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Intervista di Daniela Montanari alla poetessa Anna Agostini

Creato il 17 settembre 2014 da Alessiamocci

E il cuore quando d’un ultimo battito avrà fatto cadere il muro d’ombra,

per condurmi, Madre, sino al Signore, come una volta mi darai la mano.” - Giuseppe Ungaretti

Intervista di Daniela Montanari alla poetessa Anna AgostiniPresidente del Gruppo di promozione culturale “Assolutamente Azzurro”, Anna Agostini dopo aver lavorato a contatto con il pubblico molti anni, rottamata – come ama dire di sé – e ora in pre-pensionamento, ha più tempo per dedicarsi alle sue liriche, che ha raccolto in “Eco di luce”   e  in  “Nel tempo orfano”.

Bypassando, come titola anche una poesia dell’autrice, e cioè sorvolando inizialmente sul sentimento che vogliono trasmettere, è stato interessante analizzare quali parole sono impiegate per scrivere le liriche e come sono abbinate tra loro. La raccolta “Nel tempo orfano”, pubblicato ad agosto 2013 e dettato da una evidente urgenza emotiva, si ripetono continuamente – fanno eccezione pochissimi componimenti -  le parole tempo, respiro (o annusando) e luce (o stelle, o sole).

Quindi il respiro come a scandire il tempo, e la luce (o qualcosa che illumina) a dirci che allora siamo ancora vivi. Con poche parole si articolano una serie di liriche dove il rimpianto e la solitudine si contendono i giorni; una mancanza, un vuoto che lacera ogni cosa, tanto che ad un certo punto si leggerà prima “gli aborti del pensiero nell’assoluto”; poi “giorni già conclusi per aborti di stagioni”; ancora “fiori recisi così inutili”; “petali strappati da questo inverno odioso”. Quindi una grave perdita ha strappato ogni pensiero all’autrice, tanto che nemmeno la poesia l’ha distolta dal sentirsi – ad ogni pagina – un frammento e non giammai un intero.  Più che mai vero, il fatto che  alcuni tra noi sono genitori, ma tutti – e sempre – siamo figli.  La frase che chiude la prefazione “Ora soltanto orfani / il tempo ed io” racchiude meglio di qualunque altra lirica, tutto l’amore di figlia.

Nella silloge “Eco di luce” uscita nel 2012, il ricorrere è dato dalle parole “suicidio”, “illusioni” (o promesse), “futuri divelti”, e da una quasi costante malinconia che ad ogni costo si rende paziente “aspetto la carezza…”. Si potrebbe celare dietro a queste pagine, un’autrice che a tratti perde la speranza (d’istinto) ma che per la propria morale deve continuare a sperare in un mondo migliore. Una sorta di punizione per una persona sempre disposta ad accettare l’altro, anche quando l’altro è fatto di mancanza. “In nessun luogo esisti”, “Certezze a brandelli azzerano uno sonno”, “entri in quella parte del mio cervello/ che per sbaglio/ ti passa accanto”.

La breve lirica che contiene la difficilissimaNei solchi del conforto / ha scorto altre sconfitte”, non a caso è titolata “Inutili tentativi”.

Perfino l’apparente equivoco  “Le ore denudano / le assenze” dove le assenze diventano il soggetto che interviene sul tempo, si conferma come l’attesa di un evento straordinario mai manifestato prima. Probabilmente, affinché si trovino le parole figli, boccioli, amore, nuovo e i verbi dare e prendere dovremo attendere il rimarginarsi di ferite non tanto profonde o gravi quanto piuttosto ritenute l’ostacolo che si contrappone al vivere libero.

Le liriche della Agostini sono descritte con poche parole, brevi e apparentemente solipsistiche ma sostenute da una morale incarcerata dal tanto imposta. Per un breve viaggio nelle nostre malinconie e quindi per prenderne, se vogliamo, le distanze; per sentirci più che mai figli, con la certezza che dipendiamo – organicamente – da chi ci ha messi al mondo; per quelle volte in cui la speranza esiste ma è soltanto una parola svestita, le liriche della Agostini ci accompagneranno direttamente. Sia pure orfani nel tempo, con echi di luce.

 

Intervista di Daniela Montanari alla poetessa Anna AgostiniD.M.: Grazie Anna per questo viaggio che ci hai permesso tra i tuoi sentimenti, tra questo tuo sentirti così figlia. Adesso –che ti ritieni orfana – non ti senti quindi più Figlia?

Anna Agostini: La condizione di orfana presuppone comunque un percorso e ritengo che il trovarsi in qualsiasi status sociale divenga automaticamente una situazione, una condizione acquisita ed irreversibile, per cui l’essere “figlia” è comunque un tatuaggio indelebile nella mia anima. La mia condizione di orfana è una conseguenza appunto dell’essere figlia e, a mio avviso, l’essere Figlia come anche l’essere Orfana non possono avere scadenze temporali e coesistono entrambe senza esclusioni.

