande merito va sicuramente alla Fede che mi ha aiutata a non indurirmi ma anche alla mia famiglia, ai miei amici e tutte le persone che mi sono state accanto e che mi hanno aiutata ad accettarmi ed a guardare al futuro con speranza e voglia di farcela 

D:  Ora che lavoro fai? Sempre nella moda?
R: Adesso lavoro come consulente non solo nel campo della moda. Presto la mia esperienza come buyer e visual merchandiser ma spesso lavoro anche come coach motivazionale nelle aziende che richiedono questo tipo di servizi.

 D: Sei sempre stata attenta al tuo look, ti va di raccontare ciò che amavi, e come la tua femminilità è riuscita ad emergere nuovamente?
R: Amavo molto tacchi e mini gonne ma non potendo più metterli ho imparato a vestirmi in maniera diversa. Ho capito che si può essere femminili e belle anche con dei pantaloni e un paio di ballerine. La gente guarda l’insieme e l’espressione del viso. Tutto il resto viene da se. L’importante è accettarsi. Quando stai bene con te stessa lo gente lo capisce. 

D: Hai scritto un libro: Con la testa e con il cuore si va ovunque. L’idea ti è venuta per?
R: Erano tanti anni che mi sentivo dire di scrivere un libro. Ho sempre pensato che la mia storia fosse una tra tante. Mi dicevo sempre “perché mai a qualcuno dovrebbe interessare quello che faccio”. Poi un giorno, a Lourdes, un prete mi disse “se fai qualcosa di bello e lo tieni per te, è sicuramente una cosa buona. Ma condividerlo con gli altri fa sì che quella cosa assuma più valore”. Questo libro nasce come un diario in cui semplicemente mi racconto e cerco di dare risalto al fatto che se si vuole tutte le tragedie possono trasformarsi in qualcosa di bello e di buono non solo per te ma anche per ti altri. Almeno, è così che voglio vederla. Il mio desiderio è che questo libro possa finire nelle mani di quella gente un po’ più sfiduciata nei confronti della vita. E che una volta terminata la lettura si possa dire “se c’è l’ha fatta lei, posso farcela anch’io”.

 D:  Ti abbiamo vista nelle corse delle Paralimpiadi, com’è nata la tua esperienza in questo campo?
 R:Ho iniziato a correre davvero per caso. Poi ci ho preso gusto e non ho più smesso. Non credevo di farlo ad alti livelli nè di vincere tutto ciò che ho vinto. Corro per me stessa, perché mi piace e mi fa stare bene ma lo faccio anche per lanciare dei messaggi di speranza a chi mi guarda e vive la disabilità con vergogna. Lo sport aiuta a sentirsi migliori. A superare i propri limiti. Io invito davvero tutti a farlo, o quanto meno a provare…. Senza aspettative. La paralimpiade di Londra è saltata e alla fine non sono stata convocata ma ho continuato a correre perché la corsa mi fa sentire viva. Non ho bisogno di una medaglia al collo per ricordarmi che ho vinto. Io ho già vinto dal giorno in cui ho deciso di sorridere ancora alla vita. 

D:  La tua associazione, Disabili no limits, aiuta le persone disabili ad avvicinarsi allo sport, ci racconti com’è nata l’idea, e ciò che avete fatto e fate?
R: La onlus nasce per dare la possibilità a disabili economicamente svantaggiati di avere una nuova opportunità. Purtroppo ad oggi lo Stato non copre ausili evoluti, quelli sportivi ancora meno. Noi organizziamo eventi in tutta Italia per promuovere lo sport come nuova opportunità di vita e doniamo questa possibilità a chi lo richiede ma non può permetterselo. 

D: Un consiglio alle donne …….
R: Di non vergognarsi mai.

D.  Cosa diresti a chi, ancora discrimina la disabilità?
R: L’ignoranza è dura da combattere. Molti si dimenticano che disabili non sempre si nasce, spesso lo si diventa. Perciò vale il detto “non ti curar di lor, ma guarda avanti e passa”. La gente non è abituata a vedere la disabilità perché molti disabili ancora oggi si vergognano o rinunciano a tante cose a causa delle numerose barriere architettoniche. Ma i tempi stanno cambiando ed io sono fiduciosa. Credo nelle nuove generazioni e sono certa che presto non si guarderà più al disabile come al “poverino” si inizierà a guardare ai disabili come gente forte e coraggiosa che nonostante le avversità della vita non rinuncia a vivere.

L’associazione onlus di Giusy Disabili No limits ,per andarci  cliccare il link .


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