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Intervista a Nyei Murez, Teo Alfero, e Jim Morris sul prossimo Evento a Paestum

Creato il 14 ottobre 2015 da Kilian

IL DESTINO E’ NELLE TUE MANI

Un’intervista a Nyei Murez, Teo Alfero, e Guilhem Morera (Jim Morris) sul nostro prossimo evento: Saltare nell’Abisso: Nascendo al nostro Destino a Paestum – Italia 6, 7 & 8, novembre 2015

di Zoì Kainosis e Klara del Drago
Questa è la 1 di 2 parti della nostra conversazione tra le co-sponsor Zoì e Klara, e Nyei, Teo e Guilhem (Jim), che saranno gli istruttori di questo evento unico a Paestum!

Nei suoi libri Carlos Castaneda parla del suo apprendistato con il nagual don Juan Matus – leader di un gruppo di veggenti di un lignaggio dell’antico Messico risalente a diecimila anni fa – e su come si sono preparati per il loro finale salto nell’abisso al termine delle loro vite. Castaneda lo descrive come una pratica che impone dedizione e scelte di vita. In che modo Tensegrity®, la versione moderna del lavoro di questo lignaggio, ci prepara per una simile prodezza?

Nyei:
Per chiarire, il salto nell’abisso che Carlos Castaneda ha descritto nei suoi libri non era alla fine della sua vita, ma una cosa che lui stesso affrontò alla fine del suo apprendistato con don Juan. È stato un atto compiuto dopo anni di pratiche quotidiane dedicate alla consapevolezza di sé, al silenzio interiore e al sognare – tutte arti che don Juan Matus insegnò ai suoi allievi. Don Juan disse che a un certo punto entra in gioco tutto quello che un apprendista impara, sia nello stato di consapevolezza normale che in quella accresciuta, ed è in questa fase che egli deve spostare la sua consapevolezza sulla sua vera essenza, chiamata il corpo di sogno. Carlos ha attuato questo spostamento quando è saltato in un abisso – un balzo in uno stato di abbandono totale – subito dopo aver assistito alla partenza di don Juan dal mondo.
Ispirato dal suo profondo amore per il suo maestro, egli voleva andare con don Juan e il suo gruppo di veggenti, ovunque essi stessero andando. Ma non era il suo momento e dopo aver fatto quel salto, invece di trovarsi con don Juan o in fondo ad un burrone, si ritrovò nel suo appartamento a Westwood, nei pressi dell’Università UCLA. Questo evento epocale ha rappresentato un cambiamento completo nella sua enfasi, in cui si è abbandonato con totale fiducia alla sua essenza – a ciò che don Juan chiama la “vera mente”, piuttosto che la consueta ” mente io-io.”
Questo spostamento è lo stesso che possiamo fare tutti i giorni, negli atti più semplici o negli incontri, per prepararci ai momenti più importanti di svolta nella nostra vita.
E’ interessante il fatto che l’ultima cosa che don Juan disse a Carlos prima della sua partenza sia stata: “Spero che troverai l’amore!” E lo salutò agitando la mano. “Ciao!”. Queste sono le ultime parole che Carlos ha sentito prima di saltare nell’abisso. Don Juan una volta aveva chiesto al giovane Carlos cosa che stava cercando nella vita. “Sto cercando l’amore, don Juan,” questa fu la risposta del giovane e inesperto Carlos. Don Juan affermò che il problema era che tutti dicono di volere l’amore incondizionato – ma per dare effettivamente quel tipo di amore ci vuole un guerriero.
In ultima analisi il salto nell’abisso è il salto in quel tipo di amore. L’amore ha molte espressioni – l’amore per un membro della famiglia, un collega, un progetto, un’esplorazione, un campo di studio – una via con il cuore, uno sguardo verso il sublime.
Ed è quello che i nostri insegnanti – Carlos Castaneda, Florinda Donner-Grau, Taisha Abelar e Carol Tiggs – ci hanno guidato a fare. Pratichiamo i movimenti di Tensegrity® (Tensegrita’), la ricapitolazione della vita, il silenzio, le pratiche del sognare e l’integrazione di tutte queste pratiche tra di loro: il Theater of Infinity® (Teatro dell’Infinito). Queste pratiche ci portano l’energia, la consapevolezza e l’affetto di cui abbiamo bisogno per avere il coraggio di interpretare nuovi ruoli nelle nostre interazioni quotidiane. A volte, questo significa vincere la paura, quando è il momento di fare una presentazione ad una conferenza, concentrandosi invece sul vostro amore per l’argomento e sulla gioia di condividerlo con il pubblico. Oppure può significare mettere da parte la tua storia di “non essere ascoltato” in modo da poter ascoltare l’altro. Anche semplicemente incontrare il tuo partner in cucina al mattino può essere un salto nell’abisso. Se lo/a incontri essendo preparato/a, prendendoti prima un momento per praticare dei movimenti che ti aiutano a centrarti, a respirare e a richiamare il silenzio, è probabile che sia un incontro più amorevole.
Questi “salti” quotidiani sono un aiuto per prepararci a salti più grandi, come ad esempio quando terminiamo gli studi e andiamo a lavorare, o iniziamo una relazione, o diventiamo genitori, o mandiamo il nostro figlio piccolo a scuola. Essi ci collegano al corpo di sogno.

