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Intervista esclusiva ad Alice Lowe protagonista del film Killer in Viaggio

Creato il 24 giugno 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Alice-Lowe

Intervista esclusiva ad Alice Lowe: “Parola d’ordine: sperimentare”.

Finora ha interpretato, con la stessa passione e credibilità, una scimmia, un alieno, David Bowie, la morte, un bambino di tre anni e Maria Antonietta. E ora l’attrice britannica Alice Lowe, che non a caso ha iniziato con il teatro dell’assurdo, porta al cinema l’irresistibile Tina, una turista romantica e goffa che viaggia con il suo compagno e finisce, quasi per caso, per diventare una buffa serial killer. E’ lo spunto dell’irriverente dark comedy Killer in viaggio di Ben Wheatley, presentato in anteprima al Noir Fest e in questi giorni nelle nostre sale. Alice non ne è solo protagonista: ne è stata anche ideatrice e sceneggiatrice, insieme a Steve Oram.

Ci racconta com’è nata l’idea e come siete arrivati a realizzarla?
Io e Steve facciamo spesso commedia dal vivo, e avevamo già in mente un paio di personaggi strambi per il palcoscenico. L’idea era due turisti inglesi molto nerd che uccidessero persone in giro. Abbiamo inizialmente sviluppato una sceneggiatura per la televisione, ma tutti i canali ce la rifiutavano sostenendo fosse troppo dark. Allora ne abbiamo mostrata una versione-cortometraggio al regista e lui subito ha detto: “Ma questo è un film!”. Così abbiamo finalmente iniziato a scrivere con Steve per il cinema e tutto ha preso una direzione molto più seria e definitiva.

L’umanità sa raggiungere livelli di crudeltà e follia indescrivibili, come il film ben mostra si può arrivare a uccidere per nulla: c’entra qualcosa la crisi globale che investe oggi il mondo?
In effetti una risposta che abbiamo dato al film è che i personaggi si comportano in quel modo anche per l’umore globale del momento. Quando loro uccidono, è come fosse liberatorio e catartico per il pubblico: così esprimono la loro rabbia, è un concetto abbastanza anarchico. Un modo per il pubblico di esplorare quei sentimenti di sfogo e riscatto dalle frustrazioni senza dover commettere in prima persona nulla di terribile: c’è una sensazione diffusa di impotenza dovuta alla globale crisi economica e politica. Ovviamente la violenza non risulve nulla, ma è un’innegabile parte della natura umana.

Lei e Steve avete improvvisato molto?
Abbiamo parlato molto di alcune scene, e specialmente all’inizio del film eravamo del tutto spontanei. Penso che la spontaneità sia fondamentale affinchè una commedia risulti davvero divertente, è tutta questione di ritmo, momento e contesti giusti. E se non li riporti nel film, perdi la parte migliore. Volevamo anche che tutto fosse molto reale e naturale. Non penso avremmo ottenuto grandi risultati se i personaggi non fossero risultati perfettamente credibili.

L’amore può trascinarti in situazioni al limite della follia – è uno dei messaggi impliciti nel film. E’ vero anche nella vita reale?
Sì, io credo che l’amore consista in una sorta di insanità chimica. Rende folli la maggior parte delle persone, che non per forza diventano serial killer, per fortuna! Diciamo che ti rende illogico, puoi finire per prendere decisioni prive di senso. Ora, Chris e Tina, i personaggi del film, sono adolescenti cresciuti, ma non adulti: specialmente Tina, è in uno stato di blocco della crescita. La loro è una storia d’amore molto infantile.

Cosa sente di avere in comune con il suo personaggio?
Con Steve abbiamo basato i personaggi sui nostri peggiori, o più estremi, tratti caratteriali: io so essere piuttosto infantile, impaziente e spontanea, e sono le qualità che mi sono divertita a trasportare su Tina. Non ne vediamo tante di donne al cinema con queste caratteristiche, è un personaggio femminile inusuale, siamo abituati a vederle tutte responsabili e adulte: quanto mi sono divertita a buttare questo stereotipo dalla finestra con Tina!

Lei ha iniziato la sua carriera con il teatro sperimentale e surreale: quanto ha influenzato il resto del suo lavoro come interprete?
Penso che il passaggio al cinema abbia chiuso il cerchio con quello che avevo iniziato a teatro. Sono sempre stata interessata a mescolare diverse emozioni e generi: perchè l’arte non dovrebbe farti ridere, piangere, speventare o rincuorarti? Teatro e cinema basano tutto sulle emozioni, io adoro questo e impazzisco se riesco a sorprendere il pubblico. Magari anche a scioccarlo un po’!

Si trova davanti un copione: in base a cosa sceglie se accettare o meno?
Cerco qualcosa che sia inusuale. Ho interpretato finora una scimmia, un alieno, David Bowie, la morte. Anche se interpreto un goblin, ho bisogno di trovare qualcosa dentro di me per potermici identificare, non è diverso da interpretare un umano per me.

Il suo personaggio preferito tra quelli interpretati finora?
Tina, perchè al cinema hai più tempo per approfondire un personaggio. Poi David Bowie, che è uno dei miei eroi e interpretarlo è stato fantastico. In uno sketch a teatro ero un bambino di tre anni, ricordo con piacere il divertimento nel cambiare voce e modo di pensare. Poi mi piace recitare anche nei ruoli di animali, lo trovo liberatorio: gli animali fanno qualunque cosa vogliano. Ah, e poi è stato bello recitare anche la parte di Maria Antonietta, con un costume pazzesco!

Quali sono i suoi punti forti come attrice?
Non mi alleno mai, il che mi rende insicura, ma credo che l’insicurezza sia una forza. Ho ancora molto di imparare, e questa consapevolezza mi rende aperta e mi dona una vulnerabilità che può tradursi bene sullo schermo. L’unica cosa che so fare è tirare fuori cose che vengano dalla verità e dalla mia esperienza personale, spero che questo renda tutto ciò che faccio credibile.

Ci parla di Locke, il film con Tom Hardy che ha appena girato?
Premetto che non mi si vede, anche se ho girato circa una settimana con Tom Hardy. Si tratta di un viaggio solitario in macchina, con lui che riceve telefonate e non si vede nessun altro nel film, ma ci sono straordinari nomi coinvolti nel progetto, come Olivia Colman. La ricordo come una bella esperienza: adoro lavorare in tutto ciò che è sperimentale.

Il regista che le ha trasmesso più insegnamenti?
Ho imparato tanto da diversi, sono stata fortunata. Da Edgar Wright la sua precisione e visione, i suoi film sono come composizioni musicali. Ben Wheatley invece basa tutto sull’umore, i suoi film somigliano a quadri impressionisti. Sono stati fondamentali per me, che sto pensando di dirigere il mio prossimo film: mi hanno insegnato che tutto dipende dall’atmosfera serena, positiva, che crei sul set e che ti consente di fare una performance brillante e generosa. Basta che ci sia un clima di fiducia sul set.

Il suo sogno più grande?
Sopravvivere e fare abbastanza soldi per sbarcare il lunario seguendo solo i progetti in cui credo. Non me ne frega nulla dei soldi o del successo. Anzi a volte fanno peggio: non riesco a credere quanto sia fortunata a poter fare il mio lavoro, che amo. La mia paura più grande, a parte morire in una maniera terribile e un milione di altre cose che potrei elencare, è non riuscire a fare più cose diverse possibili. Non vorrei mai essere presa in una sit-com e diventare famosa solo per quello: voglio continuare a sperimentare e fare cose nuove e stravaganti. Io cerco l’avventura.

di Claudia Catalli

killer in viaggio


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