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Intervista esclusiva a Aaron Taylor Johnson: ‘’Io che non volevo accettare Godzilla’’

Creato il 21 maggio 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

21 maggio 2014 • Interviste, Vetrina Cinema

Da vicino è una curiosa via di mezzo tra James McAvoy e Logan Lerman. Somiglia ad entrambi, e a nessuno dei due. Meno uomo di come appariva ne Le Belve di Oliver Stone, meno ragazzino del supereroe sfigato Kick Ass. Ventitre’ anni e già una carriera solida sulle spalle, capelli cortissimi, carnagione chiara, le dita puntate tra la tempia e il labbro sinistro a mo’ di pistola, stringe gli occhi concentrato per rispondere. Determinato, versatile, è capace di passare dal Conte Vrosky di Anna Karenina al tenente Ford Brody di Godzilla – in questi giorni nelle sale- senza perdere di credibilità. Un ruolo, quest’ultimo, che Aaron Taylor Johnson, sulle prime non voleva neanche accettare.

Cosa le ha fatto scattare la voglia di parteciparvi?

Conoscere Gareth [Edwards]. Doveva essere un incontro informale, un’ora al massimo, sono diventate sei! Ho compreso a fondo la sua visione del film, ero scettico sulle prime, chi non lo sarebbe.

Davvero?

Si, non ho risposto subito “Ok! Non vedo l’ora”  Ma nel momento in cui ho conosciuto Gareth tutto mi è apparso più chiaro e ho capito che tipo di film stava per realizzare.  Alla fine è stata una scelta di pancia e oggi sono veramente orgoglioso di averla fatta. Questo vale per me come per le altre persone del cast come Bryan Cranston, Juliette Binoche, Ken Watanabe, Lizzie Olsen, David Strathairn, Sally Hawkins.  Tutti loro hanno agito secondo istinto, ne sono certo.

Che tipo di regista è Gareth?

Duro come una piramide, ma anche molto umile. Nessuna domanda era inutile, nessun problema irrisolvibile sul suo set. C’erano giorni in cui dicevo “Come fai ad essere così calmo?  Deve essere tutto così stressante.”  Lui invece la prendeva con filosofia. E di conseguenza il set era come lui.  È una persona che adora sperimentare e ha concesso anche a noi attori tempo per farlo.

Ci farebbe un esempio?

Ci sono stati anche momenti in cui non aveva voglia di dire: “Azione”. La camera iniziava a riprendere e tu andavi avanti da solo.  Magari due secondi prima riuscivi ad entrare nella giusta lunghezza d’onda, invece di ordinarti lui di entrare in scena: un procedimento inusuale ma molto più bello.

Acrobazie, esplosioni: come se l’è cavata con le sequenze action?

Ho girato quasi tutte le scene pericolose che ho potuto. Non c’è stato quasi niente di troppo estremo che non potessi fare da solo. Poi mi ha aiutato una grande persona, un soldato della Marina in pensione, Jim Dever, che ha già lavorato a tanti film di guerra. Mi ha insegnato a indossare le attrezzature, a puntare un’arma, a smontarla e rimontarla, ogni cosa dal punto di vista militare. Era come il mio ufficiale istruttore dell’esercito.  Ho anche ascoltato a lungo il suo modo di parlare. Nell’esercito si parla in una certa maniera pragmatica, diversa dal linguaggio che usiamo noi civili. Mi è stato di grande utilità.

Che ci dice, infine, di Bryan Cranston e Elizabeth Olsen, con cui ha condiviso set ed emozioni?

Con Bryan Cranston dovevamo avere una solida relazione di padre e figlio, tra cui passano anni ma non la rabbia per quanto successo.  Non era facile, è un tipo divertente, c’era sempre modo di farci una risata. Certe volte mi chiedevo come facesse a scherzare poco prima di girare e poi entrare nel personaggio così a fondo. Io non riuscirei mai. Penso che sia un attore veramente eccezionale, tra i migliori in circolazione. E poi c’è Lizzie Olsen, un talento naturale. Adoro lavorare con lei. A dire il vero stiamo ancora lavorando insieme. Anche lei riesce a trasformarsi in un attimo. Sento di assomigliarle, nel senso che non facciamo mai la stessa cosa due volte. Quando giriamo la prima scena e poi dobbiamo rifarla, la seconda non viene mai uguale. Ha sempre delle letture diverse, cambia in continuazione e così facendo cambia anche il mio modo di reagire.
Ne parla come fosse una sua cara amica.

Lo ammetto, lo è, ma la stimo anche dal punto di vista professionale. Andiamo, come si fa a non adorarla dopo aver visto La fuga di Martha? Io appena l’ho vista ho pensato: “Wow, questa è un talento vero. È proprio brava. E very cool”. Una ragazza con i piedi per terra, insomma. Come me.

Di Claudia Catalli per Oggialcinema.net

Extendend Look: 

Clip Godzilla – M.U.T.O:

Clip Godzilla – Questo è il mio lavoro:

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