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Intervista a Luigi Milani

Creato il 01 aprile 2011 da Braviautori
Per gentile concessione di Luigi Milani, giornalista, scrittore e altro ancora, questa è l'intervista che potrebbe soddisfare qualche curiosità, solo anticipazioni, restate sintonizzati
1) Luigi Milani, giornalista freelance, traduttore, editor, autore di booktrailer, scrittore. A parte questo, chi è e come ha cominciato a scrivere Luigi Milani?
Mi piacerebbe potermi definire uno scrivente, se non uno scrittore. Nel senso che attribuisco alla scrittura – e, per converso, alla lettura – il potere di dare un significato alla vita. Nutro una sorta di fede suprema nel valore della narrazione.
Ho cominciato a scrivere una decina di anni fa, spinto da una mia carissima amica. Come molti prima di me, dapprima ho cominciato a prendere confidenza con la parola scritta attraverso la forma del racconto. Poi, via via, ho lavorato a qualche sceneggiatura per dei “corti” cinematografici, mentre cominciava a covare l’insana idea di scrivere Nessun Futuro. Di pari passo è cominciata la solita, ineludibile trafila dei manoscritti spediti qua e là, finché ho cominciato a pubblicare, dapprima racconti in antologie collettive, e poi, in questi ultimi anni, opere interamente mie.
2) Tra le tante esperienze con le piccole e medie case editrici, qual è stata più soddisfacente e sotto quale punto di vista?
Decisamente quella con l’editore di quest’ultimo libro. Il rapporto umano e professionale che si è venuto instaurando nel tempo – dall’instancabile e onnipresente direttore editoriale Joe Casini, al bravissimo editor Giancarlo Gentile, senza dimenticare l’ufficio stampa e la grafica – hanno fatto sì che potessi lavorare con quella serenità e sicurezza che, ahimè, non sempre sono garantite nel variegato mondo dell’editoria.
3) Quali sono gli scrittori che ami di più e che in qualche modo hanno influenzato il tuo stile?
Due nomi su tutti: Don DeLillo e Salman Rushdie, ai quali aggiungerei volentieri William Gibson, Jack London, Paul Auster. Ma anche, per altri versi, Giuseppe Pontiggia e Andrea De Carlo.
4) Rendere noti i retroscena e i meccanismi che regolano alcune realtà è una tua caratteristica, vedi Ci sono stati dei disordini, che parla del G8 del 2001; quanto è dovuto all’animo del narratore e quanto a quello del giornalista?
Devo ammettere di non avere mai pensato alla questione, non almeno in questi termini. Certo non escludo che il versante giornalistico possa giocare un ruolo in certe scelte narrative, specie quando si tratta di andare a indagare su ciò che si annida dietro l’apparenza dei fatti.
5) In Nessun futuro la voce narrante è femminile, a cosa è dovuta questa scelta?
Da sempre trovo che l’universo femminile sia di gran lunga più interessante della controparte maschile: è più ricco, sfaccettato e complesso, inutile negarlo. Utilizzare un personaggio femminile fornisce più frecce all’arco dello scrittore, che può così accedere a una palette di sensazioni e comportamenti vasta e stimolante.
6) Amore e musica, quanto sono importanti per te questi due elementi?
Sono fondamentali, direi. Senza il primo sento che la mia vita avrebbe ben poco senso, mentre la musica è parte essenziale della mia giornata. Mi aiuta a mettere a fuoco i pensieri, trasmettendomi al contempo emozioni e suggestioni delle quali sento di non poter più fare a meno.
7) Tantissime pagine per dare vita a un romanzo complesso, avevi già tutto delineato in mente o hai lasciato carta bianca all’estemporaneità?
Non sono uno di quegli scrittori che riescono a pianificare ogni elemento della trama in anticipo, partendo da una struttura ben delineata, magari addirittura capitolo per capitolo. Intendiamoci, non ho nulla contro di loro, anzi forse li invidio anche un po’, ma la mia forma mentale e il mio metodo di scrittura mi portano invece a elaborare la storia come un continuo lavoro “in progress”. Ammetto di avere di solito in mente dove andare a parare, ma il più delle volte la storia prende invece tutt’altra direzione, quasi che i personaggi comincino a vivere di vita propria e mi impongano le loro azioni, che non sempre coincidono con quelle che avevo ipotizzato all’inizio....
8) Danilo Arona, nella sua prefazione, afferma che il termine “Caos” è ricorrente nella tua opera, a cosa è dovuto e quale interpretazione daresti a questa parola?
Danilo sa bene di cosa parla, come sempre... È vero, direi che il caos è un elemento fondante in Nessun Futuro. Si direbbe sia quasi lo sfondo sul quale si muovono le azioni dei vari personaggi, compresi quelli che non compaiono direttamente, come lo stesso Phil Summers, la rockstar scomparsa. Credo che, limitandoci a un’interpretazione soggettiva, il caos in realtà domini anche le nostre vite, se lo intendiamo come una manifestazione del pluralismo delle percezioni umane, o se vuoi, come negazione dell’univocità di vedute. Oppure possiamo anche considerarlo una moderna versione di ciò che gli antichi chiamavano Fato, per definizione mutevole e inesorabile.
9) Nessun futuro sta superando tutte le aspettative di vendita, qual è secondo te la chiave del suo successo?
Domanda non facile... Credo, anzi spero, di essere riuscito in qualche modo a intercettare un ampio ventaglio di lettori, grazie alla natura composita del libro. Non essendo inquadrabile in un genere letterario specifico e trattando di temi abbastanza universali – in primo luogo la musica, ma anche l’amore, la morte e la ricerca di se stessi – probabilmente il libro si presta ad essere apprezzato da più tipologie di lettori.
10) Hai già un altro progetto per il futuro?
Ebbene sì. Sto lavorando alla revisione di un romanzo ambientato nel mondo del cinema. Nelle intenzioni vorrebbe essere una sorta di romanzo di formazione, ma allo stesso tempo anche un thriller molto serrato, ambientato lungo l’arco di un fine settimana. E, so che stai per chiedermelo, non mancherà l’elemento sovrannaturale. Stavolta sarà la volta dei... fantasmi! Ma basta, credo di aver rivelato fin troppo...
Grazie mille a Luigi

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