Teo:
Anche prestare attenzione ai cicli della natura ci aiuta a creare tale connessione. Nella nostra evoluzione, quando noi esseri umani eravamo in uno stato pre-verbale, i nostri antenati erano in contatto con il loro corpo di sogno molto più di quanto lo siamo oggi. Vivendo in silenzio, percepivano la rotazione della terra, l’arrivo della pioggia, il flusso dei movimenti delle grandi mandrie. I Magical Passes® (Passi Magici) ci aiutano a mantenere questa capacità di percepire il mondo naturale e il corpo di sogno, a percepire e comunicare in modi che vanno oltre il linguaggio.
Le tecniche usate dai veggenti e che don Juan ha insegnato ai suoi allievi, sono ciò che la Tensegrity® continua ad insegnare oggi in una forma adattata. Ci aiutano a far tornare la nostra consapevolezza al nostro corpo e al nostro essere, andando oltre la dipendenza dalle nostre menti che commentano continuamente, in modo da poter tornare a percepire, sentire e rivendicare il nostro diritto di nascita – tramite le nostre “vere menti” e la nostra interconnessione con la vita organica ed inorganica.
Le persone usano spesso la parola “spirituale” per descrivere queste esperienze. Ma sia che ne siamo consapevoli o no, tutti noi proveniamo dallo spirito e abbiamo una connessione con esso, quindi vorrei piuttosto fare riferimento ad esso come ad un apprendimento naturale, il processo di reclamare il nostro stato naturale di consapevolezza. Nel mio caso posso accedere a questo stato sia mentre pratico i movimenti di Tensegrity®, che quando mi dedico ai lupi e ai giovani che visitano il ranch di ‘Wolf Connection’. I lupi hanno una capacità innata di essere contemporaneamente in questo mondo, dimenando la coda quando arriva il cibo, ed essere totalmente collegati, alla terra sotto di loro, alle altre creature che li circondano e alle stelle sopra di loro.

Guilhem (Jim):
Sì. È bellissimo. Posso sentire quel particolare stato di conoscenza silenziosa-intuitiva quando sto lavorando con i clienti. Prima di iniziare Tensegrity® per me questo tipo di consapevolezza era solo una vaga idea, ora invece, dopo aver praticato per diversi anni, posso percepire e sentire l’energia della vita intorno a me. Questo mi aiuta nel mio lavoro che è quello di aiutare le persone, e quando parlo con qualcuno in una sessione privata, sia che lo conosca o meno, arrivo a capire il nocciolo del problema solo osservando come si muove l’energia. Quando qualcosa si manifesta nella persona che viene per essere aiutata, la sento anche dentro di me. Sembra accadere maggiormente quando mi sono concentrato su di loro con completa accettazione ed affetto.

Conoscete altre similitudini tra le iniziazioni Greche ed i rituali Toltechi oltre al ‘salto’?

