Magazine Diario personale

KABUL...un inferno per continuare a vivere. 1^parte

Da Posacostantino
KABUL...un inferno per continuare a vivere. 1^parteInvece di scrivere di giorno, scrivo di notte. Si sa che di notte il cielo è buio. Può sembrare buio, ma lassù, in fondo al tempo c’è il silenzio che parla di attimi. Racconta di ieri, di ricordi, di amori e di pianti. E poi, non è vero che è buio, s’illumina di stelle, come tutte le perle e le sberle di un tempo che fu. Affiorano d’infanzia i luoghi dove ho respirato. I muri dove, a volte, mi sono adirato e i volti di chi da sempre ho amato e parlato. La vita per gioco o dispetto, fa e disfa dei nodi: Prima completamente invasa dalla dimenticanza, poi prima di te morte, ha deciso di prendersi una pausa. Pensa ad altro. Pensa ai tanti pensieri che un tempo non davano tregua. Rocce granitiche grigie, come teatrini d’incanto dimenticato. Nidi tessili, fatti di parole, dove stanze senza pareti si protendono verso la tonalità, a volte calda, altre volte fredde del non è facile dimenticare. Mentre tutto intorno, tutto sembra essere lì per caso: le emozioni, come vecchie dimore in rovina, ridisegnate con pochi tratti che si presentano ad essere riciclate. Ma la luce non è rimasta sempre la stessa. Peccato che non abbia visto nel tempo il muro che non si lascia attraversare. Mentre la poesia, nata come una riflessione, si fonde con i sospesi, rimasti sospesi in un tempo indefinito. Sempre attesi, sempre cercati, incuranti degli impossibili. Mai piegati, mai evitati, mai indesiderati. Ormai ci siamo, le mie pagine hanno il sapore dei ricordi che si fondono negli attimi che accompagnano. Non voglio farsi dimenticare. Guizzano all’indietro verso certi momenti che commuovono. Verso un retaggio antico di pensieri forti che potrebbero sparire per sempre, seguendo percorsi inconsueti. E’ praticamente scritto nella pietra,: solo chi soffre di amnesie insegue il tempo fatto di risorse limitate. Lo incalza, stregato da un po’ di ansia; non poteva essere così. E poi la sensazione, anche lei mi dirà: devi ascoltare il cuore, come un tuono, portami a sognare. Anche lei mi dà la certezza di un po’ d’amore, lasciati trasportare. Ancora lei mi dirà: la risposta sta nei battiti del cuore e nella sua magia verso quel nostro futuro a tappe, fatto di piccole rughe intorno. Ancora lei mi dà, la sensazione di un brivido che non potrà mai lasciare la voglia di sognare. Esiste un legame tra quel che sembrava disperso in periferia e quel: ci sono tanti modi di essere così, come siamo sempre stati. E poi ancora l’immaginazione, quella che ieri ci vedeva come eroi, mentre la via disegnata e più volte ridisegnata, attraversa tante porte; alcune aperte, altre mai aperte. Quella via fatta di tanti incroci e tanti bivi senza indicazioni, lasciandoci liberi di decidere se andare di qua o di là. Liberi di scegliere e spesso di pagare se sbagliando, a volte, si va via. Liberi di accelerare o lasciarsi trasportare come il vento o aspettare un cambiamento. Se penso alle stagioni, agli amori, ai sogni dispersi come granelli di sabbia. A quelli realizzati, a quegli attimi vissuti con gioia e a quegli altri sofferti, increduli, imbevuti la lacrime e sangue. Quante parole mai dette. Quante altre appena sussurrate. Quanti no e a quanti forse, come quella panca di legno antico nel parco. A quelle parole incise nel tronco: “ Ti amerò sempre “.

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