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Intervista di Irene Gianeselli all’attrice Laura Piazza: Ghertruda la mamma di A. scritto da Davide Rondoni

Creato il 14 febbraio 2016 da Alessiamocci

Laura Piazza è nata a Siracusa nel 1985. Si è diplomata nel 2012 all’Accademia d’Arte del Dramma Antico dell’INDA, diretta da Fernando Balestra. Per l’Istituto Nazionale del Dramma Antico è stata Antigone nella tournée 2011/2012, Ifigenia ne “Il canto dei vinti” per la regia di Mauro Avogadro (2011) e la Figliastra ne “I sei personaggi in cerca d’autore” per la regia di Monica Conti (2012).

Ha lavorato con Giorgio Albertazzi, Mauro Avogadro, Fernando Balestra, Emiliano Bronzino, Antonio Calenda, Monica Conti, Luca De Fusco, Claudio Longhi, Alessandro Maggi, Carmelo Rifici, Roberta Torre, Roberto Trifirò. Ha seguito seminari e laboratori con Michele Sinisi (2015), Krystian Lupa (Biennale di Venezia, 2013), Carmelo Rifici (2013), Eleonora Danco (2012), Jean-Paul Denizon (2009).

Il 22 febbraio 2016 debutterà al Teatro Santa Chiara di Brescia con il monologo “Ghertruda la mamma di A.” di Davide Rondoni, per la regia di Filippo Renda, prodotto dal Teatro Stabile di Brescia. Da sempre interessata al rapporto tra teatro e poesia Laura Piazza cura dal dicembre 2014, con il poeta Davide Rondoni, “La poesia e la fontana” presso il Teatro Sala Fontana di Milano.

È dottore di ricerca in Italianistica e collabora con il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania in qualità di cultrice di Discipline dello Spettacolo. Ha pubblicato diversi saggi sulle origini dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico. Nel 2012 ha pubblicato per Il Melangolo “Il gesto, la parola, il rito.

Il teatro di Mario Luzi”, prima monografia sulla drammaturgia luziana (Premio Centro Studi Mario Luzi 2015). Al momento conduce la sua ricerca per una monografia commissionata dalla Fondazione Teatro della Toscana sulla Teoria della Parola e sul Metodo Mimico di Orazio Costa.

Laura Piazza racconta ai lettori di Oubliette Magazine il suo percorso di attrice e il suo lavoro su “Ghertruda”.

I.G.: Ti ringrazio per la disponibilità. Prima di parlare dello spettacolo “Ghertruda la mamma di A. – La donna che volle essere regina nella terra di Amleto”, vorrei che ci raccontassi il tuo percorso artistico e di ricerca. Perché hai scelto il teatro?

Laura Piazza: Grazie a te! Non penso di aver scelto il teatro. Penso di non avere avuto scelta. Essere attrice è per me una cosa naturale, da sempre. Dopo l’averlo fatto per istinto, dopo gli studi in Accademia, dopo le esperienze lavorative, semmai la domanda è diventata: «Hai il coraggio di essere quello che sei, con i rischi che ciò comporta?». Ecco, questa sì, è una questione che affronto quasi quotidianamente. Ho cominciato molto piccola, con un’idea precocissima anche della dura disciplina e del senso del dovere che questa scelta di vita comporta. Dopo molti anni in circuiti off e di ricerca e dopo i primi lavori, ho deciso di fare “studi regolari” e mi sono diplomata al primo corso della rifondata Accademia d’Arte del Dramma Antico, diretta da Fernando Balestra. A lui devo gli insegnamenti più belli sulla dignità del nostro mestiere, sul valore di ogni azione dell’attore, sulla scena e fuori, perché portatrice di senso e crescita di coscienza individuale e collettiva. Con i miei compagni, poi, abbiamo avuto modo di lavorare con alcuni dei più importanti maestri della scena contemporanea. Appena diplomata ho fatto un’esperienza importante con Antonio Calenda, che mi ha permesso, tra le altre cose, di incontrare Manuela Mandracchia, un modello per me e un regalo prezioso per la mia vita di attrice e di donna. Per fortuna i maestri, se si desiderano e cercano, non mancano: è una delle cose più belle del mio mestiere.