Nyei:
Vogliamo chiarire che il salto non era un rituale, c’erano molte maniere in cui gli apprendisti potevano spostare la propria enfasi nel corpo di sogno e ci sono molti modi di farlo per noi adesso. Ciò che conta è che ci stiamo riconnettendo con il corpo di sogno, con la nostra completezza e stiamo prendendo decisioni da questo stato. I modi in cui possiamo farlo, come abbiamo descritto prima, sono infiniti e sono qui davanti a noi.
Visto che stiamo parlando della connessione di noi stessi con il corpo sognante, è interessante vedere in che modo le due tradizioni affrontano la nostra sensazione umana di essere ‘separati’ o incompleti; e che li fuori c’è un’’anima gemella’ o ‘fiamma gemella’ che abbiamo bisogno di trovare per poter essere felici.
Nella tradizione Greca c’è una storia, descritta da uno degli oratori del Simposio di Platone, secondo la quale gli esseri umani erano in origine doppi, finché Zeus, minacciato dal loro tentativo di scalare il Monte Olimpo, li divise a metà, da allora ognuno ed ognuna di noi sta cercando la proprio metà.
Anche il Popol Vuh dell’antica tradizione Messicana ha una storia simile di esseri umani divisi, separati dal loro proprio potere divino dai Padri della Creazione perché erano troppo potenti. Anche nel Messico antico, la lingua Nahuatl ha in sé il concetto dualistico del tonalli – che alcuni studiosi interpretano come lo spirito del giorno – ed il nagualli –interpretato da alcuni come lo spirito della notte, come la connessione con alcuni specifici spiriti animali che ci aiutano guidandoci per tutta la nostra vita. Don Juan descriveva il tonal come la parte temporanea di noi che inizia alla nascita e termina alla morte, che comprende tutto ciò a cui possiamo dare un nome o descrivere. Il nagual è la parte di noi che è eterna, quella che non si può descrivere, né dargli un nome. Si riferì poi a questo dualismo in termini di persona e di corpo energetico o corpo di sogno.
Carlos ci chiedeva: “Sapete chi è la vostra anima gemella?” E noi, aspettando la risposta, pensavamo: “Accidenti, magari ha davvero trovato la mia anima gemella – ed è un bell’uomo o una donna bellissima…” e Carlos, rispondeva, dicendo: “La vostra anima gemella è proprio qui! E’ il vostro corpo di sogno!!!! Ed è lui la donna o l’uomo dei vostri sogni!”.
Come diceva Carlos, sembra che gli esseri umani abbiano sempre raccontato storie di esseri divisi, dagli dei, dalle circostanze, o da altre persone, che hanno cercato la completezza al di fuori di sé stessi. Ma la completezza, diceva, è proprio dentro di noi – con il nostro corpo di sogno. Questa è la nostra ‘ metà mancante’.
Se sei connesso con il tuo corpo di sogno, diceva, puoi avere una vera collaborazione amorosa. Senza questa connessione non ti sentirai mai veramente felice a lungo, con niente e con nessuno.
Un altro esempio connesso con questo collegamento tra la completezza ed il corpo di sogno si può trovare nella tradizione di Asclepio, il dio greco della guarigione conosciuto sin dal V secolo a. C.. Allora, le persone bisognose di una guarigione andavano al tempio del dio e lì passavano la notte; poi raccontavano i loro sogni ad un sacerdote, il quale li interpretava e prescriveva loro la terapia più appropriata.
La parola ‘salute’ significa ‘completezza’ e – per i veggenti del lignaggio di don Juan – siamo in salute e completi quando siamo allineati con il nostro corpo di sogno, coltivando anche la consapevolezza dei nostri sogni e la consapevolezza nel nostro stato di sogno.

