Il colosso centroasiatico risulta a tutt’oggi essere un paese in bilico tra speranze future e promesse non mantenute; promesse ben rappresentate dalla presidenza kazaka dell’OSCE (Organization for Security and Co-operation in Europe ) nel 2010. La sua posizione geografica ne fa un vero e proprio ponte tra est ed ovest, ma ne rende anche difficile la condotta politica, essendo incastrato tra Russia e Cina, e perdipiù inserito in un contesto turbolento come quello dell’Asia Centrale.
Si sono recentemente tenuti ad Astana una serie di incontri tra il presidente kazako, Nursultan Nazarbayev, e quello dell’Unione Europa, Barroso. In tale occasione si sono fatte dichiarazioni miranti alla firma, in un futuro prossimo, di accordi di partnership commerciale tra le due realtà. I rapporti tra Kazakistan ed Unione Europea dopo un iniziale successo seguito al crollo dell’Unione Sovietica, sono stati presto ridimensionati, sia per la scelta europea di rivolgesi ai pozzi di petrolio caucasici, sia per le difficoltà geopolitiche derivanti da una stretta collaborazione con Astana. Proprio in questo mutare di circostanze potrebbe essere trovata la ragione della recente espulsione di Alma Shalabayeva – e della figlia – moglie di Mukhtar Ablyazov, principale oppositore in esilio di Nazarbayev. Lo stesso Ablyazov era in precedenza rifugiato a Londra, dove trovavano riparo molti degli esiliati kazaki, almeno fino a quando, nel 2011, la polizia del paese che lo ospitava tentò di ucciderlo.
Oggi il Kazakistan è tornato ad essere fondamentale in ottica di accordi commerciali con la Cina, facendo seguito alla volontà cinese di ricostruire la Via della Seta. Pechino ed Astana, entrambi partner della SCO (Shanghai Cooperation Organisation) stanno infatti realizzando un serie di infrastrutture ferroviarie che permetteranno di abbattere i tempi di viaggio di merci e persone tra Europa e Cina. La regione del Xinjiang sarebbe quindi sempre più al centro degli interessi commerciali cinesi, il che non farebbe che aumentare le tensioni esistenti. Ma gli scambi tra Europa e Cina sono complicati anche da questioni come i diritti civili non rispettati, come sanno bene i kazaki alle prese con la corruzione delle autorità e con il regime autocratico di Nazarbayev. Regime teso tra debolissime aperture democratiche e la paura del malcontento popolare, pronto ad esplodere come nel caso dei fatti di Zhanaozen del 2011.
Ma il Kazakistan è anche stettamente legato a Mosca, facendo parte dell’Unione Doganale con Russia e Bielorussia. Unione che vorrebbe includere l’Ucraina e rappresenta di fatto un ritorno russo ad una politica “imperiale” e passo importante per la ricostituzione di una Russia forte come lo fu l’URSS. L’alleanza con Mosca sembra stare stretta al Kazakistan, sfavorito dalle politiche doganali che regolerebbero la vita economica dell’Unione. Pesa poi la paura che i russi vogliano imporre legami economici sempre più stretti, al punto da diventare di fatto politici. Non sembra un caso che i vertici dell’Unione Doganale si siano ritrovati proprio ad Astana pochi giorni prima dei fissati incontri tra autorità kazake ed Unione Europea. Un rapporto quindi, quello russo-kazako, che sembra non essere scontato, e che potrebbe influire sull’intera regione.
Regione, quella centroasiatica, dalle cui dinamiche il Kazakistan rischia di essere risucchiato. Più moderno dei suoi vicini ne condivide, seppur in misura minore, la paura per un diffondersi dell’estremismo islamico. Per contro il Kazakistan teme anche rivoluzioni “telecomandate” dall’occidente che minerebbero le attuali dirigenze, senza dimenticare la forte presenza di russi, manovrabili da Mosca, nelle ricche regioni del nord del paese. Il Kazakistan inoltre è in costante lotta con l’Uzbekistan, che ora sembrerebbe essere diventato alleato degli Stati Uniti, per la supremazia regionale. Un futuro quello kazako che sembra quindi essere ricco di luci ma anche ombre, che fa del paese un vero e proprio ponte a rischio di crollo.