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Iper-inferno [1]: Glasyalabolas

Creato il 24 agosto 2011 da Ludovicopolidattilo

Iper-inferno [1]: GlasyalabolasDi cosa si tratti è “spiegato” qui: [000], [00], [0].

Io ho fame.

Non mi diletto di aeromodellismo, non colleziono pipe, cartoline anni ’30, scatole di latta decorate, conchiglie, fossili, minerali, tabacchiere, soldatini di piombo, stampe, porcellane o mobili decò. Non intreccio vimini, non infilo navi in miniatura dentro bottiglie di brandy preliminarmente svuotate non senza diletto nel farlo, non preparo conserve di frutta di stagione, non curo il giardino, non porto il cane al parco sotto casa e non cambio la sabbia al gatto di casa. Provo disgusto per il decoupage, non vado a pesca, non faccio trekking, rafting, bungee jumping o jogging.
Io non lavo la macchina nel fine settimana.
Io ho fame.
Non mi occupo di consulenza aziendale, non mi occupo di terziario avanzato, non mi occupo di nuovi media, non mi occupo di learning organization o marketing operativo. Non mi occupo neppure di epistemologia, ermeneutica, logica matematica, teoria dei sistemi, teoria dell’informazione, fisica quantistica, analisi transazionale, psicologia analitica, sistemico-relazionale o cognitiva.
Io non mi occupo di programmazione object-oriented.
Io ho fame.
Non seguo quotidianamente né settimanalmente né saltuariamente le quotazioni del Cac, del Dax-30, del Dow-Jones, nel Nyse, del Nasdaq, delllo Standard&Poors 500, del Nikkei 225, dell’Euro-stoxx 50. Non tratto futures su commodities, derivati, certificates, covered warrant, non faccio trading intraday su equity o treasury bond.
Io non faccio trading di valute sul Forex.
Io ho fame.
Non lavoro né studio. Non esco con gli amici, non vado in vacanza al mare, in montagna, ai laghi, alle terme. Non ballo, non bevo, non fumo, non gioco, non faccio sesso, non mi faccio la barba, non mi faccio la doccia, non mi soffio il naso, non mi aggiusto gli occhiali, non mi allaccio le scarpe, non mi annodo la cravatta, non mi abbottono né la camicia né la giacca, tanto meno il cappotto.
Non sono solito scrivere romanzi, raccolte di novelle, libri di poesia, saggi, instant book, incunaboli, cinquecentine, panflet, libelli, codici miniati, grimori, bibbie, vangeli, enciclopedie, summe, compendi, antologie, poemi, encicliche, tomi, volumi, codici, canoni, manuali.
In non scrivo neppure misteriosi quanto superflui libri contenenti le istruzioni per dominare il cosmo quale quell’Hypertartaros che il negromante, al momento intento suo malgrado a trascrivere le parole che mio malgrado debbo pronunciare (entrambi assecondanti il rituale), ha trovato da qualche parte ritenendo fosse misterioso ma affatto superfluo.
Io ho fame.
Io non faccio nulla di tutto questo. Io ho fame e quando ho fame io mangio. Qui la questione si fa interessante poiché (primo motivo di interesse) io non sono solito nutrirmi di vegetali e (secondo motivo di interesse) voi non siete vegetali.

Come avrete osservato non faccio numerose cose. Sono cose che fate piuttosto voi arrancando lungo un’esistenza presumendo di assecondare proprie inclinazioni specifiche o consapevolmente assuefatti alle convenzioni locali. Io, invece, mi limito all’essenziale: ho fame e quindi mangio.
Sarebbe tuttavia inesatto dire che nulla al di là dell’appagamento pieno ma grossolano del cibo sappia darmi gioia e rendere più ricca la mia esistenza.
C’è qualcosa, oltre il cibo, cui mai potrei rinunciare. C’è qualcosa oltre la preda e la caccia e il pasto che conferisce dignità e – oserei dire – poesia al mio giorno. C’è qualcosa, oltre esperire la forza delle mie fauci mentre si chiude sui tessuti, le cartilagini e le ossa di una vittima resa inerme dalla presa o da un’opportuna contenzione (quando il tempo permette di predisporne), che mi fa chiudere gli occhi e mi fa tributare profonda gratitudine alla natura per ciò che mi ha concesso.
C’è qualcosa, oltre il banchetto, che mi rende ebbro di vita e riempie ogni mia fibra di gioia incontenibile: è il volo.



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