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Intervista: Simona Diodovich

Creato il 17 febbraio 2015 da Babetteleggepervoi


Intervista: Simona Diodovich
Scrittrice, grafica, illustratrice, fumettara. Questa è Simona Diodovich. Non è stato facile mettere un freno alla cascata di parole che mi ha riversato addosso. Sono uscita stremata da questa intervista, ma ne è valsa la pena.
Benvenuta. Raccontaci di te.Ciao Babette, grazie per avermi invitato. Come si comincia a parlare di se stessi? Direi che sono svitata come un tappo di bottiglia. Ho la mente che viaggia costantemente su quattro binari differenti: la grafica, l’illustrazione, il fumetto e la scrittura. Ci sono volte che mi perdo pezzi di una giornata senza un motivo valido, solo perché mi sto divertendo a fare uno dei miei quattro lavori.Se disegno, sono felicissima di farlo perché mi mancava. Se scrivo, sono contenta di scrivere perché prima stavo disegnando per cui non avevo tempo per fare questo. Se non si è capito mi diverto tantissimo a fare il mio lavoro. Dopo ventisette anni di editoria, io sono una delle poche persone che ha ancora la gioia e l’entusiasmo per realizzare un progetto. Diventa difficile quando fai tutti questi lavori rendere ogni nuovo progetto innovativo e frizzante. Ma sono fortunata, io non amo la noia, per cui mi riscopro sempre felice e pronta a nuove idee. Uh, be’, da qui di vede anche che sono un tipo positivo. Sempre. Sono tenace, mai abbassato la testa per direnon ce la faccio. Se rallenti, arriva qualcuno che ti supera. Il mondo dell’editoria è duro e bisogna essere in gamba e competitivi. Io ho lavorato per anni a Canale 5 con A. Valeri Manera; lei mi ha insegnato ad essere quella che sono oggi sul piano professionale. Se avessi incontrato una persona solo di poco diversa, sarei differente. Forse.Che tipo di scrittrice sei e qual è il genere che più ti rappresenta?Che tipo di scrittrice sono… versatile. Dato che vengo dal disegno, ho due o tre regole che applico anche alla scrittura. Le tengo custodite come se fossero oro. La prima è “Se hai fatto un bel disegno non vuol dire che sei una disegnatrice” e l’ho applicata alla lettera quando pubblicai il primo libro. Per me ero solo un colpo di fortuna. La seconda è “Se fai sempre bellissimi disegni, ma sono sempre gli stessi, non sei una brava disegnatrice”; perciò tendo a non scrivere nulla che abbia contenuti simili due volte di seguito. Mi annoierei io, figuriamoci chi legge. La terza è la migliore “Ho lavorato in molti posti come disegnatrice, in ognuno cambiavo stile di disegno per esigenze di lavoro. Se all’inizio è faticoso, dopo tutti questi anni la tua mano è allenata per disegnare almeno sette stili differenti. Per cui ovunque tu vada, tenti di realizzare qualcosa di nuovo. Non è da tutti. Alcuni, forti del loro stile, non si cimentano in altro per paura di fare flop.” Lo stesso nella scrittura, ovviamente non cambio stile, cambio genere. Per non annoiarmi. Se scrivo un fantasy, poi scrivo un horror, poi un romance… mi diverto, insomma.Che genere mi rappresenta? Ti direi che il filo conduttore di ogni mio libro è l’emozione, per cui il genere è emozionale. Ho studiato psicologia per parecchi anni a scuola e per diletto fuori. Amo l’idea di far arrivare al lettore ogni emozione contenuta nel libro, dalla più delicata alla più forte e scioccante. Non importa se scrivo un horror o un romanzo leggero. Un susseguirsi di emozioni dalla prima all’ultima pagina. Per lo meno è quello che tento di fare, sempre.Hai un autore (o un’autrice) al quale (alla quale) ti ispiri?Io ho amato da sempre Stephen King e Anne Rice. Amo la Roth. Jeffery Deaver. Non mi sono ispirata a nessuno in particolare, ma ringrazio King per avermi prima fatto essere un’accanita lettrice, e poi una che scribacchia. E sono una disegnatrice grazie al 90% dei disegnatori giapponesi.Da Araki, Miyazaki, Leiji Matzumoto, a Ryoko Ikeda.Qual è il primo romanzo che hai pubblicato? E il primo disegno?Il primo romanzo