I.G.: Come è nato il progetto di mettere in scena “Ghertruda”?

Laura Piazza: Collaboro con Davide Rondoni da più di un anno. Ghertruda è un dono grande che ha voluto farmi ed è espressione della nostra “alleanza”, del nostro itinerario di ricerca sul teatro di poesia militante e sulla parola poetica a teatro (di cui mi sono occupata anche durante il mio dottorato in italianistica). Rondoni ha scritto molte volte per la scena, la sua è una poesia che nasce come testimonianza, è una poesia sempre in viaggio, sempre in ricerca di nuovi luoghi da esplorare, a ribadire, come amava dire il suo maestro, Mario Luzi, “il nostro esserci, la nostra non rassegnata casualità nel mondo”. Essere Ghertruda è un onore che mi spaventa e commuove. Per accogliere la sfida del teatro di poesia, ci vuole coraggio e fiducia nell’uomo, nella parola come sua manifestazione primaria e vitale, una fiducia immensa, insomma, sul ruolo che può avere oggi un teatro pubblico, per questo siamo grati al CTB–Teatro Stabile di Brescia, per avere generosamente fatto proprio questo progetto (dando, per altro, una grande opportunità, vorrei ricordarlo, a un giovane gruppo di lavoro – attrice, regista, scenografa-costumista e collaboratori).

 I.G.: In che direzione con il regista Filippo Renda avete scelto di lavorare insieme?

Laura Piazza: Da subito si è pensato di creare uno spettacolo che avesse le caratteristiche dell’evento d’arte, dalla figuratività spiccata. Una forma, tuttavia, come ci insegna la poesia, intesa come esercizio di verità. Un percorso in movimenti in cui la poesia aspira ad essere un’epifania che squarcia un involucro sfaccettato, complesso. Una forma articolata che la protegge, in tal modo, da ogni violenza esemplificativa.

I.G.: «Nessuno le ha più dato voce. Agli altri sì, a lei no. Ora ha facoltà di parola. O forse di gèmito, di grido, di latrato e di bacio ancora. Lei la mamma di Amleto. E forse di noi. Un rischio farla tornare in scena. Lei così donna così madre così indomita. I morti dietro la vetrata continuano la loro strana festa. E lei ora dice: vi racconto io come sono andate le cose, come vanno nella storia di Amleto e di voi figli» queste le note dell’autore Davide Rondoni. Shakespeare non poteva, anche per una questione di mera convenienza, rendere Gertrude evidentemente colpevole agli occhi del pubblico. Teatralmente non poteva nemmeno mostrarla del tutto innocente. La vestì perciò di una sorta di ignavia e di remissività, preferì darla in pasto al suo pubblico ammantata dalle ingiurie del figlio, di quell’Amleto che sembra soffrire più perché privato di una madre “onesta” che perché costretto a vendicare un padre, un re. È un rischio enorme, dunque, costruire su Gertrude una drammaturgia contemporanea: esiste il rischio che si attualizzi troppo la figura di una donna che Shakespeare compose tra il regno di Elisabetta e quello di Giacomo?

Laura Piazza: La vicenda di Ghertruda, personaggio quasi in ombra nel plot shakespeariano, affascina – come dice Rondoni – per quella componente di dolore e futilità, quasi assurdità, che la contraddistingue. È come se i gesti di questo personaggio fossero eterodiretti. Rondoni immagina che Ghertruda beva consapevolmente il veleno, scegliendo di sottrarsi alla vista della distruzione dell’universo di gelida quiete che aveva rovinosamente tentato di costruire. Ma in realtà, il personaggio shakespeariano è l’occasione per la creazione di un personaggio altro: Ghertruda è una donna che difende la sua regalità con i denti, con tutte le armi che ha a disposizione. Bisogna capire in che senso, tuttavia, è possibile intendere il concetto di regalità. Non è un testo consolatorio e non parla solo alle donne. Quella di Ghertruda è una condizione universale: è simulacro del dolore che scaturisce da una coscienza chiarissima del proprio destino e della difficoltà, spesso insormontabile, di trovare il coraggio di autodeterminarlo. Non è, tuttavia, come nella migliore tradizione tragica, un personaggio integralmente positivo.

