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Katharine Hepburn: Stars of the Silver Screen

Creato il 13 novembre 2013 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

 

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In esclusiva su Sky arte le grandi stelle del cinema. Direttamente dai film classici che hanno fatto la storia del grande schermo scopriamo un’attrice dal carisma indimenticabile: il maschiaccio di Hollywood.

Nel mondo tutto glamour e apparenza di Hollywood, Katharine Hepburn, si distinse per intelligenza e sostanza. Un’attrice dalla bravura indiscussa e una leggenda fuori dagli schemi. È stata una delle stelle più longeve di Hollywood, la sua carriera è durata 60anni, ha ottenuto 12 candidature all’Oscar e ne ha vinti 4. Nel mondo del cinema ha lasciato un’impronta unica. La sua personalità è andata oltre lo schermo. È stata certamente la più grande attrice cinematografica mai esistita: possedeva una raffinata bellezza, unita ad una grazia e ad un’eleganza innate,  era decisamente colta, con un carattere libero e indipendente,  dotata di una spigliata ironia e un grande senso dello humour. Ha dominato per ben mezzo secolo un esercito di agguerrite, anche se non sempre a ragione, concorrenti.

Nasce nel maggio del 1907  a Hartfort (Connecticut – USA), il padre è medico, la madre, una femminista convinta. Cresce in una famiglia ricca, dall’orientamento liberale. Arriva a Hollywood e non si affida al glamour, risponde per le rime e non sopporta gli stupidi. È l’antitesi dell’attrice degli studios. Debutta con “Febbre di vivere” nel 1932 e da quel momento interpreta tante donne, femministe, personaggi forti, donne così, il cinema non le aveva mai mostate.

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Infrange tutti gli stereotipi. Non ha lo stile consueto delle star. Si comporta come un maschiaccio. Dotata di un calore e di una classe che finirono comunque per soggiogare la platea. Un’attrice straordinaria che aveva imparato il mestiere grazie al teatro. Si guadagnò sul campo il personaggio di donna forte, tenace e anticonformista. Il suo terzo film, nel 1933 è “La gloria del mattino”. Ha 26 anni. Un successo che le valse il primo Oscar. In una carriera lunga 60anni girò solo 51 film. Si prendeva lunghe pause per scegliere i copioni più interessanti. Cercava il ruolo giusto, non adeguandosi a Hollywood.

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Interpreta Jo March, la vivace e ribelle scrittrice in Little Women (Piccole donne, 1933), di George Cukor. Dimostra di essere versatile e riceve critiche entusiaste. Una pellicola immortale basata su un classico della letteratura. Un ruolo ideale per la Hepburn.

Donna risoluta, romantica, uno spirito libero, questi gli elementi del suo mito. Schietta, pratica e non ama Hollywood.

Recita in Susanna nel ’38, accanto a un leopardo e a Cary Grant, una commedia frenetica e divertente. Molti pensavano fosse troppo rude, arrognate, femminista e decisa nel suo voler essere indipendente. A quell’epoca la cosa non veniva vista di buon occhio e questo le causò problemi. Hollywood le affibbiò il nomignolo di “veleno del botteghino”.

 Nel 1939 acquista i diritti di “Scandalo a Filadelfia” che nessuno voleva produrre e li rivendette a Hollywood. Fu un successo clamoroso che la vede superba protagonista. L’interpretazione è impeccabile, sofisticata, elegante e di grande stile, divertente, esuberante e determinata. La Hepburn adorava il botta e risposta con il protagonista maschile che spesso rimaneva stordito e in Scandalo a Filadelfia ne mette al tappeto due:  Cary Grant e James Stewart.

Aveva una parlata bizzarra che risultava un po’ altezzosa e tornava utile nei film che interpratava.  Ora il successo è alle stelle e può scegliere liberamente copioni e partner. All’apice della celebrità, nel 1942, gira “La donna del giorno” ed è su questo set che conosce Spencer Tracy, l’amore della sua vita. Tra loro scattò subito quel senso di appartenenza reciproca.