 

D.M.: Bert Hellinger – uno psicoterapeuta tedesco – sostiene che l’amore può solo scendere, scorrere dall’alto verso il basso,  e che conseguentemente, sentirsi figli debba significare “io sono il bambino, e prendo; tu sei il genitore, e dai” e solo così funzioni l’amore. Hai mai avuto l’impressione che nella tua storia personale si sia potuta capovolgere questa “regola d’oro”?

Anna Agostini: Non posso mettere in discussione le parole di uno psicoterapeuta ma l’Amore,  nell’estensione più piena e completa del termine, secondo la mia opinione, non può avere un’unica direzione, un senso unico obbligato. L’amore è comunque uno scambio e quindi sicuramente nella mia vicenda personale questa “regola d’oro” è anche capovolta ma non solo, direi che l’amore filiale e l’amore materno siano completamente in simbiosi per quello che mi riguarda almeno. Impossibile scinderli.

 

D.M.: Il tuo rivolgerti così spesso alla malinconia, al futuro incerto, al rincorrere nuvole, a miraggi irrisolti, ti lascia peso anziché liberartene? E se ti riconosci in questo, tu sei – come dire? – contenta di conservarli, i tuoi pesi?

Anna Agostini: Io non amo “piangermi addosso”, conservare i miei “pesi” e cioè le mie malinconie, gli angoli bui, i percorsi incerti o insoluti per cui, esternandoli, tramutandoli in parole in forma scritta e mettendoli sulla carta in una sorta di dialogo, ritengo sia il mio modo per esorcizzarli o per tentare di farlo. Una sorta di terapia dell’anima personale insomma.

 

D.M.: Il luogo in cui vivi è lo stesso in cui hai sempre vissuto? In un certo senso vivere lontano da metropoli, può alimentare in te quel sentirti distante dal resto?

Intervista di Daniela Montanari alla poetessa Anna AgostiniAnna Agostini: Il luogo dove vivo ora è una “novità”  nella mia vita: improvvisamente e prepotentemente ho avvertito l’esigenza interiore di cambiamento, di respirare aria nuova, di vivere in un contesto diverso, più a contatto con la natura in una dimensione più umana.  Amo molto la natura con il suo caleidoscopio di colori e di umori, il movimento del mare, la quiete della campagna, il silenzio dei boschi (penso che nelle mie liriche questo si avverta molto); e pur essendo considerata – e ritenendomi anch’io – socievole, avverto anche ogni tanto l’esigenza di pace, di silenzi, di spazi miei. Tutto questo però non mi relega né mi fa sentire distante dalla metropoli,  dai miei contatti,  dai miei interessi,  dalle mie amicizie anzi, tutt’altro.

 

D.M.: Per Anna bambina, che deve tuttora giocare, nascondersi, disobbedire; e per Anna adulta che ha la maturità per scegliere quando farlo, quale solitamente delle due Anna sconfigge l’altra?

Anna Agostini: Per quanto riguarda il dualismo Anna bambina/Anna adulta, penso che nessuna delle due Anna riesca a sconfiggere l’altra né tantomeno a prevaricarla. Mi spiego: ritengo che esista un’unica Anna con le caratteristiche di entrambe e che sa essere abbastanza bambina da mettersi in gioco, anche con leggerezza  ma più che giocare, nascondersi, disobbedire vuole (in maniera adulta) farsi trovare, operare delle scelte consapevoli, ponderate e perché no? Se necessario, trasgredire anche.

 

D.M.: Hai, trai i progetti, il pubblicare una nuova silloge? C’è una lirica nei tuoi cassetti che non hai ancora trovato il coraggio di regalare al mondo, di cui liberarti?

Anna Agostini: Io non appartengo a quella schiera di poeti che programma le pubblicazioni delle proprie sillogi poetiche e lascio fare un po’ alle circostanze. Non so quando pubblicherò ancora, non mi pongo mete in questo senso. Di poesie inedite ne ho tante e non ci sono poesie di cui vorrei liberarmi. Se posso concluderei con questo mio pensiero che credo possa fornire un’ulteriore chiave di lettura del mio modo di fare poesia e di me: Credo fermamente che la poesia oltre a dire debba dare. Dare emozioni ma anche sostegno, conforto e luce nei momenti bui ed incerti attraverso un colloquio, o meglio, un dialogo fatto di riflessioni profonde con la parte più intima di noi stessi. Amo profondamente la Poesia, l’amica docile che accoglie ed esorcizza il buio, le tenebre, la polvere e tutto ciò che offusca la luce. Ritengo la Poesia il diario essenziale ma completo della mia anima.

 

Written by Daniela Montanari  

 


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