che ho pubblicato è stato “Carlie”, con una casa editrice così piccola che non fece nemmeno l’editing. Ora è fuori con il nome di  Il mio nome è Carlie”. Il primo disegno pubblicato invece era per la casa editrice Universo, per l’Intrepido Sport. Era l’anno in cui uscii dalle superiori. L’inizio di tutto.Quale sarà il prossimo romanzo?Il prossimo libro sarà il seguito di un romanzo sportivo scritto l’anno scorso. Data d’uscita aprile, titolo HUP, che è la sigla di una città della Virginia. Il mio ottavo libro per l’esattezza.Da dove arriva l’ispirazione?Ho sempre avuto una fervida immaginazione e sono strana anche come disegnatrice. Dico così perché per le mie amiche scrittrici io creo troppo, e così do la colpa al fatto che vengo dal disegno, solo che anche i disegnatori mi guardano strano. Per cui ritengo di essere strana e basta. Io creo sempre. Passeggio e creo un libro, pulisco la cucina, ecco un’altra idea. Sto disegnando? Perfetto prendo appunti. Creo disegni da realizzare a uncinetto? Altra idea. Guardo la gente in mezzo alla strada? Nasce una storia. Sento una canzone? Idea in arrivo. Realizzo storie da quando andavo a scuola, anche se all’epoca erano per cartoni animati. Sceneggiature a campi lunghi e primi piani… per realizzare la stessa storia a fumetti ci vogliono dai tre ai quattro anni, se la scrivo molto meno. Ecco svelato il mio mistero. Il mio cervello sa che così ne posso creare di più e me le butta fuori ciclicamente. Scartavetrano il mio cervello e io devo scriverle. Di solito è peggio se sono sotto pressione con le scadenze. Sembra che il cervello corra ancora più veloce.Hai un luogo speciale nel quale ti rifugi per scrivere?Ho un ufficio tutto mio che considero il mio regno. È il mio mondo, pieno di scatoloni di fumetti, cartoni animati etc. Pareti tappezzate di disegni fatti a mano. Lì mi siedo e creo. Ma va bene anche in casa mia. Tranquilla. L’importante è che io sia sola, senza che nessuno mi disturbi. Non ascolto nemmeno la radio se devo scrivere, mi distrae. Al limite dei cd ma di musica bassissima. Per farti un esempio, andrebbero bene le musiche strumentali del film Titanic, perché non hanno parole e non mi distraggono. Il mio cervello deve sentirla ma non troppo. Perché se una canzone attira la mia attenzione e mi crea un’emozione per un libro, lo fa prima che io inizi a scriverlo. Dopo mi disturberebbe.Qual è il tuo metodo di scrittura?Cammino, creo una storia, per giorni vado al lavoro e io diventoquei personaggi del libro, vivo la loro esistenza e prendo appunti. Mi siedo a un tavolo e creo la scaletta del libro. I personaggi si formano come carattere già nella mia mente da subito, ed escono spontaneamente loro, dicendomi come vogliono essere (sembro pazza qui, vero?). Ho una tabella da seguire, ma da un punto all’altro del libro ci creo il mondo, a seconda di come si muovono i personaggi, a seconda di cosa mi succede nella giornata. Per esempio: due miei personaggi finiscono nelle sabbie mobili perché quel giorno era stata una giornata impegnativa. Un demone essiccò una povera donna squartandole la pancia per fare uscire un piccolo demone che si nutrì della madre, perché quel giorno avevo caldo ed ero a dieta. Quindi, seguo la tabella ma poi vado dove vogliono i personaggi.Come tieni separate (se ci riesci) la vita di tutti i giorni con l’attività di scrittrice/disegnatrice… eccetera?Perché le altre ci riescono? Non so come fanno le altre scrittrici, ma con quattro mestieri differenti mi devo sforzare per non immergermi completamente nel lavoro. Il mio cervello va anche di notte per elaborare dati e mi sveglio con un’idea che devo assolutamente mettere su carta. Viaggio tutti i giorni con quaderni per appunti, blocco per schizzi e un astuccio che farebbe invidia a una cartoleria. Sempre. E non mi stanco mai oltretutto.Volete fare due chiacchiere con Simona? Ecco dove potete trovarla.https://www.facebook.com/simona.diodovich?fref=ts

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