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Just a perfect day (finale con brio)

Da Bartel
Just a perfect day (finale con brio)Che bella la primavera  a Gerusalemme! Un rondone fa colazione nell'aria fresca del mattino e mi informa della sua contentezza con una voce stridula. Scendo verso il campo e in lontananza vedo la cupola d'oro che comincia a splendere nel silenzio  e in questa luce penso che questo posto sia meraviglioso se dimentichi per un attimo che questa è in realtà una zona di guerra ed odio tra gente che prega lo stesso Dio, ma lo chiama con nomi differenti. Assurdo per uno come me che viene dall'Occidente senza Dio. Assurdo che io cerchi Dio tra le pietre morte di palazzi e case morte dove trovo scritte in lingue morte. Troppa morte in giro e poi una mattina ti svegli in questa aria frizzante e ti viene da fischiettare e camminare con le mani in tasca.
 Just a perfect day...I'm glad I spent with you...mmm...mmm...mmm...just a perfect day...you make me  forgot myself...mmm...
A quest'ora chi ci sarà al campo? Julian, bravo ma irritante...Elisabeth...Elisabeth con le lentiggini e già piegata a scavare nell'ultima casa che abbiamo scoperto e quasi completamente disseppellito. Questa è la terza nell'ultimo anno, non mi faccio più illusioni sul fatto che si possa trovare chissà quale sorpresa...solo polvere e pezzi di vasi rotti...nessuna scritta, nessun rotolo, niente...anche nell'antichità vi erano luoghi senza senso come  sale d'attesa di aereoporti di provincia o parcheggi dei supermercati. Tutto vuoto, magari utile, ma vuoto e cosi qui, in quello che doveva essere un quartiere di gente strana, probabilmente forestieri, probabilmente  di passaggio nella Gerusalemme del X secolo prima di Cristo. Potevano essere artigiani, o mercanti, di sicuro non lavoravano qui, sembra un piccolo quartiere residenziale, nessuna bottega, nessun laboratorio, una sorta di dormitorio...magari tra un pò salterà fuori qualcosa...speriamo....magari oggi Elisabeth, la bella Elisabeth...ma devo stare buono...ho troppi capelli grigi e rischio brutte figure e poi mi farei pena...il Professore e la studentessa...certo quanto ti passa accanto con il suo profumo fresco e quella coda alta di capelli biondi e quelle curve sotto la tela dei pantaloni da lavoro e ...e il suo sorriso... la pelle abbronzata...basta, basta! Ho detto basta...guarda piuttosto dove metti i piedi!"
Il Professor Santandrea scende svelto il ripido sentiero che porta all'ultima parte degli scavi nei pressi dei pozzi di El Gib, dove, secondo il Libro dei Re, Salomone in sogno chiese al Signore il dono della sapienza.
 Alcuni operai lo salutano mentre passa fischiettando. Gli operai, tutti arabi delle vicinanze, sono al lavoro già da un'ora. La pancia prominente del Professore sballonzola mente saltella verso la casa 134, lo scavo dove ha intravisto l'ondeggiare biondo dei capelli di  Elisabeth, la sua dottoranda inglese, brava quanto bella e tanto, ma tanto irraggiungibile.
"Ciao Eli...". La ragazza  è inginocchiata vicino ad una pietra d'angolo di un muro di sostegno mezzo crollato e sta freneticamente lavorando a disseppellire qualcosa. Non risponde e non si volta nemmeno. Il professore intuisce il perchè di quei movimenti rapidi e decisi. Li sotto c'è qualcosa, anche se quello non è il modo di scavare di un archeologo...ah, i giovani! "Elisabeth! Che c'è? Che hai trovato?" Il professore si inginocchia accanto alla ragazza, preoccupato che possa rovinare qualche reperto che si trova lì, in una piccola fossa che doveva essere nascosta da quel coperchio di pietra triangolare con un disegno particolare inciso sopra...sembrano due serpendi annodati.... Si, c'è qualcosa! Le mani dei due si incrociano in una gara di velocità, il Professore è più abile ed esperto, vince ed tra le sue mani si materializza una piccola anfora di una quarantina di centimetri d'altezza, senza manici, chiusa da un tappo di cera. Sull'anfora si nota in rosso la stessa figura del coperchio triangolare, due serpenti che si incrociano, una due...cinque... sette volte.
Il professore e la ragazza si guardano per un attimo in silenzio. Lo sguardo della ragazza è duro, freddo. Il professore ne resta stupito, ma l'anfora tra le mani lo richiama. Lui ne pulisci rapidamente il resto della superficie e vede una piccola scritta in aramaico, una parola, un nome forse: Hiram.
"Eli, Eli, ma ti rendi conto?! Hiram, il costruttore del Tempio, Hiram è esistito ...è un reperto incredibile ...presto andiamo a ..."
