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Islam e Cristianesimo / Christian de Chergé e Maurice Borrmans /Epistolario/Spazio Riflessione

Creato il 23 gennaio 2015 da Marianna06

 

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Padre Christian de Chergé, monaco di Tibhirine(Algeria) ,priore della comunità, così scriveva nel lontano 1976 all’amico e maestro padre Maurice Borrmans, conosciuto a Roma nel ’72 al Pisai.

 

Caro padre Borrmans, un ampio dibattito comunitario doveva esaminare la mia richiesta di promessa definitiva : la domanda, molto circostanziata, poneva nettamente la questione di una vocazione monastica che passava attraverso il canale della preghiera musulmana e della ricerca di una fedeltà a Dio, nell’accoglienza di questo mondo, in cui  il nostro monastero è inserito.

Avendo convenuto all’unanimità che tale vocazione non era incompatibile con la  “specificità cistercense”, definirono (per la prima volta) la missione propria della nostra comunità, che ormai è accettata come “presenza di Chiesa orante in un contesto di preghiera dell’ islam e di presenza monastica in seno alla  Chiesa d’Algeria” : una formula così mirabilmente sintonizzata su  ciò che “sento” e che sono dispiaciuto di vivere così male.

Da quel momento, tutto è andato molto veloce; “stabilità di tutti i fratelli venuti da altri monasteri, decisione di essere in nove, in modo che, nel bene e nel male, “cacciati da una città” andremo in un’altra, insieme con lo stesso desiderio di ascoltare Dio, che parla al cuore del fratello musulmano.

  

   Christian de Chergé, 22 ottobre 1976

   Da “Lettres à un ami fraternel” (Bayard editeur.)

 

<<Il mistero e la “lancinante curiosità” di frère  Christian de Chergé altro non è che il posto dell'islam nel disegno di Dio.>>

 

  

                                                 

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Maurice Borrmans, nato in Francia, è sacerdote dal 1949 e appartiene alla Società dei Missionari d'Africa (Padri Bianchi). Dopo aver conseguito il dottorato alla Sorbona (Parigi), ha vissuto vent'anni in Algeria e Tunisia, prima di spostarsi a Roma, dove ha insegnato al Pontificio Istituto di Studi Arabi e d'Islamistica (PISAI) per più di trent'anni, lingua araba, diritto islamico e spiritualità musulmana. Caporedattore della rivista Islamochristiana, dal 1975 al 2004, è stato consultore presso il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. È autore di numerose opere tra cui Orientations pour un dialogue entre Chrétiens et Musulmans, Cerf, Paris, 1981 (Orientamenti per un dialogo tra Cristiani e Musulmani). 

 

"La Chiesa guarda con stima anche i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano anche di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti nascosti di Dio, come si è sottoposto Abramo, al quale la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano però come profeta; onorano la sua madre vergine Maria e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio quando Dio ricompenserà tutti gli uomini risuscitati. Così pure essi hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno. Se nel corso dei secoli non pochi dissensi e inimicizie sono sorti tra cristiani e musulmani, il sacrosanto concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e a promovuere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà".

Concilio Vaticano II, Nostra Aetate (3)

                               a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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