Magazine Diario personale

L’affare Picpus

Da Aquilanonvedente

PICPUSPrima di trasformare questo blog in una deprimente sequela di bollettini medici, vediamo di cambiare discorso.

Non avevo mai letto Simenon e qualche giorno fa, ravanando in cantina alla ricerca di un rosso con un po’ di bollicine (parlo di un vino, ovviamente, mica di un comunista), è franata una pila di vecchi gialli da uno degli scaffali dove ho ammonticchiato tutti i libri che ormai non trovano più posto in casa.

Ed ecco che mi è uscito fuori questo qui, proprio nell’edizione raffigurata a fianco: un allegato a l’Unità del 1993, quando ancora esisteva il mitico quotidiano fondato da Antonio Gramsci che per anni regalò per poche lire una serie di libri di alto valore. Ricordo per esempio, Shakespeare, antologie di poeti a partire dal medioevo, Goldoni, Pirandello, Verga, ma anche letteratura più leggera come Simenon, Conan Doyle, e poi libri di storia, biografie, ecc.

L’affare Picpus fu il primo dei libri di Simenon allegati. Certo, la qualità di stampa non è la migliore, ma come dire: a caval donato non si guarda nel c…

Lo stile di scrittura di Simenon (almeno in questo libro, ma pare che sia così in tutti i suoi romanzi di Maigret) è abbastanza semplice e lineare. Il romanzo è lungo 140 pagine, in versione tascabile. Pare che tutti i libri di Maigret abbiano la stessa dimensione.

Non è un vero e proprio giallo, nel senso che non viene costruita una storia seguendo i canoni classici dei romanzi polizieschi. E’ vero che tutto parte da un fatto anomalo: un uomo consegna a Maigret un pezzo di tovagliolo raccattato per caso in un bar dove sta scritto che il tal giorno, alla tal ora, verrà assassinata una donna, firmato Picpus e che effettivamente in quel giorno e a quell’ora si verifica un omicidio.

Ma poco dopo i due terzi del libro, praticamente si intuisce già chi può essere colpevole o innocente e, se non ricordo male, credo che addirittura verso pagina 100 si sappia chi è l’assassino.

Direi che Simenon gioca soprattutto la storia su un piano – se così possiamo dire – psicologico, nel senso che Maigret,

Maigret_Gino_Cervi
prima che analizzare fatti, tempi e impronte digitali, analizza le persone che, direttamente o indirettamente, vengono coinvolte nella storia. E il vero colpo di scena finale non sta tanto nella scoperta dell’assassino e del movente, quanto nella mancata punizione di un personaggio che, pur innocente, ha comunque compiuto una serie di azioni deplorevoli, che però non possono essere punite come si meriterebbe perché viene a mancare la querela da parte  dei danneggiati.

E’ un particolare, questo, che ho ritrovato anche in alcuni racconti di Sherlock Holmes, nei quali addirittura è proprio il colpevole che non viene raggiunto dalla giustizia umana, ma a volte da quella divina.

A leggere queste pagine pare quasi di sentire e rivedere il mitico Gino Cervi mentre passeggia per le vie di Parigi con l’impermeabile e la sua pipa, mentre sorseggia una birra al bar oppure mentre cena a casa con la moglie, l’indimenticabile Andreina Pagnani (erano gli anni sessanta-settanta, ammazza quanto so’ vecchio…).

Un piccolo salto all’indietro, insomma, proprio come si addice a un vecchietto come me…

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