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Intervista a Wayne Young, il braccio destro di Joe Bastianich in Friuli – 2

Da Cibovinoandmore @Cibovinoandmore

Ecco quindi arrivati alla seconda parte dell’intervista a Wayne Young: per chi si fosse perso la prima parte può leggerla qua.

Cosa ne pensi dei social e del rapporto col vino che si sta instaurando?

C’è un rapporto strano direi tra vino e social, quasi “chiuso”. Purtroppo secondo me il vino non sta ancora sfruttando come dovrebbe il mondo della comunicazione social. Su YouTube per esempio, l’unico video che ha a che fare con una bottiglia di vino e che ha fatto milioni di visualizzazioni è quello del tizio che la stappa con una scarpa. Però è un video che di fatto non parla di vino!

Non ho mai visto né sentito una cantina che però può dire di aver venduto di più grazie alla sua presenza sui social network. Ok che dev’esserci buzz, se ne deve parlare, ma spesso il ROI (Return on Investments) è pressoché nullo e molto difficile da quantificare. Rispetto quindi a quello che si credeva 4-5 anni fa essere molto attivi sui social non è così fondamentale, anche se penso che la parte più importante di tutto quello che è social sia di fatto il rapporto diretto coi consumatori, l’assistenza che si può fornire, per portare l’idea che il vino sia un prodotto per chiunque ne sappia apprezzarlo.

C’è un aneddoto interessante che mi è successo e legato al mondo dei social: un giorno, navigando su internet ho trovato una discussione in cui qualcuno diceva di aver trovato un vino Bastianich di qualche anno fa nel reparto discount di un’enoteca a New York. I post di risposta dicevano che non valeva la pena comprarlo, neanche se molto scontato, perché sicuramente era andato a male. Io sono allora sceso in cantina, ho stappato ed assaggiato una bottiglia identica e dello stesso anno e ho visto che non era affatto ossidata e che anzi era buona. Sono tornato al pc e ho risposto che invece avrebbero fatta bene a comprarla, perché era un ottimo affare! Questo genere di feedback, è possibile solo con i social!

Com’è Joe Bastianich nella vita reale rispetto al personaggio TV?

Joe fin dai tempi in cui lavoravo per il Becco mi ha fatto sentire in famiglia e così ho conosciuto anche sua madre Lidia e tutto il resto della famiglia. Joe è un vero e proprio restaurant man, molto esigente e preciso. Le cose devono essere fatte come dice lui e se non le fai così sei fuori. Indubbiamente il personaggio televisivo e quello che emerge nella sua biografia (Restaurant Man) è un po’ una caratterizzazione, anche se solo fino a un certo punto. Per quello che so io, tutto quanto raccontato in quel libro è vero.

Poi c’è Lidia, una vera e propria forza della natura. È una persona solare che accoglie tutti con il sorriso, la nonna italiana che ogni americano vorrebbe avere. Sa però anche essere anche estremamente esigente ed è molto meticolosa in cucina. Quando entrambi sono venuti qui all’Orsone per avviare il ristorante e decidere il menù, gli chef facevano fatica a stare dietro a Lidia: neanche aveva cominciato un piatto che già aveva in mano un’ altra padella per cucinare il successivo. Joe è invece un mago in sala: tutti gli arredamenti e le luci dell’ Orsone li ha scelti lui personalmente perché voleva ottenere esattamente questo risultato, così come ha fatto negli altri suoi ristoranti di New York. Qui voleva avere una sala italiana di cucina italiana e un’altra di cucina americana. Nella prima il cibo che si offre è tipico italiano con contaminazioni americane: è un po’ come se il piatto fosse andato a NY e fosse tornato indietro prima di arrivare sul tavolo. Joe è infatti convinto che la cucina tipica premi sempre, basta vedere al Felidia dove Lidia ha introdotto, probabilmente per prima a NY, i veri cibi tipici della cultura regionale italiana. È stato un successone!

Da dove deriva il nome Plus, per il vostro Friulano?

È una storia curiosa. Il primo anno di vendemmia, nel 1998, abbiamo ottenuto pochissimo friulano (che allora si chiamava ancora Tocai) perché il vigneto di Buttrio era molto vecchio. Nel frattempo avevamo lasciato sulle piante le altre uve (Pinot, Chardonnay…) per qualche giorno in più.  In quei 10 giorni mi ricordo che non ha smesso un attimo di piovere e quelle uve sovra-maturarono e furono attaccate dalla muffa nobile, tipica dei vini passiti. Allora le abbiamo raccolte, sterilizzate con ossigeno puro e le abbiamo lasciate li a fermentare senza aver deciso cosa farne: il risultato fu un mosto intenso e dolce. Volevamo comunque usarlo al meglio, così seguimmo il suggerimento dell’enologo che ci disse: “Mi raccomando, trattate quel vino come un “piccolo bambino”, sorvegliandolo ogni 20 minuti”. L’idea di Joe era quella di mescolare “il piccolo bambino” con il Tocai ma io non fui d’accordo. Per accontentare tutti una parte del Tocai venne mescolato al “piccolo bambino” e nel tino scrivemmo “Tocai PLUS (+) piccolo bambino” e in un altro il Tocai fu lasciato in purezza. Il tempo dimostrò che aveva ragione Joe e il vino si chiamò Plus.

Nel blog Bastianich- The Buzz hai lasciato in sospeso un post, in cui dicevi che Joe ti aveva dato una bella definizione di “What makes a wine great” (n.d.r., “Cosa rende grande un vino”). Puoi svelarlo ai nostri lettori?

Certo! La risposta di Joe è stata: un grande vino è come un grande attore. Col tempo non può che migliorare, ha successo da giovane, poi ha una grande vita, cresce, matura e poi se ne va. I grandissimi attori rimangono affascinanti e belli nel tempo, pensate a Sean Connery per esempio, più sexy a 70 anni che non a 20! Il vino che tende a rimanere uguale nel tempo, a non migliorare, non sarà mai un grande vino. Il tempo quindi è l’assoluto giudice della grandezza di un vino e chi è paziente e sa aspettare può apprezzarlo appieno.

Ovviamente il tempo non basta: dietro a un buon vino dev’esserci tanto altro perché possa diventare grande: storia, passione, coraggio.

Comunque, perché il vino sia davvero grande deve maturare in una bottiglia magnum:  sono infatti le magnum a dire la verità. E per questo, sia io che Joe cerchiamo di produrne più possibile.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Con Joe abbiamo in mente qualcosa, un prodotto nuovo che uscirà tra qualche anno, ma su questo non posso proprio dirvi nulla…

Personalmente invece il mio sogno è creare una rete di produttori di vini bianchi strutturati europei o addirittura mondiali e andare in giro a fiere o manifestazioni per promuoverlo in tutta la sua importanza. Purtroppo spesso vengono sottovalutati questi vini, soprattutto dal consumatore medio e non particolarmente informato.

Grazie mille Wayne per l’intervista concessa e complimenti per l’italiano! Come hai fatto a impararlo così bene?

Grazie, anche se non penso di parlarlo molto bene, soprattutto i tempi verbali: i miei amici mi hanno tranquillizzato però, dicendomi che tanti italiani non usano correttamente il congiuntivo! Il merito del mio italiano è di mia moglie, anche se nei primi tempi in cui ci frequentavamo avevamo sempre con noi il dizionario tascabile per poterci capire!

Non poteva mancare la foto ricordo, ovviamente! Grazie ancora Wayne!

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