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Into the wild

Creato il 14 dicembre 2010 da Claudsinthesky

Il fine settimana dopo l’Eid al Kabir (ovvero il 19 e 20 novembre), sono andata a campeggiare con due amici, A. e J.. Venerdì mattina abbiamo caricato tenda, sacchi a pelo, griglia, costolette e salsicce e un frigo portatile pieno di bottiglie di Birra Moretti su Wolverine, la macchina di A., e siamo partiti alla volta della libertà, ovvero il confine saudita.

Detto così può suonare paradossale, ma, ovviamente la libertà si raggiunge prima del confine con l’Arabia Saudita. Circa 3 km prima, per la precisione.

Da Abu Dhabi abbiamo ci siamo diretti verso la zona industriale di Mussafah e, dopo aver perso una buona mezz’ora per aver saltato lo svincolo giusto (ma questo imprevisto ci ha permesso di costeggiare Al Wathba Wetland Reserve, dove abbiamo scoperto esserci una colonia di fenicotteri maggiori), abbiamo imboccato la E11 dritta dritta per 330 km. Passata Sila, circa 2 km prima di arrivare alla cittadina di confine di Ghweifat c’è un cartello che indica Ras Ghumais, il più occidentale di tre promontori rocciosi. Finalmente abbiamo raggiunto la nostra destinazione! Tempo di percorrenza: 4 ore circa.

Inizialmente, vedendo la strada serpeggiare nella sabbia in mezzo a giganteschi pali elettrici, siamo rimasti un po’ sconcertati, pensando che il posto tanto caldamente raccomandatomi da un collega non fosse poi così diverso da Mussafah. Poi, lasciando la strada asfaltata e andando sullo sterrato, abbiamo avuto la rivelazione.

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Ecco, intanto dico che le foto non sono ritoccate, quindi quella è esattamente la tonalità di azzurro che ci siamo trovati di fronte.

La vegetazione è piuttosto sparsa, ma ci sono interessanti formazioni rocciose e il terreno è per la maggior parte cosparso di cristalli di sale e altri minerali di colore rossastro.

L’acqua è davvero cristallina e, a poca distanza dalla costa, ci sono tre isolotti, facilmente raggiungibili a nuoto.

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La cosa più impressionante del posto, però, è l’assoluto isolamento che vi si percepisce: oltre a noi tre, l’unica altra presenza umana era un addestratore di falconi, isolato su un picco e abbastanza sorpreso di vederci.

Capirne il perché non è difficile: pur essendo vicino a una delle principali arterie della regione di Al Gharbia, questo piccolo paradiso è protetto da un terreno molto accidentato e disseminato di pietre estremamente aguzze.

Alla fine, infatti, dato che Wolverine è un fuoristrada piuttosto basso e che J. non è un esperto di offroad, abbiamo dovuto lasciare la macchina lontano dalla spiaggia, che abbiamo raggiunto a piedi, e abbiamo deciso di pernottare sul lato orientale del promontorio, meno affascinante, ma molto più facile da raggiungere in macchina.

Ci siamo accampati direttamente sulla spiaggia, dove, con qualche pezzetto di legno trovato qui e là, J. è riuscito ad accendere un bel falò, e, affamati dopo il “viaggio della speranza” affrontato al mattino, ci siamo finalmente buttati sulle succulente (mmmhhh…) costoleeette e sulle birre ghiacciate.

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Peccato che il cielo non fosse particolarmente stellato quella notte, comunque la tranquillità che abbiamo provato allora, sicuramente la ricorderemo per molto tempo. L’unico rumore è l’infrangersi delle onde e il richiamo degli animali marini: siamo anche usciti per cercare i granchi, ma, essendo troppo buio solo con la nostra lanterna, non siamo riusciti a scovarli.

La mattina dopo, questo è quello che ci siamo trovati di fronte (e di nuovo le foto non sono ritoccate).

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Mi sono svegliata presto e ho fatto una camminata fino al piccolo molo all’estremità della costa orientale del promontorio, prima di fare un bel bagno (nell’acqua freddissima e salata – e con le infradito per evitare di tagliarmi le piante dei piedi sulle rocce aguzze).

Quando avevo preparato l’itinerario che avevo mandato ad A. e J., nella presentazione di Ras Ghumais avevo scritto “la fauna dovrebbe comprendere dugonghi, delfini e tartarughe“… ed ero stata bellamente derisa. Purtroppo non abbiamo avuto modo di vedere né gli uni né le altre, ma lungo la spiaggia abbiamo trovato diversi resti animali (tra cui un teschio di delfino e la carcassa di una tartaruga embricata), segno che, forse grazie alla vicinanza con l’isola di Bu Tinah, Ras Ghumais è un luogo perlomeno di passaggio per molte specie marine rare e/o protette.

Quest’escursione ci è piaciuta talmente tanto che vogliamo tornarci al più presto, ma stavolta con un vero 4×4 per esplorare sul lato occidentale. E speriamo anche di beccare almeno qualche tartarughina!


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