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Kosovo/ In GdM. Ciak, si crea. Il Kosovo ricomincia dai film VIAGGIO NEL PICCOLO PAESE BALCANICO.

Creato il 29 agosto 2012 da Antonio Conte

Kosovo/ In GdM. Ciak, si crea. Il Kosovo ricomincia dai film VIAGGIO NEL PICCOLO PAESE BALCANICO.

Pubblicato su “La Gazzetta del Mezzogiorno”, il 28/08/12, pp.26-27, in “Cultura e Spettacoli”

OLTRE IL CINEMA “DI GUERRA” UNA NUOVA VITALITA’ ARTISTICA A PRISTINA E IN ALTRE CITTA’
CON FESTIVAL, RASSEGNE E GIOVANI REGISTI

Sullo schermo non sono più i tempi di “La quinta offensiva” con Richard Burton e Irene Papas, né di “Radio West” con Pietro Taricone e Kasia Smutniak Il mito di Bekim Fehmiu (Ulisse), attore kosovaro-albanese suicidatosi nel 2010

di Vincenzo Legrottalie - Il Kosovo nelle rappresentazioni cinematografiche è legato alle vicende tristi inerenti la dissoluzione della ex Jugoslavia. Tanto accade in “Hunted” come in “Radio West”. Il primo di produzione statunitense e con la regia di William Friedkin racconta la storia di un reduce (Benicio del Toro) delle forze speciali americane che mal si adatta al rientro in patria dopo la guerra del Kosovo. Il secondo di produzione italiana, opera prima di Alessandro Valori, narra l’impatto tragico con la situazione post bellica kosovara di un giovane (Pietro Taricone) originario di Bovino, in provincia di Foggia, impegnato in una missione di pace (nel cast anche Kasia Smutniak). “Guerreros” di Daniel Calparsoro è una produzione ispano-kosovara sempre sul conflitto inter etnico visto con gli occhi di un giovane soldato spagnolo; è molto crudo per il realismo delle sue scene. È la prima pellicola con cui i neonati studi cinematografici di Pristina hanno riaperto i battenti.

Eppure la Jugoslavia ebbe una produzione cinematografica di tutto rispetto. Gli appassionati ricorderanno “La quinta offensiva” di Stipe Delic realizzato nel 1973, senza limiti di spesa. La trama è incentrata  sull’ultima offensiva che nel 1943 le truppe tedesche, italiane e bulgare sferrarono contro l’armata di liberazione jugoslava. Il cast era d’eccezione: Richard Burton nella parte del maresciallo Tito, Irene Papas nei panni della madre di un partigiano, Orson Wells impersonava Winston Churchill. Tante le stelle del cinema dell’ex Jugoslavia impegnate nella rappresentazione di un sogno di unità che si infrangerà nei
decenni successivi con il rinascere del nazionalismo nei Balcani. A Pristina, durante il comunismo, esisteva un centro di produzione cinematografica; oggi è la sede di una grande organizzazione internazionale.

Gli studi di Pristina hanno anche ospitato Bekim Fehmiu, il più grande attore che la ex Jugoslavia abbia mai avuto. Fehmiu nasce a Sarajevo nel 1936 da una famiglia kosovaro-albanese. Ha iniziato con il teatro, girato oltre quaranta film e recitato in diverse lingue. In Italia raggiunge la notorietà già nel 1968 impersonando Ulisse nello sceneggiato televisivo di Franco Rossi tratto dall’Odissea di Omero. Il successo internazionale arriva nel 1973 con la pellicola “Ho incontrato anche zingari felici” di Aleksandar Petrović.   Fehmiu interpreta il ruolo di un partigiano in “Disperatamente Giulia” per la regia di Enrico Maria Salerno nel 1989 ispirato all’omonimo romanzo di Sveva Casati Modigliani. L’attore kosovaro-albanese costituisce un caso più unico che raro tra gli artisti provenienti da un paese del socialismo reale: egli poté recitare, girare il mondo, entrare nella cronaca rosa del tempo per le sue avventure sentimentali. Ebbe anche un brevissimo passaggio hollywoodiano. L’attore nel 1987 decise di ritirarsi dal teatro e dal cinema jugoslavo poiché non condivideva il crescente clima di discriminazione nei confronti della minoranza albanese. Inizia così un lento declino che lo condurrà al suicidio il 15 giugno 2010 nella sua casa di Belgrado. Ha lasciato un’autobiografia: “E shkëlqyeshme dhe e tmerrshme” (il grande e il tragico). Ha chiesto che le sue ceneri venissero sparse nel fiume Bistrica che bagna Prizren in Kosovo, una delle città in cui era cresciuto da giovane. Il Bistrica, affluente del Drin Bianco, dopo aver attraversato l’Albania si getta nell’Adriatico quindi nel Mediterraneo. Lo stesso mare del mito di Ulisse. Il suo volto campeggia su un palazzo governativo a Pristina in boulevard Nënë Tereza insieme a quello di altri grandi del Kosovo. All’artista è stata dedicata una mostra dal titolo: “Bekim Fehmiu, ricchezza perduta nel silenzio” svoltasi a Pejë/Peć a gennaio di
quest’anno.

Gli organizzatori italiani del Comitato Servizi di Cooperazione con i Balcani hanno messo insieme per l’occasione intellettuali albanesi, bosniaci e serbi. Impresa tuttora non facile in Kosovo.

Il futuro del cinema  kosovaro è incerto per ciò che riguarda i finanziamenti; felice, invece, per la vivacità dei talenti ed il fervore delle idee. I cine festival sono il luogo in cui la voglia di cinema del pubblico kosovaro trova soddisfazione. A luglio a Prizren si svolge da undici anni il Dokufest, vetrina internazionale di documentari e di cortometraggi. Si segnalano le collaborazioni con Messico, Palestina ed Iran. A Pejë nel 2011, lo Shqi Film Festival ha ospitato alcuni corti girati da registi italiani. Gli organizzatori danesi e kosovari della kermesse di Pejë credono che i film brevi rappresentino uno strumento potente di comunicazione per l’intercultura.

Ai vincitori del Pristina International Film Festival viene assegnato, a settembre da quattro anni, il premio-simbolo della città la “Dea dorata”, di fatto l’Oscar del Kosovo. Ovunque, nei Balcani, si svolgono iniziative di questo genere.

Con la proiezione del film “Gipsy spirit” del regista austriaco Klaus Hundsbichler al cinema belgradese Art Museum si è aperta a giugno la prima manifestazione del film europeo denominata “East West”. Sempre in Serbia si è tenuto il festival  del nuovo cinema cinese che ha mostrato la fioritura della Cina nel nuovo contesto economico. A Bitola in Macedonia si svolge la rassegna dedicata ai fratelli Milton e Ianachia Manaki, i fratelli Lumière dei Balcani. Quest’anno è stato premiato il direttore di fotografia italiano Luciano Tovoli.

Nell’attesa di qualche mecenate a Pristina, nel caffè Dit’ e Nat’ (giorno e notte), si danno appuntamento pittori e scultori, giornalisti e registi che si confrontano con i giovani e la clientela internazionale bevendo rakija e gustando il cibo tradizionale albanese servito in chiave moderna. Le idee sono fervide, la tradizione cinematografica importante e le opere non tarderanno a venire.

Vincenzo Legrottalie


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