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“JOBS”. Il più famoso passaggio dal garage di casa alla Silicon Valley

Creato il 14 novembre 2014 da Thefreak @TheFreak_ITA

Il nome di Ashton Kutcher è probabilmente riconducibile solo al classico protagonista delle commedie americane degli ultimi dieci anni, uscito dalla sit-com “That’s 70’s show”.
Il nome di Steve Jobs, invece, fa pensare solo a qualsiasi cosa. Un genio, un visionario, un mito, un pazzo, un personaggio osannato dalla sua community di fanatici Apple, rispettato e forse anche temuto dal suo team e dai chi lo conosceva veramente.

Cos’hanno in comune questi due soggetti apparentemente lontani anni luce? Il fatto che la giovane star di Hollywood sia stata chiamato ad interpretare il simbolo dell’evoluzione tecnologica degli ultimi trent’anni nella pellicola biografica del 2013 “Jobs”, diretta da Joshua Michael Stern e trasmessa recentemente da Sky Cinema in occasione del terzo anniversario della morte del grande Steve.

Al 24esimo minuto del film, mentre Steve è in macchina con il suo compagno Steve Wozniak, futuro co-fondatore dell’azienda, e si stanno dirigendo all’Homebrew Computer Club, convention informatica tenuta a Stanford, per presentare la loro idea, i due cercano di trovare un nome che contraddistingua il prodotto e Steve dice: “deve essere un nome che la gente può riconoscere, qualcosa che quando la vedi dici “cavolo la devo avere…Apple!, come il frutto della conoscenza, semplice ma sofisticato”. Non sapremo mai, forse, se questa scena sia veramente accaduta, ma quel che è certo è che Steve sia pienamente riuscito nel suo intento del 1974. E’ così che nasce la Apple Computers.

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Raccontare la figura di Steve Jobs non sarebbe stato facile e non a caso le critiche sono piovute da tutti i fronti, additando il film come superficiale, privo di un approfondimento psicologico, volto a mitizzare il compianto Steve più da un punto di vista del pubblico che da quello della realtà.
Critiche mosse a Kutcher in primis. E’ difficile vedere il ragazzo simbolo delle adolescenti nei panni di un genio dei nostri tempi, ma in realtà Ashton si è messo alla prova, ed è riuscito a dargli volto non solo fisicamente, con quella impeccabile andatura ciondolante che lo rendeva unico, ma anche trasmettendo al pubblico il lato più folle, eccessivo a trasgressivo di Steve: uno per il quale era difficile lavorare per gli altri, fare gioco di squadra, uno il cui unico scopo era portare avanti un sogno senza pensare alle conseguenze. Un personal home computer, “il primo tutto in uno”.

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Dopo aver capito che da solo non può farcela, Steve ci circonda di qualche supporter, mette su quella che oggi chiameremmo una start-up nel garage di casa e inizia la disperata ricerca di investitori. Finché non ne trova uno e il successo arriva, finendo per allontanarlo dagli amici, dagli affetti, e addirittura a fargli rinnegare una figlia.
Negli anni 80 lo vediamo nel pieno delle attività a Cupertino. Ma Il suo comportamento inaffidabile ed eccentrico lo porta ad essere allontanato dal suo progetto, l’Apple Lisa, e, in seguito, dalla Apple stessa che lui aveva fondato.

Nel 1996, dopo aver ripreso le redini della sua vita privata e aver dato vita ad una nuova impresa, la NeXt, Apple decide di riprenderlo con sé, prima come consulente e poi come CEO.

Il film ha volutamente scatenato a tratti critiche e fastidi, a tratti riflessioni e ammirazione. Che voi siate degli Apple addicted, dei Linux nerd o degli intramontabili sostenitori di Windows questo film va visto per dare merito ai cambiamenti tecnologici e culturali che Steve ha portato in termini di entertainment e smart technology. Nonostante il racconto si fermi solo al lancio dell’iPod avvenuto nel 2001, ci piace aggiungere anche un breve cammeo del suo celebre discorso tenuto agli studenti di Stanford nel Giugno del 2005: oltre al ben noto: “stay hungry, stay foolish”, “always remember to believe in something”. E’ una frase retorica che chissà quante volte ci hanno detto, ma forse ascoltarla dal fondatore di Apple fa tutto un altro effetto.

A cura di Chiara De Dominicis.


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