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Intervista a Valentina Cucinella

Creato il 24 gennaio 2014 da Ciessedizioni

A cura di Davide Dotto per conto di Art-Litteram

Valentina Cucinella

Valentina Cucinella

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Valentina Cucinella, giornalista, è nata e vive a Palermo. Ha scritto sulle pagine del magazine Balarm e del mensile Cult, occupandosi di cultura e attualità. Collabora per il quotidiano La Repubblica di Palermo. Tra le sue passioni la pittura e il disegno. Nel 2003 ha partecipato al concorso Ignazio Buttitta, l’espressività tra poetica e grafica. Nel 2008 ha pubblicato il suo primo romanzo, Difendimi, edito da Coppola editore.

Con Ciesse Edizioni ha pubblicato il romanzo Il Senatore.

Sofia ha paura di vivere. Da bambina è stata vittima di una violenza sessuale ed è cresciuta con la convinzione di doversi proteggere dal mondo. Il meccanismo perfetto della sua vita monotona fatta di abitudini rassicuranti viene messo in subbuglio dall’incontro con due uomini: il Senatore, uomo potente e carismatico che le fa da mentore, e Marco, giovane idealista che si nasconde dietro misteriose lettere e con il quale comincia una corrispondenza epistolare, dove due anime, tormentate da inquietudini e incertezze, si raccontano l’uno all’altro senza incontrarsi mai. Ma a cambiare la vita di Sofia è il Senatore che, sullo sfondo di una campagna elettorale dai ritmi serrati, le svela le maschere di una società dominata dall’ego e dalla vanità. Da questo momento la vita di Sofia cambia. Un romanzo sul coraggio di ricominciare, un percorso di crescita, amaro come il sapore della verità. Un viaggio di tutti noi, non eroi ma ricercatori di una salvezza in un mondo dominato dall’egoismo. Non ci sono vincitori né sconfitti, soltanto la tregua dal dolore. Cambiare pelle è impossibile, si può solo ripartire da sé, quel sé martoriato, e rinascere nella stessa forma, ma con maggior consapevolezza.

È con noi l’autrice, che ha accettato di rispondere a qualche domanda:

Nel romanzo Il Senatore vi sono alcuni luoghi comuni che vengono rivoltati, approfonditi, interiorizzati. A un certo punto non sono più luoghi comuni. La cosa non è per niente facile. Come hai fatto? 

Il romanzo nasce da uno sguardo attento, profondo, dei comportamenti umani. Penso che noi siamo il frutto di luoghi comuni. Il nostro stesso modo di vivere è un intenso e a volte doloroso luogo comune. Essendo ritenuto una ovvietà, il luogo comune non viene mai sottoposto a una prova o una verifica. Non si cerca neppure di risalire alla sua fonte. Io ho avvertito il bisogno di raccontare gli uomini, le esigenze della gente, e i luoghi comuni su cui poggiano i valori e le idee: luoghi comuni che alla fine diventano tante piccole verità.

I personaggi stessi trascendono i facili cliché che si possono appiccicare addosso. A quale realtà ti sei ispirata per costruirli? 

Non conosco l’origine delle storie che scrivo e neppure dei personaggi. È difficile da spiegare. Tutto inizia con un sentimento, poi il sentimento diventa un volto, un’espressione, e alla fine nasce la storia. C’è sempre qualcosa di personale in ciò che scrivo. In questo senso, i personaggi del libro nascono da un mio travaglio interiore. Sofia rappresenta la proiezione del mio dolore personale: è la mia fragilità, quella che mi trascino dietro da quando sono bambina. Il Senatore, invece, rappresenta la forza interiore. E Marco è l’innocenza, la stupidità. Semplice, ma anche sperduto. Nonostante il titolo, questo non è un romanzo politico. Il libro racconta la forza interiore, e i compromessi che ognuno di noi è disposto a fare con se stesso. La storia è ambientata nel mondo della politica ed è stato quasi un processo naturale perché la politica è la metafora della vita, quella di tutti i giorni. Ovviamente, il fatto di aver lavorato in diverse campagne elettorali mi ha aiutato perché mi ha fornito gli strumenti necessari per scrivere di questo mondo. Come dici tu, i personaggi trascendono i facili cliché perché nel libro non c’è nessuna ambizione di giudicare. Quando si parla di un politico, ad esempio, è facile costruire il personaggio: corrotto, bugiardo, con le mani sporche, e così via. Ma dietro ogni maschera c’è un volto e dietro un volto ci sono mille anime, ognuna con le proprie verità. È questo che mi interessa. 

A un certo punto si dice: “Noi siamo niente, e per questo possiamo fare tutto”. Quale lezione ne ha tratto Sofia? E il Senatore? 

