Magazine Diario personale

Italiani in Italia: Studio83 (onestà e competenza nel mondo dell’editing)

Creato il 30 gennaio 2015 da Nicoletta Frasca @Monticiana

Giulia Abbate. Classe '83. Italiana, in Italia.Buongiorno a tutti cari amici,

con mia grande gioia siamo giunti al terzo appuntamento (per i primi due, click qui e qui) con questa rubrica mediante la quale propongo storie di italiani a me contemporanei, in gamba, capaci, che riescono trovare realizzazione pur rimanendo nella nostra amata difficile terra del sole. Circostanze fortunate vogliono che io ne conosca tanti personalmente e con orgoglio, nel tempo, ve li presenterò un po’ tutti.

Giulia Abbate, la prima dell’appello in classe, si occupa di editing e appena le ho chiesto di poter scrivere di lei e della sua agenzia letteraria mi ha subito corretto: “beh, Nico, devi farmi delle domande”.  Uhm!

Dunque, ecco per voi (e anche per me) la mia prima intervista: 

Un giorno di un po’ di anni fa, alla penombra di un ultimo banco, passandomi i tuoi auricolari mi dicesti “ascolta”. Senza farmi pregare iniziai ad ascoltare beffeggiando il suo nome. Era Vinicio Capossela. Da allora non l’ho più mollato. Ricordo ancora qualche brano a memoria.

D: Cosa conservi della Giulia di allora e cosa hai rinnovato?

R: Ascolto ancora Vinicio Capossela, tanto per iniziare!Ho rinnovato moltissimo, lasciando andare tante certezze che avevo. E meno male.

Ho conservato la curiosità, un interesse costante e metodico per il bizzarro e la capacità di ridere insieme agli altri, anche di me stessa, come facemmo allora!

D: Giovane, romana, neolaureata, con già un manoscritto sul curriculum. Cosa ti ha trascinata a Milano?

R: Mi ha trascinata a Milano la forza più potente che ci sia: l’amore. Il mio ragazzo, attuale marito e papà delle mie bambine, viveva a Milano e aveva un lavoro più promettente di quelli che si profilavano a Roma. Così ho approfittato del “salto” di università (dalla triennale alla magistrale), e ho aumentato il raggio: un salto nel vuoto. Non lo rimpiango, ma allora non ne immaginavo la portata e le implicazioni.

D: Roma è considerata la Capitale del sud. Tanti luoghi comuni investono Roma e Milano. Te ne viene in mente qualcuno da sfatare o confermare?

R: Confermo che Milano è bruttissima e Roma esteticamente la batte di tanto.

Confermo che Roma è più disorganizzata e più “araba” di una Milano a misura di formichina operosa.

Sfato il mito dei milanesi stronzi e dei romani simpaticissimi. A Roma noto sempre di più (forse perché ci torno poco) la maleducazione e il pressapochismo che peggiorano la vita sociale, mentre qui a Milano c’è un rispetto per il lavoro degli altri che rende più sopportabile la generale frenesia un po’ aggressiva.

D: Questo anno da neo-genitori all’estero ha permesso a me e mio marito, non senza qualche scomodità, di educare il Piccolo Esploratore a nostra misura, senza quelle interferenze che inevitabilmente, nel bene e nel male, una famiglia presente e numerosa può creare nel rapporto tra genitori e figli.

Tu, Giulia, sei moglie, mamma e imprenditrice in una città senza radici. Quali pro e quali contro hai potuto cogliere da questa situazione?

R: Contro tantissimi, pro molto pochi.

Forse perché per natura sono una persona che svicola dagli obblighi e dai ricatti morali e per le influenze esterne ho anticorpi molto combattivi.

La lontananza dalla mia famiglia mi pesa molto, da quando sono mamma. C’è la fatica enorme di fare tutto da sola, senza mai stacchi, e finisce che anche se dai il massimo la stanchezza ti rende una mamma peggiore di quello che potresti essere.

Non ho avuto rotture di scatole da parte di parenti impiccioni, è vero. Ma non ho avuto nemmeno quel supporto naturale e spontaneo basato sulla quotidianità, e i momenti difficili che abbiamo avuto come genitori lo sono stati di più perché eravamo soli.

Ho capito così che un figlio ha bisogno in primis di sua madre, ma la mamma ha bisogno di un “villaggio” che cresca con lei e con il bambino!

D: Mi farebbe piacere che ci parlassi di STUDIO83, un gioiellino di onestà e competenza nello sfrontato mondo dell’Editing.

R: Ho fondato Studio83 nel 2007 insieme alla mia più cara amica Elena Di Fazio, con cui avevo  e ho in comune gli interessi, le passioni, gli studi e anche la voglia di agire.

Studio83 è nata come associazione culturale, per portare un po’ di onestà e competenza nel mondo della critica letteraria, e per aiutare gli autori alle prime armi a non perdersi nella delusione e nei tanti imbrogli del settore. Con il tempo e con l’esperienza si è evoluta diventando una agenzia di servizi letterari dedicata in particolar modo alla pubblicazione professionale indipendente.

La sostanza non cambia: con noi gli autori hanno un affiancamento serio e rispettoso a qualsiasi livello, dal servizio base più economico al pacchetto articolato di servizi. Siamo editor indipendenti decise ad aiutare gli autori a sviluppare il loro stile, a percorrere con più sicurezza la strada espressiva ed editoriale e a diventare gli scrittori che vogliono essere.

D: Un desiderio per il 2015 appena iniziato?

R: Di desideri ne ho tanti,  per indole li trasformo subito in piani operativi. Quindi posso dirti che ho dei progetti, uno dei quali riguarda la stesura di un saggio di scrittura che ha un approccio nuovo in Italia, e che spero di terminare seguendo le tappe che mi sono data.

D: Giulia, consiglia tre libri alle tue figlie.

Ci sono dei libri che adoro e che non lascerò mai, ma mi rendo conto che se ciò avviene è perché quei libri sono giusti per me e per il momento in cui mi trovo quando li leggo. Spero che anche le mie figlie troveranno libri giusti per loro al momento giusto, io cercherò solo di incoraggiarle a cercare.

Al di là dei miei gusti e del mio percorso personale, penso quindi a dei testi che, quando saranno più grandi, proporrò loro per partire da lì e vedere dove si va insieme.

Il primo, che potrebbe essere anche il più vicino nel tempo, è un piccolo romanzo di Ray Bradbury, “L’albero di Halloween”. I superficiali lo definirebbero un libro horror, io lo trovo uno splendido viaggio nella dimensione della morte, un viaggio a misura di bambino che ha tanto da dare anche ai grandi. Coincidenza, me lo ha regalato mio padre.

Il secondo è “Le parole sono finestre (oppure muri)” un saggio di Marshall Rosenberg che esplora i nostri modi di parlarci e di comunicare e ci regala, se la accettiamo, una marcia in più sulla strada verso la libertà, la pace interiore e l’autodeterminazione. Coincidenza, me lo ha passato mia madre.

Il terzo è roba mia: “Cibi per la salute”, un manualone sul cibo, sulle sue proprietà alimentari e curative, sugli abbinamenti, le cotture, le preparazioni. Lo sfoglio molto spesso (la mia grande lo osserva già con curioso rispetto) e mi aiuta a capire meglio cosa, come e quando cucinarlo.

Perché non si vive di sola letteratura!

Grazie per il confronto. Le tue domande mi hanno fatto pensare.

       Grazie amica mia per avermi dedicato del tempo. Le tue risposte mi hanno fatto pensare.


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