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Io non leggo fantascienza!

Creato il 20 giugno 2014 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

IL FATTACCIO

Macchinetta del caffè.

Quattro persone davanti al distributore aspettano il proprio turno per iniziare la giornata lavorativa e intanto si scambiano le solite chiacchiere tra colleghi. L’argomento della mattina è per l’appunto la lettura: a dare il principio è stata la notizia che il menestrello scrive di fantascienza, così scattano i complimenti, le pacche sulle spalle e tanti altri piccoli gesti che non serve star a spiegare.

Però alla fatidica domanda, tre paia di occhi si fissano altrove e scatta la risposta: “Io non leggo fantascienza!”. Silenzio imbarazzante, seguito da fuga generale con il menestrello che a forza di offrire caffè ha dimenticato quello per sé.

ORECCHIE A PUNTA!

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Orecchiappunta!

Il piccolo episodio raccontato poc’anzi serve per spiegare un assunto più o meno radicato nel folklore italico: ovvero che la fantascienza sia solo per nerd, fanatici e disadattati che guardano quei programmi dove ci sono gli alieni con le orecchie a punta. Perché gli argomenti soliti della fantascienza dovrebbero essere le astronavi guidate per l’appunto dai già citati “orecchiappunta”, gli alieni e ovviamente i mostri assassini non antropomorfi… manca qualcosa? Ah sì, i robottoni che si spaccano di mazzate!

Resta da dire che non sempre il cinema ha aiutato: con trovate al limite dell’idiozia si è precipitati spesso in minestroni eterogenei, nei quali gli zombie guidavano le astronavi, gli alieni facevano una vacanza nel far west o – nel caso più eclatante – un’intera flotta di astronavi si rifugiava in antiche leggende sulla Terra promessa pur di sopravvivere.

Se pensate che il menestrello stia esagerando e avete colto le allusioni *, allora fareste meglio a cercare qualche autore di fantascienza (anche fra quelli proposti in altri articoli di Fralerighe) per capire il punto focale: la fantascienza non è solo quella dello spazio e degli alieni… se così fosse allora nessuno avrebbe più scritto nulla dopo il 1960!

VINCERE L’ASTIO

In alcuni casi il menestrello ha tentato di far chiarezza nella mente del non-lettore di fantascienza, spiegando alcuni tra i punti fondamentali del genere e portando all’attenzione titoli che di fantascienza presentano l’ambientazione e poco più. Un lettore di gialli può rimanere deliziato dall’intrigo intorno a Il sole nudo di Isaac Asimov (The Naked Sun, 1957) anche se ci sono i robot, mentre si riesce ad apprezzare la discesa mistica della Trilogia di Valis di Philip K. Dick (VALIS Trilogy, 1978-1982) o il viaggio interiore proposto da Stanislaw Lem in Solaris (Solaris, 1961); e il menestrello fa solo i nomi più grandi perché sono più facili da reperire ma potrebbe metterci qualche nome meno famoso come Stross, Swanwick e, se vogliamo, Evangelisti anche se c’è chi non li considera scrittori di fantascienza.

Il menestrello ha parlato in altre occasioni, sempre su queste pagine, del sense of wonder come motore dell’intreccio fantascientifico, capace di dare al lettore la spinta per leggere intere serie di libri. In molte occasioni tale meccanismo serve solo come trampolino di lancio alla vera tematica del romanzo che si va a leggere, perdendo quasi importanza nel corso degli eventi. Il motivo è da imputare principalmente alla continua mescolanza di argomenti, alla diversificazione delle storie e al continuo evolversi di un genere che non conosce tempo.

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Un Asymmetriad (Solaris)

VALUTARE CON I PROPRI OCCHI

Si è parlato fin qui della reticenza a leggere fantascienza, ma per ora si è detto solo che la fantascienza cinematografica lascia a desiderare e che molti tra i più bei romanzi della storia del genere sono in realtà ambientazioni fantascientifiche utilizzate per scrivere altri generi. In effetti sembrerebbe così, ma allora? Un buon libro di fantascienza deve essere in primis scevro di pesantezze narrative, innovativo e capace di tenere incollato il lettore alle pagine. Peccato che siano le stesse cose richieste a libri di altri generi!

Purtroppo per il non-lettore di fantascienza medio, la dicitura fantascienza equivale a etichettare tutto con “orecchiappunta” e per quanto si voglia spiegare che solo una frazione di romanzi fantascientifici tratti di alieni e space opera, in generale questo equivale a non prendere in considerazione l’argomento e a rifugiarsi nel concetto ribadito all’inizio. Certo, nell’esperienza del menestrello moltissimi hanno provato a leggere qualcosa, affidandosi a consigli amici o ricorrendo ai soliti nomi famosi, senza considerare i propri gusti di partenza – perché se leggete storie d’amore, difficilmente vi piaceranno i racconti di Lovecraft, anche partendo da Il colore venuto dallo spazio (The Colour Out of Space, 1929)…

Il lettore che non legge fantascienza è però il miglior metro di giudizio per dire se un titolo è valido oppure no: solitamente leggerà una storia che non è il suo genere preferito e la giudicherà con tutte le accezioni negative del caso. Forse ignorerà il sense of wonder che manda in brodo di giuggiole il lettore di fantascienza navigato, ma se ne sarà soddisfatto allora la lettura avrà valore doppio.

Lerigo Onofrio Ligure 

*

* “I, borg” di Star Trek, “Cowboys & Aliens” e “Battlestar Galactica”.



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