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Io, la mia famiglia rom e Woody Allen: Laura Halilovic filma la sua cultura

Creato il 29 febbraio 2012 da Glob011 @glob011

"[...] voglio fare un documentario sui Rom per far conoscere agli altri la nostra vita. I Rom, o come vengono chiamati con un tono spesso dispregiativo, gli Zingari, per la maggior parte vivono nelle case, i loro figli vanno a scuola, a differenza di quello che tutti credono, solo alcuni di loro vivono ancora girando come facevano una volta. Sono stati fatti film e documentari sulle loro usanze, sul loro modo di vivere, ma nulla i cui loro possano veramente riconoscersi. I registi e gli sceneggiatori presentano il mondo dei Rom con idee ancora molto stereotipate. Non sanno che alcuni non si direbbe che sono Rom e che molti di quelli che ancora oggi vivono viaggiando sarebbero felici di avere una casa popolare e di poter mandare i propri figli a scuola. La gente oggi ha ancora paura, non si fida, appena sente la parola Zingaro si allontana e questo mi da molto fastidio, non ci fa sentire accettati in un paese che non è il nostro e nel quale stiamo cercando di costruirci un futuro e di dare un futuro ai nostri figli." Laura Halilovic

Laura Halilovic (Torino 1989), giovane regista di origini romanès, ma residente nel capoluogo piemontese, tramite un progetto di borsa lavoro del 2009, proposto dal Centro di Cultura per la Comunicazione e i Media di Torino; ha avuto la possibilità, di girare un documentario dal titolo " Io, la mia famiglia rom e Woody Allen", con l'intento di far conoscere la propria cultura (zingara ndr), troppo spesso trascurata e vittima di stupidi pregiudizi. Il documentario, è stato molto apprezzato dalla critica ed anche per questo tra il 2009 e il 2011 si è aggiudicato molti premi in Italia e all'estero tra i quali: il Premio Ucca, con la Menzione speciale della giuria nella sezione Anteprima Doc del Bellaria Film Festival 2009; la 'Stella del Meeting - Cinema contro il razzismo' alla 15esima edizione del Meeting internazionale antirazzista di Cecina nel 2009; miglior documentario nel Zagreb Film Festival del 2010; il Mediterranean Film Festival sempre nel 2010 e il Silver Drum Award al NIIFF Nepal International Indigenous Film Festival 2011 a Kathmandu.

Il film documentario è un corto (durata 50 minuti circa) autobiografico che racconta la storia di una ragazza Rom che abita con i suoi in un quartiere popolare alla periferia di Torino. La narrazione avviene in prima persona, ed esplora i cambiamenti e le difficoltà della nuova vita stanziale, le relazioni con i parenti che ancora vivono nomadi, i contrasti e le incomprensioni che fin da bambina la accompagnano nelle relazioni con gli altri, i Gagi (non Zingari). Attraverso i ricordi dei suoi familiari, tra cui l'anziana nonna che ancora vive in un campo, le fotografie e i filmati del padre che ha documentato negli anni la vita quotidiana della piccola comunità, si scopre una realtà sconosciuta che fino ad oggi, secondo la regista è stata nota solo attraverso gli stereotipi e i luoghi comuni.

Ma il documentario non è soltanto la storia di una famiglia, di fatto chi parla è una ragazza di oggi che cresce e insegue i propri sogni di adolescente, combattendo contro i pregiudizi e le tradizioni di una cultura difficile da accettare. Il film rappresenta un viaggio intimo e personale tra la fine della vita nomade e lo stanziamento in una casa popolare di Torino. Vengono analizzati tutti i cambiamenti, in seno a questo fenomeno frutto anche questo dell'epoca che stiamo vivendo con tutti i suoi pro e i suoi contro. Laura è l'unica figlia femmina della famiglia Halilovic, una famiglia Rom arrivata in Italia dalla Bosnia negli anni Sessanta. La regista diciottenne racconta in prima persona con ironia e senso dell'umorismo il suo rapporto con la famiglia e il suo percorso per accettare le proprie origini, facendo le sue battaglie personali per non sottostare a leggi non scritte, che l'avrebbero spinta ad impegnarsi in un matrimonio o comunque a cercare un compagno di vita, obbligandola a lasciare nel cassetto il suo sogno di diventare regista e conoscere un giorno il suo idolo Woody Allen.

Il documentario presenta una riflessione sulla fine della vita nomade, sulle relazioni con i parenti che ancora vivono nei campi e con i gagè, i vicini non rom, e più in generale sulle difficoltà nel rapporto con gli altri, sentimento che accompagna Laura sin dall'infanzia. Sentimenti che spingono la regista a chiedersi nel film riferendosi simbolicamente a Woody Allen, se la figura dello Zingaro, oggi non sia paragonabile a quella storicamente mostrata dell'Ebreo.

Inoltre nel film vengono affrontate le tematiche relative all'attuale rottura delle tradizioni rispetto al passato e come oggi queste tradizioni stanno mutando. Halilovic dimostra di avere molto a cuore le tradizioni della propria cultura, perché altrimenti con la persistente e sempre più pressante omologazione culturale dovuta alla globalizzazione, andrebbero perse e dimenticate. Ma lei mostra anche come oggi queste, nel rispetto del passato debbano adattarsi al presente e facendo riferimento al matrimonio con questo film vuole mostrare (ed auspicarsi) come oggi questo non sia più l'unico momento di rivalsa sociale femminile e soprattutto l'unico mezzo di affrancamento, che hanno a disposizione le donne per sentirsi tali e coscienti del proprio ruolo in società. E per dimostrare ciò mette sullo schermo la propria vita raccontando le proprie battaglie per rompere con la tradizione che gli veniva "imposta" e ritenuta unica possibilità dalle donne più anziane del campo rom in cui viveva; sperando di dare un esempio a tutte le giovani ragazze zingare, tramite la propria esperienza, ossia il rifiutare queste leggi non scritte; mantenendo comunque sempre il rispetto delle proprie usanze, per dedicarsi alla carriera della regia. Cercando e trovando la propria emancipazione e senso sociale nel lavoro, mettendo per un attimo da parte il matrimonio, che comunque come si evince dal film, quando riterrà giunto il momento celebrerà nel pieno rispetto della cultura zingara, per non far diventare anche questa soltanto un oggetto museale o come nel suo caso la pellicola di un vecchio documentario.


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