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Kos – 3

Da Euge

Michele cercò di dormire ancora un po’, era troppo presto esolo una debole luce filtrava dalla gelosia. L’aveva vista vestirsi,rapidamente, e non si era sentito di dirle neanche “Ciao”. Questo andarsenefurtiva l’aveva un po’ irritato, e che maniere! Si sentiva, e non era la primavolta, abbandonato, ed era come al solito sensazione molto dolorosa. In fin deiconti non aveva mica fatto qualcosa di male. Certo che le donne sono propriostrane.Un altro po’ di sonno gli avrebbe fatto bene, quel giornoiniziava il turno alle due. Ma si girava continuamente, strizzando gli occhiper volersi riaddormentare a tutti i costi, e non riusciva neanche a trovareuna posizione comoda.Vabbè, stamattina è così, mi farò la colazione. Tanto perfare qualcosa. Intanto che faceva i soliti movimenti, da anni sempre glistessi, non riusciva a staccarsi dalla testa il volto di quella donna. Pensòalla notte appena finita: non era stato poi così male. Gli sarebbe piaciuto unsecondo round ma chissà, magari non aveva neanche ottenuto un buon voto…... Ricacciò indietro quel pensiero. In fin dei conti sono comesono, non mi posso mica cambiare. Se Achiropìta cercava gli ardori di ungiovanotto ha sbagliato di brutto i suoi conti.Lui invece era rimasto contento, come quando resti con unbuon sapore in bocca, e proprio per questo la paura di non vederla più lopungeva più forte.Cominciò a riflettere con la tazza in mano, se dovevacercarla lui o se invece avesse dovuto aspettare che fosse lei a fare il primopasso. Non era una decisione semplice da prendere. Quando bevve un sorso dicaffelatte freddo capì che i minuti erano passati. Inutilmente. Non volevasembrare in preda a una cotta come un ragazzino, si sarebbe trovato in unaposizione di inferiorità, ma, ovviamente, non voleva rischiare di perderequesta occasione, che aveva tanto il sapore di una delle ultime. Non sapevaquasi niente di lei ma questo gliela faceva sentire vicina proprio come seavesse sempre saputo tutto. Chissà come avrebbe potuto cambiare la sua vita vicino alei; magari un ristorantino, quello che lui aveva sempre sognato, subito dietrola spiaggia di un’isola, Itaca, per esempio. Una specie di rifugio per due, masempre aperto a tutti, dove il pesce sarebbe passato dalla barca alla cucinanel breve volgere di un attimo. Lui in cucina e lei in sala. E qualche tavolo,non più di cinque, sotto la vite, per poter mangiare tranquillamente guardandoil mare, lo stesso che Ulisse aveva solcato. E ovviamente il bello dicondividere un lavoro che piaceva a entrambi.Ma la realtà è un’altra cosa, e Michele annuiva e inseguivapuerilmente questi sogni, sempre con la tazza in mano.Avrebbe visto la posta elettronica, suo canale preferenzialedi comunicazione col mondo.Intanto che scorreva l’elenco delle mail, decidendo sedutastante chi leggere e chi no, gli venne in mente che poteva chiedere unconsiglio ad Adriano, il suo amico del cuore. Si conoscevano da sempre e, anche se ultimamente non sivedevano poi tanto spesso, a motivo dei lavori che facevano, c’era fra loro unaprofonda sintonia, derivata non solo dal fatto di conoscersi da più di quarantaanni ma soprattutto dal fatto di avere condiviso cose tristi della vita, operlomeno di averci provato. Forse condividere le cose spiacevoli non nediminuisce la portata ma comunque aiuta a non sentirsi il centro dell’universodel dolore. Avevano convinzioni religiose del tutto diverse ma questo nonimpediva certo di parlarne. La scuola che avevano frequentato insieme almenoquesto gli aveva insegnato, che non ci sono cose di cui non puoi parlare con unamico. Oltre a un certo piacere della cultura, talvolta fine a sé stesso.Adriano aveva un figlio, ancora al liceo, e viveva semplicemente e unicamenteper lui, cercando con tutte le sue forze di non metterlo mai in mezzo aiproblemi che aveva con la sua ex moglie. E di questo il ragazzo, Michelel’aveva ben realizzato, gli era profondamente grato. La casa di Adriano e dellanonna era per lui un porto sicuro. Questa è la mail di Michele ad Adriano:“Carissimo,ti scrivo dalla mia stanzetta del resort dell’isola di Kos,dove già sai che lavoro, con un contratto formalmente a tempo indeterminato maper me a tempo determinato, anche se non so per quanto tempo: forse fino aquando non cambierà la direzione del vento. Spero che il tuo lavoro nelgrattacielo vada bene. Qui, dopo tanta fatica per diventare capopartita, è giàsolo routine. Diceva giustamente mio nonno che se non sai che cosa vuoiveramente non riuscirai mai ad essere felice. Il mio problema è che voglio tantecose, forse troppe, e tutte subito e tutte insieme. E’ la mia nemesi.Ti partecipo infatti che ne ho