I.G.: Quali sono stati i riferimenti iconografici della messinscena? Che donna è, prima di tutto fisicamente, la vostra Regina di Danimarca?

Laura Piazza: Il regista si è ispirato a Bosch, alla pittura surrealista e alla fotografia di Horst.

I.G.: L’idea che Ghertruda in questo spettacolo debba porsi come davanti ad un tribunale mi ha fatto ricordare le ultime pagine della “Lettera a un bambino mai nato” di Oriana Fallaci. Perché sono sempre le donne a dovere essere messe sotto accusa, perché anche in teatro è necessario porre le donne, il femminile, nella condizione di doversi difendere e di dovere dimostrare la propria innocenza? Perché le donne devono giustificare costantemente la propria esistenza e le proprie scelte?

Laura Piazza: In realtà questo non è “solamente” un monologo al femminile. Ghertruda è un personaggio, scritto da un uomo, messo in scena da un altro uomo e interpretato da una donna. La metterei più su questo punto di vista. È vero, a un certo punto, la regina si descrive come davanti a un pubblico accusatorio, ma è lei, in realtà, a materializzare questo tribunale su cui proietta paure, insicurezze e il suo stesso io-giudicante. Inscena una confessione che nessuno le ha richiesto e che, in fin dei conti, si può interpretare come una richiesta ad esser condannata. Ghertruda non cerca di giustificare il suo essere donna ma il suo essere tout court, il suo aver avuto coraggio di essere, o forse, il suo non averne avuto abbastanza. In un solo punto si lascia sfuggire delle considerazioni sulla condizione della donna, rimproverandole di aver rinunciato all’irriducibile differenza dall’uomo, per una sciatta e simulata parità.

I.G.: Puoi parlarci della rassegna “La poesia e la fontana” che curi con Davide Rondoni e Giancarlo Pontiggia?

Laura Piazza: Il teatro è il luogo per eccellenza della poesia: la poesia è fatta per essere detta, pronunciata, per esser fatta risuonare e per essere condivisa con i partecipanti al rito. Con Davide Rondoni curo, dal dicembre 2014, una rassegna di poesia in teatro, La poesia e la fontana, appunto, al Teatro Sala Fontana (il prossimo 15 febbraio, alle 19:30, si svolgerà il secondo appuntamento di questa stagione, dedicato a Shakespeare – ospite Roberto Mussapi, con una breve “entrata in scena” della nostra Ghertruda): è un progetto cui teniamo molto e grazie al quale proseguiamo, insieme ad alcune delle più interessanti voci della giovane poesia contemporanea, la nostra ricerca sulla parola in scena. In un contesto volutamente informale, proviamo a coinvolgere un pubblico eterogeneo, che nel tempo è sempre cresciuto, dimostrando – ma ne eravamo certi – che c’è un desiderio naturale di poesia, intesa come incontro, squarcio e rivelazione.

I.G.: Progetti futuri?

Laura Piazza: In questo momento il mio primo desiderio è che Ghertruda possa avere lunga vita, proprio come si augura alle regine! Debutteremo, al Teatro “Santa Chiara-Mina Mezzadri” di Brescia, il 22 febbraio e saremo in scena fino al 27. Poi saremo nella stagione del contemporaneo della Fondazione Teatro della Toscana il 18 e 19 marzo. Speriamo in una lunga tournée per il prossimo anno. Continueranno, pure, gli appuntamenti de La poesia e la fontana. Infine, confido che la mia vita di attrice e di donna prosegua, con più coraggio e amore per me stessa, nei crinali duri e luminosi del teatro e della poesia.

Written by Irene Gianeselli

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Sito Laura Piazza


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