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Tracy è un alcolista, depresso e sposato. La loro rimarrà una relazione accettata ma adulterina. Inseparabili, fecero molti film di successo insieme. La loro fu una guerra tra i sessi molto sofisticata, un confronto alla pari. “La costola di Adamo” nel 1949, fu forse il più importante del sodalizio, un film ancora attuale e moderno. Insieme nella vita e sullo schermo, saranno l’immagine della coppia comune per antonomasia: l’uomo schietto e simpaticamente burbero, la donna emancipata quanto basta ma estremamente femminile.

Nella “Regina d’Africa”  di John Huston,  duetta con un grande Humphrey Bogart cinico e alcolizzato, durante la fuga sul lago Vittoria a bordo di uno scalcagnato battello, davanti all’avanzare delle truppe tedesche, dove troveranno anche il tempo di innamorarsi. È il film più famoso, quello che ha riscosso più successo. Una vera leggenda, tra i due attori si stabilì un’intesa perfetta. La Hepburn aveva il dono di esaltare le doti dei suoi colleghi.

Nel corso degli anni Spencer rimane a letto e lavora sempre meno. È malato. Nella loro ultima opera: “Indovina chi viene a cena” del 1967, vollero fare un film diverso dalla formula collaudata. Una coppia di coniugi progressisti (Hepburn e Tracy) viene messa in crisi dall’annuncio che la figlia ha come nuovo fidanzato un medico di colore. La pellicola ebbe una grande eco. Sdoganava l’idea che una donna bianca potesse sposare un uomo di colore. La Herpurn che amava le sfide, credeva fermamente in questa idea.

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Spencer Tracy muore, 17 giorno dopo la fine delle riprese. La Hepburn vince il suo secondo Oscar. Gli restò accanto fino alla fine. Svestì i panni della stella e indossò quelli dell’infermiera. Per lei contavano di più le cose durevoli non quelle effimere. Anteponeva la vita al cinema. Accettò la sua ritrosia di chiedere il divorzio alla moglie e si ritirò dalle scene pur di aiutare il compagno gravemente malato.

Nonostante il luttuoso avvenimento, il carattere forte e tenace della Hepburn fa sì che in breve riesca a superare il dolore, dedicandosi con più determinazione nel suo lavoro e nella sua sfolgorante carriera.
Anzi è proprio questo il periodo in cui dà il meglio di sè, sia come donna impegnata socialmente e politicamente, sia come artista dotata della straordinaria capacità di immedesimarsi nei suoi personaggi, cinematografici o teatrali che siano.

Si aggiudica così il terzo premio Oscar con il ruolo di Eleonora d’Aquitania, la moglie di Enrico II il Plantageneto, re d’Inghilterra, in ” Il leone d’inverno”. 

Con gli anni perfeziona la sua arte e gioca al meglio le carte della maturità, senza rimetterci sul piano del fascino. Nel 1975 si cimenta, per la prima volta nella sua carriera, in un film western, “Torna el Grinta”   con John Wayne che riprende il personaggio di successo dello sceriffo dai modi un po’ troppo spicci, qui impegnato nell’impresa di recuperare un carico d’armi trafugato da una banda, alla cui riuscita la Hepburn presta il suo determinante contributo.

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Rimase fedele a sè stessa tutta la vita. Film e ruoli cambiavano ma le qualità che possedeva e che incantavano il publico non si offuscarono mai. Affronta la vecchiaia con grazia e continua  a recitare. Vince il quarto Oscar con “Sul lago dorato”. Dopo 60anni faceva ancora, solo i film che la interessavano e alla fine si costruì la reputazione di una delle attrici più potenti di Hollywood. Fu il suo canto del cigno. Trascorse gli ultimi anni circondata dagli affetti e morì a 96 anni, nel 2003.  La sua personalità andò oltre lo schermo e questo la rese indimenticabile.

 


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