La voce gli si è affievolita in gola quando ha visto la mano di Elisabeth allungarsi sul suo volto per accarezzarlo. Poi si è zittito completamente, anzi ha smesso di respirare quando l'altra mano della splendida ragazza inginocchiata accanto si è posata come una farfalla sul suo collo. Il professore pensa in un angolo periferico della sua mente che a volte la vita riserva alcune sorprese cosi incredibili...il fascino dell'esperienza, l'emozione del momento...e si osserva mentre la ragazza ad occhi chiusi si avvicina con le labbra pronte...poi accade.
La mano destra della ragazza sollva la mandibola dell'uomo e la ruota, gli spezza il collo con rapida ferocia. L'ultimo pensiero del professore è "Ahia!". l'anfora cade, ma prima che tocchi terra Elisabeth l'afferra, metre il corpo del professore con gli occhi aperti cade indietro lentamente ed urta il muro di pietre che nascondeva tutta la scena.
Elisabeth si alza, nasconde l'anfora e  il coperchio nel suo zaino, allunga le gambe dell'uomo, si inginocchia al lato della sua testa, la solleva e con forza la sbatte due, tre volte sulle pietre aguzze, poi si alza e comincia ad urlare verso gli operai: "Aiuto aiuto...il professore è caduto...aiuto!!!!"
   ***
L'uomo seduto dietro la scrivania estrae dalla tasca un accendino color argento, si accende una sigaretta e aspira con avidità la prima boccata. Guarda la giovane bionda in piedi e le sorride rilassandosi nella poltrona in pelle scura. Sorride e le rughe agli angoli dei suoi occhi diventano piccole ferite.
"Lei ha fatto un buon lavoro agente...mi creda, un ottimo lavoro...mi spiace per il Professore, un brav'uomo, un pò maldestro, una caduta prima o poi era imnevitabile...può andare ora, torni al suo Dipartimento e si dimentichi questa storia. Stia tranquilla che comunque io non mi dimenticherò di lei...arrivederci."
La ragazza non sorride, si volta, apre la porta massiccia ed esce dalla stanza. Ha appena salito un altro gradino della sua personale scala del successo. lo ha fatto passando sul collo del Porfessor Santandrea. Un piccolo sacrificio.
L'uomo nella stanza fuma rilassato. Ha tra le mani un documento che vale moltissimo. Lo venderà a caro prezzo o lo distruggerà a carissimo prezzo. Comunque ci guadagnerà tanto. Sulla scrivania tra l'anfora e il coperchio triangolare c'è una pergamena protezza da una strana busta in plastica trasparente collegata ad un valcola bianca. La pergamena ha più di tremila anni, ma è conservata perfettamente e attraverso la plastica le scritte in aramaico spiccano nere e vive. L'uomo rilegge ancora a voce alta:
"Io Joachim, figlio di Hiram, il costruttore del Tempio dell'Altissimo, lascio queste parole ai figli dei figli della promessa delle stelle.
La grande opera non è compiuta a causa del male, la punizione si abbatte su Gerusalemme e sulla sua gente perchè un uomo giusto è stato sacrificato come un agnello nel Tempio.
Il ponte tra l'Altissimo e gli uomini è interrotto.
Mio padre Hiram è morto e con lui i segreti della Parola, ma non la Parola, che ancora echeggia e vibra in questo mondo e gli dà forma e sostanza.
Verranno uomini che ascolteranno, verranno uomini che sentiranno l'eco della parola nei loro cuori, verranno uomini che guarderanno il cielo con occhi puri e capiranno e parleranno la lingua di Dio e l'Altissimo parlerà ancora con loro.
A questi uomini io dico di guardare nel fondo della loro anima per innalzare il loro spirito.
Cercando nella terra troveranno ciò che serve per ascoltare la Parola.
Guardando il cielo scopriranno la terra e potranno costruire il ponte per l'Altissimo. Loro sarà il potere che viene dall'Altissimo e le pietre e l'acqua e il fuoco e l'aria obbediranno alla loro volontà.
Così è stato promesso, cosi sarà  per noi che siamo figli della promessa dell'Altissimo e dei suoi messaggeri che abitavano tra noi insegnandoci la via della pace e della conoscenza che scende dall'alto e dal basso risale."
Il telefono sulla scrivania squilla. L'uomo alza il ricevitore: Sorride ancora ascoltando la voce dall'altro capo del telefono: "Si signore, è esattamente quello che ci aspettavamo...no, nessun problema...certo, non si preoccupi...grazie signore....A presto".
L'uomo seduto abbassa il ricevitore e si chiede quanta gente al mondo creda a quelle stupidagini e quanti imbecilli camminino per le strade di quella città e di tutte le città per cui si muore. Ma anche questa volta ce l'ha fatta. Nessun Hiram, nessuna promessa, nessun potere per i piccoli uomini persi dietro le guerre e i soldi ed il potere. Va tutto bene.

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