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Come mai un documentario su Tano Cimarosa, ci pensavi da tempo, oppure un'occasione presa al volo?
All’inizio volevo fare un corto con lui. Avevo un soggetto che poteva essere perfetto, ma non c’erano i presupposti per realizzare un buon lavoro. Sia perché non c’erano i soldi sia perché lui stava già poco bene di salute e quindi le cose si sarebbero complicate. Non mi andava di farlo tanto per girare e poter dire che avevo fatto un corto col mitico Cimarosa. Decisi semplicemente di intervistarlo per confezionare un video, un omaggio. Ma appena lo vidi davanti alla mia videocamera rimasi colpito da quel suo volto visto e rivisto nei tanti film. Decisi allora di andare a Roma per continuare ad intervistarlo. Grazie all’aiuto di un’amica che avevamo in comune riuscii ad entrare nell’appartamento dove viveva a Roma. Era una casa piccola, tappezzata da tantissime sue foto. C’era tutta la sua vita. E c’erano tantissimi pupi costruiti da lui. Una casa davvero particolare. Devo dire che in Sicilia mi è capitato spesso di incontrare personaggi che come Tano hanno fatto delle loro abitazioni una sorta di museo con i cimeli della loro vita. Ma quella di Cimarosa era particolare perché non era solo la sua storia ad essere appesa alle pareti ma era per certi versi anche la storia del cinema italiano, o meglio di quel tipo di cinema che aveva fatto lui.
Cimarosa si è mostrato subito disponibile oppure hai dovuto conquistare la sua fiducia?
No anzi, era felicissimo che si stesse facendo un documentario su di lui. Voleva sapere chi avevo contattato e si è messo subito a disposizione come lui stesso racconta davanti alla telecamera in una scena del backstage del film stesso.
Progetti per il futuro?
Ho appena finito di scrivere a due mani la sceneggiatura di un corto. Spero di poterlo girare al più presto, compatibilmente con le altre mie produzioni e con gli altri progetti che riguardano la mia seconda passione che è l’informatica.
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