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Jackson Browne > Standing On The Breach

Creato il 16 ottobre 2014 da Zambo
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Ci sono state alcune uscite straordinarie in questo piovoso autunno di un anno piovoso. Uno è questo Jackson Browne in piedi sulla breccia. L'altro è il doppio di Lucinda Williams. Assieme al disco di Roger Daltrey e Wilko Johnson che rievoca tutta una vita ed una carriera in musica nelle parole terribilmente malinconiche "tornando a casa", si tratta di niente meno che un tris di capolavori del rock di ogni tempo.
Jackson Browne ha raggiunto lo zenit creativo molto tempo fa, negli anni buoni, fra il 1974 di Late For The Sky (in ritardo per il cielo) ed il 1977 delle cartoline on the road di Running On Empty (correndo in riserva), passando per la title track di un The Pretender (il bugiardo) dal suono troppo lucidato dalla produzione di Jon Landau. Dopo il successo mondiale di Stay, basta.
Per cui è con stupore che si accoglie una lavoro di "sana e solida" poesia (come direbbe Carlo Massarini, suo grande fan ed evangelista ai tempi) di questa caratura.
Standing On The Breach non è il cantante sul versante del declino che realizza con professionalità un lavoro pregevole sperando nelle classifiche, ma è il poeta che canta il suo rovello, i pensieri che gli torturano l'anima.
In qualche modo si rievocano i climi cupi, lenti, malinconici, sul confine della disperazione di Late For The Sky: la luce fioca di una candela in un oscurità che tutto avvolge. Jackson Browne è l'uomo che a 65 anni, sorpreso, stupito, incredulo, in piedi sulla breccia che si interroga su cosa è successo al mondo che lo circonda e che non riconosce in quello in cui credeva da giovane: politica, amore, speranze.
Come non riconoscere sé stessi nel suo stupore?
Le melodie sono dolcissime, accattivanti, malinconiche ma robuste, al punto di evocare (alle mie orecchie) qua e la la poetica del mai abbastanza rimpianto Warren Zevon, che di Browne fu apprendista. Dieci lunghe canzoni per un disco di un'ora che è lo spell di una magia che credevamo perduta. Non un filler, non una nota inutile. Bellissima fra le tante la ballata country su un testo di Woody Guthrie.
La forza non è ancora scomparsa da questo mondo. Non fatevi scappare questo disco.

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