Guilhem (Jim):
E’ interessante risalire alle antiche origini del concetto Greco-Romano di ‘anima’. Ho una passione per lo studio delle scienze antiche. Vengono da un tempo diverso, da un solco diverso di quella che don Juan ed i veggenti del suo lignaggio chiamavano la ruota del tempo. La nostra civiltà occidentale moderna, le cui origini sono Greco-Romane, non dà troppo credito a ciò che la gente antica aveva compiuto. I Greci studiarono in Egitto. Pitagora passò tredici anni nei templi Egizi prima di aprire la sua scuola dei misteri in Grecia. In Egitto e in Mesopotamia, come in Messico ai tempi dei Toltechi, c’erano persone che erano custodi di determinate conoscenze; come i Toltechi, anche loro erano guaritori, astronomi, custodi dei calendari, oracoli, architetti, sacerdoti…
Esistono altre similitudini tra le due culture. Per esempio, presso gli Egiziani si procedeva alla cosiddetta ‘pesatura dell’anima’. Essi credevano che, al momento della morte, il cuore di una persona messo sul piatto di una bilancia dovesse avere lo stesso peso di una piuma, solo in questo modo l’anima, o “Ka” (i Toltechi avrebbero detto il corpo di sogno) avrebbe potuto continuare il suo viaggio. C’è la stessa idea nella tradizione Tolteca che un essere umano deve essere vuoto, intendendo vuoto di giudizi verso se stesso e gli altri e di cose non terminate. Taisha Abelar descriveva questa condizione in un altro modo: diceva che bisogna riconoscere il proprio valore come pari a zero – ossia né positivo né negativo, solamente neutrale – e che, per arrivare a questo, bisogna ricapitolare, rivedere la propria vita per potersi sbarazzare di tutti i giudizi indesiderati e per poter essere liberi…
Anche le antiche concezioni Greche degli dei e delle dee sono simili – esseri invisibili ma pieni di forza, capaci di influenzare il loro mondo, molti di essi con caratteristiche umane e manie, quali rabbia, gelosia e lussuria. Allo stesso modo, le culture dell’antico Messico, avevano il loro pantheon di dei e dee – i cosiddetti alleati o aiutanti inorganici e le guide provenienti dai mondi invisibili, ed anche loro, avevano caratteristiche uniche da superare.

Teo:
Anche l’idea che si potesse diventare come un dio o un semi-dio attraverso l’interazione con gli dei, trova un parallelo nella visione degli antichi veggenti, i quali ci dicono che possiamo diventare migliori attraverso la re-incorporazione nelle nostre vite del nostro corpo di sogno invisibile. Possiamo dire che le gesta di consapevolezza realizzate dai veggenti dell’antico Messico attraverso l’integrazione con il corpo di sogno, quasi come una realizzazione divina, siano diventate il tema di leggende e miti. Ognuno di noi ha una memoria energetica e genetica di questa connessione che è stata tramandata attraverso i millenni, di generazione in generazione come un tesoro nascosto.
L’ultima volta che sono venuto in Italia, è stato in occasione del tour a Pompei. Mentre camminavo per le sue strade ho avuto sprazzi di memorie, ho cominciato a vedere le strade piene di gente che si muoveva in ogni direzione, interagendo, portando merci. Conoscevo lo scopo delle costruzioni prima di vederle. Il mio corpo di sogno aveva raggiunto una parte della mia discendenza italiana, che in qualche modo aveva già fatto prima esperienza di quella città e mi stava aiutando ad integrare questi dimenticati/nascosti/inaccessibili aspetti del mio lignaggio ancestrale. Questa esperienza mi ha aiutato a fidarmi della mia guida interiore – la mia connessione con il corpo di sogno – e a portarla anche nel mio lavoro, nella relazione con mia moglie e mia figlia e, al tempo stesso, nella mia relazione con la terra dove vivo e la nuova sistemazione per Wolf Connection.

Tenendo conto del concetto greco di fato, in cui gli dei a volte possono prendere decisioni spietate sugli uomini e sul loro destino, ci chiediamo che cosa è rimasto oggi di quella antica concezione, e che ruolo può svolgere, o non svolgere, nella nostra concezione moderna di destino?

