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José Maria Pires /Un Concilio ancora da attualizzare /E uno sprone arriva dal Brasile

Creato il 13 ottobre 2012 da Marianna06

 

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Cari amici, sappiamo tutti che il Brasile è terra anche di afro-americani, che molto nel cuore e nelle proprie tradizioni culturali  hanno conservato della loro terra d’origine.

E questo anche dopo il trascorrere di parecchie generazioni.

Josè Maria Pires è una di queste persone appunto, con ascendenti africani e zingari ma, al tempo stesso,è stato pure uno dei più giovani vescovi brasiliani, che abbia partecipato, a Roma, al Concilio Vaticano II, nei lontani anni 1962-1965.

Oggi l’uomo, che ha ben 93 anni, è un testimone vivente di quella rivoluzione “copernicana” per  la Chiesa che, dopo cinquant’anni, è  nei suoi documenti ancora oggetto di rivisitazione , perché ciascuno,in un mondo che privilegia il sincretismo religioso oppure il modernismo laico tout court, possa riuscire a saper  vivere con fedeltà, in una dimensione tanto personale che comunitaria  e, soprattutto, a saper comunicare con efficacia agli altri la propria “fede” in Cristo Gesù.

 E mi riferisco all’impegno richiesto dell’ultimissimo Sinodo dei vescovi, in corso a Roma in questi giorni, per la “Nuova Evangelizzazione”,all'interno dell’Anno della Fede (2012-2013).

Ma parlare dell’arcivescovo José Maria Pires, trent’anni nella diocesi di Paraìba (’65-’95), amico di Hélder Camara, attualmente anziano parroco nel suo paese natìo di Còrregos, nello  stato minerario di Minas Gerais, è principalmente l’occasione per suggerire a chi ne avesse interesse un libro ( “Il Concilio della nostra gente” ,edito da Mazziana).

Un testo agevole per tutti,un centinaio di pagine,  realizzato anche  attraverso alcune interviste rilasciate su tutti quegli argomenti, che hanno caratterizzato il tessuto connettivo dell’episcopato e,poi particolarmente, la vita pastorale del “nostro” prete afro-brasiliano.

Egli, dom José Maria, non ha avuto mai, infatti, esitazione nel “suo” Brasile  a fare quella che si definisce la “scelta preferenziale dei poveri” in quel nord-est poverissimo, di cui tutti sappiamo almeno per sentito dire qualche volta.

 E poi politicamente, non ha esitato contro la dittatura militare, quando è stato il momento, a schierarsi dalla parte dei senza- terra o degli abitanti delle favele, nei contesti urbani.

In seguito,a riprova delle sue forti e profonde convinzioni, e proprio nella sua arcidiocesi, è nato subito  il primo Centro di difesa dei diritti umani dell’America latina.

Altro impegno notevole è stato pure quello d’inserire nello sconfinato mondo rurale brasiliano suore, religiosi e preti, preparandoli con serietà e coscienza dell’impresa al loro compito non certo facile. E la stessa cosa è stato fatto per il personale ,che doveva affrontare contesti di emarginazione urbana.

Ultimamente,con le sue pubblicazioni e le sue conferenze, dom José Maria è uno sprone per tutti, in Brasile e fuori del Brasile perché, quanto dei contenuti del Vaticano II non è stato ancora affrontato e discusso, lo sia attualmente e senza timori.

E di argomenti ce ne sono ancora tanti dall’ordinazione dei “viri probati” sposati al riconoscimento, ad esempio, dei ministeri svolti dalle donne nella Chiesa.

Diciamo che la lettura de “Il Concilio della nostra gente” di José Maria Pires può costituire l’occasione per una riflessione tanto sulla portata di ciò che è stato il Vaticano II e di cui molti, specie i giovani e giovanissimi,oggi non sanno assolutamente niente, quanto per confrontare come determinati contenuti siano stati recepiti in un contesto diversissimo dal nostro come quello latino-americano del Brasile, che è per dimensioni e numero e provenienza di abitanti un autentico continente più che uno stato.

E ancora è l’opportunità per poter osservare quei semi gettati,a suo tempo, nel terreno di  coltura di là, che non è il nostro, quali e quanti frutti  hanno dato o quali e quanti ancora ne potranno dare.

Insomma leggere, in questo caso, sarà un po’ quasi come guardarsi allo specchio,guardando gli altri.

E lo dico perché l’Europa o l’Italia non è il Brasile.

 

   a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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