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Ka mate, ka ora

Creato il 18 settembre 2011 da Ghlucio @ghlucio

Un ringaziamento agli organizzatori della Rugby World Cup 2011 ma non solo per questo....
Ka mate, ka ora
...ma anche per quello che fecero una  mattina di pioggia a Cassino nel 1944. I  guerrieri maori si sono disposti in semicerchio, secondo la tradizione. Hanno cominciato a gonfiare le guance come rospi, a strabuzzare gli occhi. A sbuffare, emettendo dei gemiti inquietanti. A contorcere il viso in un delirio di espressioni indemoniate, mostrando la lingua ed entrando in una sorta di trance. E tutto è cominciato. Un urlo: «Ka mate, ka ora» («è la morte, è la vita»). All´unisono si sono battuti il petto, hanno piegato le gambe e picchiato i piedi per terra, stretto i pugni, contratto i muscoli. Hanno alzato le braccia verso il cielo, invocando i loro idoli prima di un´altra battaglia. Era la haka, la danza di guerra resa celebre in tutto il mondo dagli All Blacks, i giocatori di rugby neozelandesi. Era la prima volta che veniva eseguita in Italia. . Terminato il rito, i guerrieri hanno imbracciato i fucili con le baionette e risalito il colle, sulle macerie di Cassino. Incuranti delle cannonate dei tank della Decima armata tedesca.
«Datemi il Battaglione Maori, e vincerò la guerra», confessava Erwin Rommel, la Volpe del deserto, il generale comandante dell´Afrika Korps nazista. Sbalordito e affascinato dal coraggio, dall´orgoglio e dalla straordinaria attitudine alla lotta di questi uomini. Nati per combattere, come sanno bene gli appassionati di sport e in particolare di palla ovale. Indomabili e avventurosi. Giunti per primi dalla Polinesia alle isole della Nuova Zelanda, l´ultima terra emersa, meno di un migliaio d´anni fa. Sbarcati dopo una traversata infinita, settimane in mare a bordo di canoe con le sole stelle a tracciare la rotta. Viaggio e battaglia. Pronti già a scendere in campo in Europa nella Prima guerra mondiale come cittadini britannici a fianco dei pakeha, i neozelandesi bianchi, quelli che nell´Ottocento si stabilirono nelle loro terre e con cui l´atavica diffidenza - dicono - non sia mai stata risolta. Nel secondo conflitto furono i capi tribù a spingere perché il governo di Wellington istituisse un corpo speciale di fanteria composto solo da nativi: il Ventottesimo Battaglione, ribattezzato il Battaglione Maori, aggregato alla Seconda divisione neozelandese e schierato per sei anni con le forze alleate su diversi fronti, dall´Inghilterra alla Grecia, dalla Tunisia all´Egitto. All´Italia. Dal 1940 al 1946, tremilaseicento uomini provenienti da regioni e centri dai nomi evocativi come Tairawhiti, Waikato, Rotorua, Maniapoto.
La leggenda del Battaglione Maori è raccontata  da un libro, Nga Tama Toa: The Prize of Citizenship (I guerrieri: il prezzo della cittadinanza) che raccoglie fotografie e testimonianze dei protagonisti di allora e in Nuova Zelanda ha un eccezionale e comprensibile successo, perché questo è un pezzo di storia di una delle più giovani nazioni del mondo. Anche un pezzo della nostra storia, se è vero che due lunghi capitoli sono dedicati alla campagna d´Italia. Cominciata il 22 ottobre del 1943 con lo sbarco a Taranto, dopo i primi anni passati prima ad addestrarsi tra Folkestone e Dover, poi in Grecia, dalle Termopili a Creta, in Egitto ad El Alamein e Marsa Matrouth (247 italiani fatti prigionieri), e ancora Takrouna in Tunisia. I guerrieri maori risalgono la penisola con gli Alleati, quattrocento chilometri per raggiungere l´Ottava armata e sfondare la linea Gustav.
Montecassino, la seconda battaglia del 17 febbraio per conquistare la stazione ferroviaria. Il capitano Matarehua Wikiriwhi, quello che dicono guidasse la haka e che alla fine avrà una gamba amputata (quando tutto sarà finito tornerà a casa dal capo tribù, Takarua Tamarau, per dirgli che suo figlio Hori gli aveva salvato la vita proteggendolo col corpo dal fuoco nemico), che chiede ai suoi uomini di tornare indietro - «Non possiamo combattere i carrarmati con le baionette» - ma quelli non vogliono sentire ragioni. La terza e la quarta battaglia. La vittoria finale, a un prezzo altissimo: 340 uomini del battaglione muoiono, altri milleduecento rimangono feriti. Il sacrificio e la prova di coraggio dei maori, la loro determinazione nei combattimenti corpo a corpo, risultano decisive. I militari dopo tanti mesi si concedono il primo hangi, il pranzo tradizionale, carne e tuberi stufati.Fonte: MASSIMO CALANDRI - la Repubblica | 18 Settembre 
Ka mate, ka ora
"Ka Mate"

Leader: Ringa pakia!
Batti le mani contro le cosce!


Uma tiraha!
Sbuffa col petto.


Turi whatia!
Piega le ginocchia!


Hope whai ake!
Lascia che i fianchi li seguano!


Waewae takahia kia kino!
Pesta i piedi più forte che puoi!

Leader: Ka mate, ka mate
È la morte, È la morte!

Squadra: Ka ora' Ka ora'
È la vita, è la vita!

Leader: Ka mate, ka mate
È la morte, È la morte!

Squadra: Ka ora Ka ora "
È la vita, è la vita!

Tutti: Tēnei te tangata pūhuruhuru
Questo è l'uomo dai lunghi capelli


Nāna i tiki mai whakawhiti te rā
...è colui che ha fatto splendere il sole su di me!


A Upane! Ka Upane!
Ancora uno scalino, ancora uno scalino,


Upane Kaupane"
un altro fino in alto,


Whiti te rā,!
IL SOLE SPLENDE!


Hī!
Risata!



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