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Io sono Li

Creato il 20 settembre 2011 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Io sono Li

Anno: 2011/ Distribuzione: Partènos /Durata: 100′                                                     Genere: Drammatico / Nazionalità: Francia-Italia / Regia: Andrea Segre

 

C’era una volta, in una grande città dove le strade grigie correvano sopra le teste degli abitanti, una giovane donna di nome Shun Li, che tutti i giorni si recava in una fabbrica in cui, per mangiare, si attaccavano i bottoni alle camicie. Shun Li era figlia di pescatori e veniva da un paese lontano. Tutti i giorni lavorava con solerzia e se il padrone le ordinava di confezionare trentacinque camicie, lei ne cuciva dieci in più per nutrire il disegno che coltivava nel cuore. Un giorno il padrone le disse che era venuto il tempo di viaggiare verso Nord. Shun Li obbedì e un pullman la portò in un paesino dove le case erano bagnate dall’acqua, la gente viveva di mare e gli inverni erano così freddi che solo un bicchiere o una carezza ti potevano riscaldare. Ora Shun Li non cuciva più ma, dietro ad un bancone, lucidava i bicchieri e serviva da bere al Coppe, all’Avvocato e a Bepi il poeta. I giorni passavano e Shun Li e il poeta imparavano a conoscersi, l’uno insegnava a pescare, l’altra raccontava del paese lontano, ed era dolce sedere vicini a leggere una poesia nella penombra del bar. Presto, però, per Shun Li giunse di nuovo il tempo di partire: se voleva che il suo sogno si realizzasse non poteva essere amica di un italiano, le disse il padrone. Così, con negli occhi la speranza e nel cuore la malinconia, Shun Li partì. Il poeta ritornò triste e qualche tempo dopo morì…

Una favola. Ecco cos’è il primo lungometraggio di Andrea Segre, l’enfant prodige premiato nella sezione Giornate degli Autori, alla 68° Edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Un cast di altissimo livello (Zhao Tao, Rade Sherbedgia, Marco Paolini, Roberto Citran e Giuseppe Battiston), un rinomato direttore della fotografia (Luca Bigazzi), a servizio di una storia di tenerezza e di umanità e della sensibilità di Andrea Segre, di cui sempre spicca la capacità di cogliere e raccontare l’intima unicità di ogni essere umano, al di là di qualsiasi pregiudizio razziale.

I personaggi di questa storia sono così belli e ricchi che ti viene voglia di conoscerli, le immagini ed il montaggio così eloquenti da rendere talvolta i dialoghi superflui. L’impressione che si ha, guardando il film, è di assistere ad una storia che ha luogo in un’Italia che non è quella raccontata dai (tele)giornali, altrettanto difficile certo, ma fatta di autenticità e di persone in carne ed ossa, siano esse i locali siano gli “stranieri”. Shun Li viene dalla Cina e parla appena l’italiano, il poeta Bepi è slavo ma vive in Italia da trentacinque anni. Anche lui dentro si sente uno straniero. Di quali componenti è costituito il sentimento dell’“estraneità”? Cosa significa sentirsi straniero? Su questo, il regista, sembra invitare lo spettatore ad interrogarsi.

Manuela Materdomini

Io sono Li
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