Nyei:
‘Fato’, dal latino ‘predizione’, è inteso a significare “la causa presunta, forza, volontà o principio divino che predetermina gli eventi”. E ‘destino’, dal latino ‘destinare’, significa “il potere nascosto che si ritiene controlli cosa accadrà in futuro”.
La mia collega e sorella energetica Renata Murez racconta una meravigliosa storia su Carlos che ha descritto come questi due principi lavorino insieme. Una volta che erano seduti insieme in un bar lei gli fece una domanda: ‘Come scegli le cose da fare o dove andare?’ Carlos allora tese la sua mano sinistra e, con l’indice destro, indicò il centro del palmo: “Qui è dove comincio, proprio qui, nel centro… poi mi guardo intorno, e che vedo? Scelte, molte scelte, ognuna rappresentata da una delle mie cinque dita.”
“E per fare una scelta, ogni scelta, mi incammino lungo il percorso di tale scelta; per esempio, se voglio guardare la scelta rappresentata dal mio dito mignolo, mi incammino su questa strada, cercando informazioni, conversando, sentendo come vivere quel percorso per tutto il tempo, muovendomi dalla base fino alla punta del mio dito mignolo. Se lungo la strada sento un nervosismo nella pancia, o della diffidenza nella situazione intorno a me, mi ritiro da quel percorso; e di nuovo ritorno verso il centro del mio palmo. Poi provo ancora, con un’altra scelta, come quella rappresentata da mio dito anulare. E se sento solida questa scelta, con il ‘finale aperto’ e piena di energia, allora è questo il percorso che scelgo.
Tutta la mia mano – il palmo e tutte le dita – può essere il mio destino, un contesto datomi dallo Spirito, per il solo fatto di essere disponibile. Ma ho scelto il mio destino. Decido di percorrere un percorso, una delle mie dita, non tutte, e questo è il mio destino. Il destino viene dal fato – il fato mi ha portato ad incontrare don Juan – ma quello che ne faccio è il mio destino. Lo faccio con la massima cura, gli do la mia massima attenzione, tenendo lo Spirito vicino a me mentre cammino verso il mio destino.”

Guilhem(Jim):
La mia storia rispecchia quel viaggio in cui ho provato le diverse dita della mano, per così dire. Nella mia vita ero confuso e non sapevo che direzione prendere. Quando ho iniziato a praticare Tensegrity® lavoravo in teatro. Mia madre amava la poesia e avrebbe voluto che suo figlio fosse un artista; io amavo viaggiare, lavorare con un gruppo di persone, l’atmosfera del teatro, la giocosità, le avventure… ma non ero un vero attore, e quindi non mi sentivo così tanto a mio agio in quel mondo. Cercavo sempre di convincere le altre persone del gruppo a praticare Tensegrity® con me, ma loro non avevano alcun interesse a farlo.
Più tardi, quando mi sono trasferito a Los Angeles, seguendo il mio interesse per la Tensegrity®, lavoravo come insegnante di matematica, o per grandi aziende come un liceo francese, solo per guadagnarmi da vivere, così come mio padre aveva fatto per tutta la sua vita. Ho imparato molto da tutte queste esperienze, ma nella mia vita non c’era più passione.
Ho sentito di aver trovato la mia strada solo quando mi sono trasferito di nuovo in Francia seguendo il mio interesse per l’antico misticismo. Ho scritto un libro su un vecchio sistema di lettura delle carte e ho trovato un editore che lo ha pubblicato; poi ho incontrato Howard Crowhurst che stava studiando i megaliti a Carnac e nel resto del mondo. Ho iniziato a collaborare con lui ed abbiamo fuso le pratiche di Tensegrity® con gli incontri negli antichi siti – come abbiamo fatto insieme l’estate scorsa, durante il workshop di Tensegrity® a Carnac – lasciando che il silenzio portato dai movimenti di Tensegrity® e dal Theater of Infinity® ci collegasse con il profondo silenzio millenario e la saggezza degli antichi allineamenti di pietra di Carnac.
Da allora, mi sono immerso completamente nel mio lavoro senza dover forzare nulla, ora sembra che semplicemente tutto fluisca… le porte cominciarono ad aprirsi, una dopo l’altra. Sento che sto vivendo il mio destino. Amando completamente i miei genitori, ho integrato la poesia e la matematica nello studio dei simboli antichi, ed ho trovato la mia strada, quella che mi rende molto felice.
E sto praticando un diverso tipo di teatro, il Theater of Infinity®, che integra i movimenti di
Tensegrity® nella vita quotidiana – aiutandomi a vedere i ruoli abituali che interpreto nelle mie interazioni, come ad esempio, “il critico”, “la vittima”, “la persona che non si impegna” – e che mi da la possibilità di interpretare nuovi ruoli come, ad esempio, “la persona che gode pienamente la sua vita ed è attiva e partecipe a tutto ciò che accade intorno a lui”.

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