Quello di Sofia è un cammino di crescita. Inizia da un dolore intimo, personale, e poi diventa un grido collettivo che coinvolge tutti e tutto. Sofia cresce attraverso la politica, come un fiore piantato in un terreno marcio. Lei ha paura degli altri, ma allo stesso tempo vorrebbe essere diversa. Alla fine, attraverso questo grande e macabro show chiamato politica, comprende la natura degli uomini, gli altri, quelli che le hanno sempre fatto paura, e li vede, con il loro arrancare e il loro desiderio smanioso di acciuffare qualcosa. Impara a riconoscere i volti degli altri. Impara che non si può cambiare pelle, ma che per crescere e andare avanti occorre scontrarsi con i propri demoni e affrontare il passato. Impara anche che i dolori non sono mai unici. Ognuno di noi ha il proprio bagaglio di dolori personali e questo ci lega visceralmente l’uno all’altro. La lezione è che tutti noi cresciamo con ferite. Alzarci e strapparci di dosso le spine che ci trafiggono non è mai troppo semplice, ma non è una scusa per non vivere. La vita ogni attimo finisce e ogni attimo si rigenera. Ogni attimo lo sprechiamo nella nostra gabbia dorata. Ogni attimo ci viene data la possibilità di fuggire, aprire la gabbia, rinnovarci. E provarci. Non ci sono scuse per non provarci. Anche il Senatore sa che non si può cambiare pelle. Paradossalmente i due, Sofia e il Senatore, fanno lo stesso percorso di crescita. La differenza è che Sofia esce dalla sua gabbia, il Senatore, invece, prende coscienza della gabbia in cui si è rinchiuso. Lui ritrova il profumo dell’innocenza, quella che aveva dimenticato e perso, ma sa che non può più tornare indietro. 

Chi è il Senatore per Sofia Mannino? 

Il Senatore rappresenta il doppio interiore di Sofia. È una scissione interna. Un po’ come la storia del bianco e del nero, del bene e del male. Ecco, il Senatore rappresenta l’altra Sofia, quella forte, competitiva, che non si autocommisera, ma cerca di guardare sempre avanti. Lui è la seconda possibilità di Sofia. E non importa se il terreno su cui rinascere a volte può essere marcio. 

Chi è Sofia Mannino per il Senatore?

Sofia è l’acqua che con gentilezza si insinua nella roccia fino a frantumarla. Il Senatore non teme i suoi elettori corrotti o i finanziatori che pretendono attenzioni e carezze. Lui teme Sofia Mannino perché teme il confronto con l’innocenza. In lei, intravede quel ragazzo ingenuo che un tempo era stato. Intravede il suo passato. E deve farne i conti.

Nessun personaggio è di contorno, ciascuno emerge a suo modo senza ridursi a mera comparsa. A parte i protagonisti, a quale ti senti più legata?

Fabrizio Accardi, il clochard che irrompe nel comitato elettorale del Senatore. Lui è un invisibile. Nessuno conosce la sua storia, eppure la sua vita è legata in modo quasi viscerale a quella del politico. Accardi rappresenta l’invisibile che viene sacrificato per il bene collettivo. Una cosa che accade ogni giorno, in ogni parte del mondo. Per costruire la figura di Accardi, mi sono ispirata a una storia vera, quella di un uomo costretto, insieme alla sua famiglia, a vivere all’interno di un capannone, in mezzo alle siringhe e ai tossicodipendenti. Una famiglia che ho conosciuto nel 2008 e la cui storia ho raccontato anche in televisione. Ci sono tanti clochard nel mio libro. Ognuno con la propria filosofia e saggezza. È un omaggio a tutta la gente di strada che ho conosciuto e che conosco. Loro guardano il mondo da un osservatorio speciale, ma non c’è poesia nella vita di strada. E neppure libertà. È l’ultima stazione di una lunga via crucis. Spesso una scelta imposta, forzata. Ho voluto dare voce agli ultimi, quelli veri, mischiare le loro storie con quelle del Senatore e di Sofia. La fragilità, l’emarginazione e il potere. In fondo, ognuno di noi, dentro di sé, indossa l’anima del clochard e del Senatore.

Sofia ce l’ha fatta, ha superato il limite di uno spazio angusto in cui si era rinchiusa, conquistando una nuova libertà. Quali sono invece i limiti superati dal Senatore?

Il Senatore agisce senza pensare alle conseguenze. Per lui esiste soltanto l’azione. Ciò che fa è finalizzato al bene collettivo e sa che per perseguirlo, occorre, a volte, macchiarsi le mani di fango. Ma non se ne fa una colpa. Semmai è un’esigenza. Ad un certo punto, però, qualcosa in lui cambia profondamente. Forse il senso di colpa inizia a farsi strada, l’acqua ha cominciato a scalfire la roccia. È l’inizio di un cambiamento. Anche in questo caso, non fa nulla per sottrarsi al mutamento interiore. Lo accetta. E ne subisce le conseguenze.

Che rapporto c’è tra Sofia e gli altri membri dello staff che segue il Senatore? Alla fine dell’avventura, quale sarà il loro destino?

Lo staff del Senatore è composto da gente sicura che sa cosa vuole e come muoversi. Sofia non è come loro. Ci prova, ma si sente un bluff. Lo staff è guidato da Francesco, un giovane ambizioso, figlio di questo tempo consumistico, che cerca riparo nei beni materiali. È figlio della generazione cresciuta a pane e Ikea. Il suo destino è quello di inseguire il carro dei vincitori, sempre e comunque. È uno che cerca di vincere le battaglie, avere successo, essere sempre il primo. Ma è infelice perché in realtà ha perso la battaglia più importante, quella spirituale, che è poi la stessa che dovrebbe condurre la mia generazione. Noi siamo figli di un tempo in cui tutto è stato già fatto: le grandi lotte sono ormai pagine di storia, i grandi ideali si sono consumati, ma possiamo fare qualcosa di grande: crescere interiormente e spiritualmente. Se riusciamo a farlo, possiamo ottenere i cambiamenti che chiediamo, perché la forza, il coraggio e la speranza possono aprire le porte dell’impossibile.

Grazie. Davide Dotto

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