Magazine Diario personale

Janne Teller – Niente

Creato il 13 novembre 2014 da Povna @povna

Ancora una volta, la settimana caracolla velocissima. La ‘povna arriva alla vigilia del venerdì con un bel bottino di verifiche, dopo aver vissuto sulla sua schiena le deliranti storture del sistema che ha già detto, e con la prospettiva di un mese, quello prossimo, che sarà sul filo del rasoio, sempre. Ma anche con la soddisfazione di avere definito un po’ di questioni organizzative con Mafalda e con Esagono, la prospettiva di un rutilante cambio mondi sul finire di dicembre (che le regalerà parecchie soddisfazioni, è prevedibile) e, più nell’immediato, la prospettiva di un fine settimana assai carino. Si comincia domani, quando, dopo la scuola e la piscina, se ne andrà nella città della stazione nota insieme all’Ingegnera Tosta, per un pomeriggio al museo insieme a sua figlia Gamma e loro – che si sono ritagliate il momento e gran fatica, nel mare degli impegni – entrambe non vedono già l’ora.
Si continua sabato: scuola e piscina, ovviamente, e poi, nell’ordine, un aperitivo con l’Anziana di Ginevra, L. e G. (lo Storico Saggio è in trasferta) e una cena con gli amici vicini e con la Scurza, che inaugura la sua casa nuova. Ce ne è per divertirsi, e anche parecchio. E per questo la ‘povna ha dovuto fare, negli altri giorni, una e una sola cosa, e cioè portarsi avanti. Per fortuna che, di solito, non le riesce troppo male. Il tempo della lettura è dunque confinato al treno, fatalmente. Ma avanza. Così, negli ultimi tempi, la ‘povna ha stempiato una serie senza particolare lode di gialletti (che ha continuato a leggere per l’ambientazione milanese, che la affascina), iniziato un saggio su cui il giudizio per ora resta ambiguo (così come sul suo autore, va detto), e concluso un romanzo da linea d’ombra (in inglese lo dicono: coming of age, ed è la definizione giusta, perché “di formazione” è insieme poco, e troppo) davvero molto significativo. Si tratta di Niente, della danese Janne Teller, che le ha consigliato, quasi per caso, l’Amica Vicina e che la ‘povna ha preso e finito in un paio di giorni, ricavandone una lettura (forse) per le Giovani Marmotte, un testo in più per il suo lavoro di ricerca e parecchio materiale, in genere, su cui meditare. Non è una scoperta da talent scout, intendiamoci: la ‘povna arriva buona ultima dopo che ne hanno fatto, anche in Italia, recensioni importanti (per esempio questa). Tuttavia vale la pena di guardare a questa narrazione – che per lunghezza è abbastanza breve da essere a tutti gli effetti una novella (del resto Stand By Me sta lì a fare, ben evidente, da modello) – con attenzione accorta. Ambientata in una cittadina danese, la storia vede un gruppo di pari come collettivo protagonista. Si parte con una citazione dal Barone rampante: all’inizio del nuovo anno scolastico un alunno, Pierre Anthon, decide di salire su un susino, senza mai più scendere. Se la protesta di Cosimo Piovasco, però, aveva una radice profondamente laica, e illuminista, e lo conduce a una integrazione da una prospettiva diversa, certo, ma ugualmente produttiva (e quanto) con la comunità di appartenenza, l’atto di Pierre Anthon, viceversa, si configura subito (come ben dice la voce narrante di Agnes, una dei ragazzi del gruppo) come un atto solo rinunciatario e nichilista. Cosimo sale sull’albero per trovare (e dare) a tutto (i rapporti familiari, la società, la storia) un nuovo senso (cosa che gli riuscirà egregiamente), Pierre Anthon si arrampica sul susino per sostenere, viceversa, la mancanza attiva di quello stesso significato, a tutto campo, denunciando la vita degli adulti (conniventi e consapevoli) come mero teatrino di vuote convenzioni. Per il gruppo degli (ex) amici, per i quali l’orologio del tempo ticchetta inesorabile (e qui i riferimenti a Peter Pan, ma anche a un classico della letteratura scandinava come Pippi Calzelunghe sono evidenti, per quanto sotto traccia), e verrà presto dunque il tempo di entrare, volenti o nolenti, nella vita adulta, la scelta si polarizza: o accettare di morire un po’, per poter vivere, negando il cammino adolescenziale che porta a uscire dall’infanzia (come avviene con il personaggio-mito reinventato da James Barrie, o, in maniera paradossale, al termine del libro di Astrid Lindgren), oppure opporsi all’affermazione agita, prima ancora che proclamata, dal compagno, opponendovisi con ogni mezzo, per dimostrare che crescere si può accettare senza elaborazione del lutto, intraprendendo volontariamente il proprio cammino adolescenziale. Nasce così la decisione di creare una “catasta del significato”, per opporre – azione vs azione, cosa vs cosa – a quelli di Pierre altre parole e altri gesti. E così il gruppo di pari, crudele, eppure spietatamente coerente, si sfiderà a deporre nel mucchio, uno alla volta, ciò che ciascuno ha di più caro. Si innesca un meccanismo di sfida, cui nessuno può, sa o vuole sottrarsi, che involverà in una spirale perversa di violenza, che appare solo – così come tutto ciò che è frutto della logica, insieme fanatica e purissima, dell’adolescenza – ovvia. Nel mezzo (ma la scelta del narratore tra pari, con facile artificio narrativo, ovviamente lo permette), latitano gli adulti, e i ragazzi appaiono sempre più come la comunità auto(?)regolamentata del Signore delle mosche. Fino a che il punto di rottura non sarà raggiunto, gli adulti saranno costretti a rientrare in gioco (anche se per poco), brutalmente, e poi una strana, eppure di nuovo coerentissima forma di catarsi arriverà potente a chiudere il sipario.
La ‘povna non dice di più, ché già così è fin troppo. Aggiunge che, come molti romanzi contemporanei (seconda metà del Novecento abbondante, verrebbe da dire postmoderni: Stand By Me l’ha già citato, ma bisogna almeno aggiungere Fuhrman, la Susani di cui ha già parlato, Lansdale i Bambini bonsai di Zanotti – giusto per limitarsi ai più ovvi e pescare pure in casa italica.), la morte sembra essere una risorsa necessaria, di fronte a un futuro che sembra porre la rinuncia a crescere quasi come un comando, e non una alternativa di scelta. E anche che, proprio per queste tematiche estreme, eppure così necessarie, e primarie, se si possono sprecare due aggettivi forti, sta meditando lungamente su fare cadere la storia sopra la crisi in arrivo delle Giovani Marmotte. E se la sente pure di consigliarlo, almeno per una lettura preventiva (e poi, magari, ai suoi alunni), alla blog-amica Murasaki.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :