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Intervista ad Andrea Fazioli

Creato il 02 aprile 2013 da Masedomani @ma_se_domani

Andrea Fazioli, giallista di razza classe 1978, è stato omaggiato da Gianni Biondillo con una frase che è una perfetta descrizione del suo lavoro e della sua cifra narrativa: “E’ nato un nuovo, autentico narratore del giallo italiano. Ma è svizzero, e si chiama Andrea Fazioli”. I suoi romanzi ci hanno sempre e decisamente convinto, e da questo apprezzamento è nata l’idea di inaugurare proprio con lui una rubrica di Interviste con gli autori. E Andrea, che oltre ad essere un gran scrittore è anche di una disponibilità squisita, si è prestato alle nostre cinque-domande-cinque.

foto andrea fazioli

Andrea Fazioli © 2012

Grazie Andrea per aver accettato di scambiare quattro chiacchiere con noi. Partirei dal tuo ultimo romanzo, “Uno splendido inganno“. Mi ha colpito che tu sia riuscito a mantenere una atmosfera assolutamente thrilleristica senza che nella trama siano presenti omicidi o atti di violenza. È stata una scelta narrativa precisa, e se sì a cosa è dovuta?

Grazie a voi! Non so se sia una scelta narrativa precisa: la storia mi è uscita così. Si vede che, come dice la recensione che ho letto sul vostro sito, sono uno scrittore gentile, ed esito ad ammazzare i miei personaggi… A parte gli scherzi, credo che la violenza esplicita, brutale, non sia mai il modo migliore per creare la suspense, come insegnano i grandi maestri (anche nel cinema, si pensi a Hitchcock). Credo che la tensione narrativa e il fascino di una narrazione debbano venire prima di tutto dai personaggi, dall’evoluzione del loro rapporto con i valori; la buona letteratura non ha bisogno di effetti speciali, o almeno non per forza. Per certi aspetti, ora che ci penso, sono forse un narratore di stampo ottocentesco…

Mi ha colpito in particolare la padronanza con cui racconti delle truffe che la (bella) protagonista ed i suoi compari sono in grado di mettere in atto. Quanto è stato importante documentarsi per uno scrittore e quali strumenti hai utilizzato?

 Ti ringrazio per la “padronanza”, sono lieto che tu abbia apprezzato. Devo precisare, a scanso di equivoci, che si tratta di una padronanza puramente teorica e che non ho mai truffato nessuno… almeno non per denaro. Ma chi di noi non ha qualche inganno sulla coscienza, fin da quel giorno in cui – magari ancora incapaci di camminare – abbiamo raccontato alla mamma la prima bugia? Comunque, da sempre sono un collezionista di truffe. Già da ragazzino mi divertivo a raccogliere articoli, libri e film che raccontassero questo tipo di crimine. Più tardi ho conosciuto truffatori e poliziotti che mi hanno aiutato a capire meglio questo mondo. Perciò ho deciso che, pur lasciando briglia sciolta alla fantasia per quanto riguarda la vicenda d’amore, sarei stato rigoroso sulle truffe. E in effetti le truffe sono tutte vere, non ho inventato nulla. Penso che per uno scrittore la documentazione sia importante, ma non bisogna farne un mito. In fondo il mio lavoro è immaginare storie, non ricostruire la realtà o fare un reportage giornalistico. In conclusione: se posso cerco d’informarmi, ma mi sento libero di seguire la mia immaginazione.

L’ambientazione rossocrociata è tipica dei tuoi lavori. Quanto è importante per te la conoscenza dei luoghi in cui si svilupperanno le trame dei tuoi romanzi? 

La Svizzera è un posto davvero speciale: un paese al centro dell’Europa in cui da secoli coesistono pacificamente persone che parlano lingue differenti. La Svizzera italiana inoltre fa sì che i confini culturali dell’italianità siano più vasti dei confini politici dell’Italia, cosa secondo me positiva per la nostra cultura. Ecco le ragioni per cui scrivo storie ambientate in Svizzera. Il fatto che conosca molto bene questa nazione non è il motivo principale, anche se è un buon aiuto per non cadere nei luoghi comuni. In fondo potrei informarmi e scrivere storie ambientate altrove; del resto, quasi nessuno dei miei romanzi è ambientato interamente in Svizzera. Ma forse il vero motivo è più intimo: con le mie storie cerco di capire meglio il mio paese, cercando la sua anima e indagando i suoi numerosi misteri…

E’ sempre stimolante far parlare uno scrittore di altri scrittori. Da chi sei stato influenzato, magari in gioventù, e di chi attendi con ansia una nuova uscita in libreria?

Ricordo ancora i primissimi libri della mia vita, che i miei genitori mi lessero quando avevo due o tre anni. Mi sembra che in qualche modo nutrano ancora il mio immaginario. Ricordo poi anche i primi libri letti da solo e i primi romanzi che mi fecero scoprire il mondo dell’avventura. È difficile però citare soltanto qualche nome, perché sono un lettore onnivoro: romanzi, fumetti, saggistica, teatro, poesia… Come fare un elenco? Sarebbero troppi gli esclusi. In genere, alterno sempre la lettura di un classico con quella di un contemporaneo. Ho sempre pensato che anche autori in apparenza lontani dall’atmosfera dei miei romanzi – penso a Mario Luzi, un poeta che amo e su cui ho scritto la mia tesi di laurea – abbiano in realtà segnato la nascita dei miei personaggi, e mi sembra di riconoscere fortemente la loro influenza.

Ti chiediamo troppo se contiamo su una tua piccola anticipazione sul prossimo lavoro?

Non mi chiedete troppo, ma è difficile rispondere. Sono ancora nella fase in cui mi siedo intorno a un tavolo con tutti i miei personaggi e dico loro: bene, ragazzi, che cosa avete intenzione di combinare? Però fra un paio di mesi sarò sicuramente in grado di dirvi qualcosa di più. Magari possiamo risentirci durante l’estate?

Certo che sì! Lasciamo Andrea alla sua chiacchierata con i suoi personaggi, certo che ne emergerà qualcosa di assolutamente interessante, e lo ringraziamo ulteriormente!


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