combinata un’altra delle mie.Qui nel resort ho trovato una donna, forse sarebbe megliodire una leonessa con una criniera nera, che mi ha fatto, di nuovo, uscirepazzo. Trattasi di donna, la cui età non ho ancora ben capito, e che non hoancora chiesto, che a momenti vedo come un cucciolo bisognoso soltanto diessere tenuto appoggiato sul cuore, a momenti vedo come un’aquila, che habisogno invece di volare nello spazio infinito, libera e sola con sé stessa. Equando la vedo come un’aquila non so come avvicinarmi a lei, perché non sonocapace a volare.Ha la sventura di lavare le stoviglie in cucina, qui da noi,ma non si sente per nulla umiliata dal lavoro che fa. Dopo un primo approccio,timidissimo, da parte di entrambi direi, siamo usciti insieme iersera e tidico, con la migliore franchezza di cui sono capace, che ho passato la sera piùdolce da tanti anni a questa parte.Sarà stato il posto, sarà stata la stagione, meravigliosa inquesto momento, saranno state le ombre della sera, sarà stata una combinazioneastrale ma mi sentivo appoggiato sopra una nuvoletta, mentre parlavo con lei.Ti ricorderai bene “Ille mi par esse deo videtur…”: ho passato la vita acercare di ricreare quell’attimo che racconta Saffo, e ogni volta che hoimmaginato di esserci vicino mi sono preso la solita trambata, come sai bene. Abbiamo passato la notte insieme e non abbiamo dormitomolto. Da tempo, vorrei dire immemorabile (anche se non è vero perché ricordotutto e tutte) non ero così felice.Stamattina l’aquila ha preso il volo, come una gazza,scappando senza neanche lasciarmi una carezza per incominciare la giornata, elasciandomi perciò un certo amaro in bocca, come se mi avesse detto che si erapentita. E dire che io ci avevo messo sopra il cuore, perché sai bene che io mibutto a capofitto in questo genere di attività.E adesso? Dimmelo tu che debbo fare, perché sono qui comel’asino di Buridano, con la tazza del caffelatte in mano. Il mio istinto, chesbaglia quasi sempre, mi suggerisce di andarla a cercare subito e diprendermela in braccio, anche davanti a tutti, perché no, e di coprirla dibaci. Ma mi terrorizza l’idea che possa anche solo guardarmi di traverso.E se facessi finta di niente? In fin dei conti una nottepassata insieme non è molto. O no?Ti prego, dimmi qualcosa, anche solo che mi capisci, perchéio non mi sono mai ben capito.Dai un bacio al ragazzo”.miche
Si alzò dalla scrivania e uscì rapidamente. Era frastornatoparecchio e pensò che una nuotata gli avrebbe rischiarato le idee. Camminò quasi di corsa fino alla sua spiaggetta, contornatadi rocce che garantivano un certo isolamento, e si buttò nell’acqua fresca delmezzogiorno, cercando di stare sott’acqua il più possibile, proprio perchévoleva essere completamente avvolto dall’acqua. Michele adorava il mare, esapeva bene il perché. Il mare era per lui il ricordo inconscio del liquidoamniotico, quando soggiornava nell’ambiente più accogliente di tutti. Mentre tupensi “hic manebimus optime” dopo qualche mese ne sarai cacciato via con unaviolenza tale da non poterne nemmeno avere il ricordo. Mezzora stette in acqua,cercando di non pensare a niente e riuscendoci, anche se solo per qualcheattimo.Il silenzio della spiaggia e l’affollamento dei pensierifurono complici, e quando si svegliò era quasi l’una. Non era tardi ma volevaincominciare a lavorare come al solito, dieci minuti prima del dovuto. Quinditornò al resort e passò un attimo in cucina, furtivamente, a prepararsi duespaghetti con le cozze, le melanzane e il pane grattato, neanche un etto dipasta, la dose “tipica” dei ristoranti. Entrò in camera per prepararsi al lavoro e vide che ilcomputer lampeggiava, segno che c’erano nuove mail non lette. Mancavano ventiminuti alle due, decise che il tempo c’era. Si sedette e lesse:“Caro Miche, vedo che sei sempre eguale, e che riesci a essere croce edelizia di te stesso. Gli avvenimenti del passato non sono riusciti ainsegnarti niente, neanche ad essere un po’ più sereno e distaccato dai casidella tua vita. In particolare, riguardo quest’ultimo, le parole che scrivi,ma soprattutto quelle che non scrivi, mi inducono a consigliarti di accoglierequesta (e vedrai che non è l’ultima!) possibilità di avere finalmente trovatola donna “giusta”.Comunque sia se non ti butti non lo saprai mai, e questaleonessa dalla criniera nera, mi sta già parecchio simpatica. Mandami unavostra foto”.Adriano
Il suo amico riusciva molto bene nel fargli da specchio, esapeva come scrivere le cose che lui si sarebbe voluto sentir dire.Rispose solo con “OK, sarai il primo a sapere il seguito”.Uscì, vestito con la sua candida divisa, e con dentro unaconsapevolezza nuova.
KOS – 3

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