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E per fortuna che l’8 marzo è finito, non ne potevo più: ad ogni semaforo qualche negretto/indiano/extracomunitario che voleva vedere quelle infestanti di mimose con un odore così sgradevole da acqua marcia di cimitero.
Basta!!! Che palle!! Questo 8 marzo l’ho proprio vissuto come una tortura. E se poi ci guardiamo dentro a questa festa dozzinale è la più grande presa per i fondelli che viene fatta sulla pelle della donna, alla faccia di quella massa informe di femministe senza un senso comune di realtà, povere, mi fanno pena!
Leggo infatti che questa festa non è la festa della donna che potrebbe anche avere senso se trattata come una persona come tutte le altre, ma nella realtà la donna, quella dell’8 marzo è considerata come la solita carne da sviscerare da rivoltare e da sfruttare come tutte le bestie utili al lavoro. Povere femministe, castrate da genitori aguzzini, da madri deboli e da padri incestuosi. Ma la realtà, quella che spesso viene taciuta dai media, a cominciare da La Repubblica di quel tomo di De benedetti (sionista) fiancheggiatore del governo Monti, è ben diversa.
La racconta bene QUELSI un sito che non bada alle parole e le butta lì, come giustamente si dovrebbe fare, senza nascondere la verità.
Eccone una pillola sulla festa delle donne:
Ci hanno fatto credere che l’8 marzo 1908 un gruppo di donne si riunì nella filanda tessile Cotton di New York per dichiararsi in sciopero. Il padrone le chiuse a chiave e l’edificio prese fuoco: morirono 129 donne.
Nulla di tutto ciò è mai accaduto.
Nessuna fabbrica prese fuoco e nessuna donna morì bruciata l’8 marzo 1908. Quando la verità storica emerse, si tentò di retrodatare l’origine della festa al giorno 8 marzo 1857. Anche questo risultò essere falso. Quindi, ad una carica della polizia contro donne in sciopero l’8 marzo 1848, ma fu solo l’ennesimo falso storico.
Nella realtà la festa dell’8 marzo è stata imposta dal dittatore comunista sovietico Vlamidir Lenin e dalla femminista Alexandra Kollontai per far credere alle lavoratrici di essere state liberate dalla schiavitù capitalistico-patriarcale. La festa venne poi ufficializzata dal Soviet Supremo “per commemorare i meriti delle donne Sovietiche nella costruzione del Comunismo”.
In Italia, la festa venne introdotta nel 1922 dal Partito Comunista che pubblicò sul periodico “Compagna” un articolo secondo il quale Lenin proclamava l’8 marzo come “Giornata Internazionale della Donna”. La festa cadde in disuso, e venne reintrodotta l’8 marzo 1945 dall’UDI, organizzazione composta da donne appartenenti al PCI e ad altri partiti di sinistra. Fu nel dopoguerra che venne fatta circolare la falsa storia delle donne bruciate. In Italia il simbolo è la mimosa; in paesi con climi più freddi il simbolo è un nastro viola, in quanto è stato fatto credere che le inesistenti lavoratrici bruciate producevano panni viola.
Nella realtà storica, esiste una vera violenza contro donne ed un vero incendio accaduti l’8 marzo. Del 2000, quando un gruppo di femministe coperte da passamontagna diede fuoco alle croci di una Chiesa di Montreal, sporcando le mura e l’altare con graffiti che proclamavano “No Dio, no padroni”. Le femministe sparsero addirittura assorbenti sporchi e preservativi, distrussero inni e testi sacri, spinsero e fecero cadere a terra altre donne anziane colpevoli di essere contrarie all’aborto. Ne diede notizia il National Post.