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L’alba del pianeta delle scimmie: riflessioni linguistiche

Creato il 21 ottobre 2011 da Newfractals @NewFractals

Foto di Cesare, protagonista dell'Alba del Pianeta delle ScimmieIl nuovo “L’alba del pianeta delle scimmie”, che molto si discosta dal prequel omonimo de “Il pianeta delle scimmie”, si presta ad alcune considerazioni sull’importanza del linguaggio per noi esseri umani.

“L’alba del pianeta delle scimmie” racconta una storia di fantascienza classica, ben fatta, resa memorabile soprattutto dall’enorme espressività di Cesare, nuovo mostro creato dall’uomo e sfuggito ad ogni controllo, ma solamente per sfuggire al trattamento disumano che deve subire in quanto diverso.

Già nel film “Il pianeta delle scimmie” (basato sull’omonimo romanzo di Pierre Boulle), la vera differenza fra le scimmie, ormai più “evolute” dell’uomo e la razza umana è la capacità di parlare: le scimmie hanno infatti guadagnato la parola, noi invece l’abbiamo persa.

E’ quindi chiaramente comprensibile che questo nuovo prequel voglia raccontarci anche come le scimmie siano riuscite a conquistare la parola, ed è qui che iniziano i misteri… Perché se viene detto chiaramente che Cesare fin da piccolo riesce ad imparare con grandissima facilità la Lingua dei Segni Americana (ASL, American Sign Language) e si veda anche già un orango-tango che comunica nella stessa lingua, il salto fra questa e il parlato sembra dovuto soprattutto ad uno sforzo e ad un allenamento conscio delle scimmie, una volta che queste hanno acquisito tutte un’intelligenza umana.

Gli sguardi sconvolti di chi le sente parlare sono ben meritati: gli scimpanzé (come gli altri primati protagonisti) non hanno corde vocali adatte alla lingua parlata. Non si insegna la lingua dei segni alle scimmie perché “troppo stupide” per imparare quella orale (vorrei ben vedere, le lingue dei segni sono complesse almeno quanto quelle orali), ma perché le scimmie sono mute. Mute, non sorde. Un sordo può, con impegno e fatica, imparare a parlare, un muto, per definizione, no.

Nonostante ciò, la comunicazione è così importante per noi esseri umani che il passaggio da un tipo di lingua che la maggior parte di noi non conoscono alla nostra (grazie al doppiaggio) è un simbolo forte, fortissimo. Abbastanza forte, evidentemente, da fare applicare senza dubbi la “Rule of Cool“: se qualcosa è abbastanza figo, solo gli spettatori più pedanti si lamenteranno della poca verosimiglianza.

E devo ammettere che, nonostante questo mio piccolo appunto, il film mi è piaciuto davvero molto… Probabilmente noto questa cosa solo perché ultimamente non riesco proprio a vedere perché avere una lingua orale dovrebbe essere più importante di averne una segnata. D’altro canto, come già detto, non sarebbe stato veramente un prequel a “Il pianeta delle scimmie” se le scimmie non avessero imparato anche a parlare.


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