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L’altra faccia dell’8 marzo…

Creato il 09 marzo 2014 da Allocco @allocco_info

Una delle ultime e più rilevanti tendenze in materia di migrazione è quella riguardante il numero sempre crescente di donne che migrano attraverso rotte pericolose o che in passato venivano percorse soltanto da uomini. Viene definita “la migrazione della disperazione”, quella, cioè, che costringe a fuggire da contesti di guerra, violenza e povertà alla ricerca di una vita migliore per se stessi e per i propri figli. Sono tantissime, infatti, le donne che perdono la vita in mare, attraversando deserti o strade pericolose. Ma cosa è cambiato rispetto al passato?

Tra i motivi che scatenano tali spostamenti vi sono discriminazioni nel mondo del lavoro e pregiudizi sociali verso madri singles o vedove nel proprio paese d’origine, nonostante la causa principale sia la povertà. Nella maggior parte dei paesi poveri, inoltre, le donne devono combattere quotidianamente affinché vengano loro riconosciuti i diritti allo studio, al lavoro, all’assistenza sanitaria e alla gestione dei propri beni; e, sebbene per molte di loro migrare significhi uscire da situazioni di oppressione, è troppo spesso proprio nel processo migratorio che nascono casi di violenza e discriminazione, come ad esempio l’”acquisto” di viaggi o di viveri in cambio di prestazioni sessuali. L’IOM – International Organization for Migration – ha segnalato problematiche di questo tipo anche a seguito del violento tifone Haiyan che ha colpito di recente le Filippine: le donne in difficoltà, senza più un posto in cui stare, venivano adescate e abusate sessualmente.
Laddove riescano a giungere nel paese di destinazione, le donne si trovano poi a svolgere lavori nei campi o lavori domestici, assistenza alle persone in difficoltà o prostituzione; e tutto ciò in situazioni di sfruttamento, mancata o scarsissima retribuzione, fame, e quant’altro. C’è da dire, poi, che al loro arrivo nella nuova terra, molte migranti sono costrette a subire le stesse atrocità e ingiustizie dalle quali stavano scappando, come matrimoni precoci e combinati, mutilazione di genitali e altri “crimini d’onore” che servono (apparentemente) a mantenere forte il vincolo con la cultura di provenienza. È proprio in queste situazioni, in bilico tra un passato ancora troppo ingombrante e una libertà inesplorata, che le donne sono maggiormente fragili e attaccabili.
La IOM ha lanciato un appello a vari soggetti e autorità al potere affinché si occupino dei tanti morti – uomini e donne – che costantemente perdono la vita in questi viaggi della speranza, ed è una responsabilità ugualmente importante per i paesi di partenza, di transito e di arrivo. Quest’anno la comunità internazionale reviserà gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite e deciderà le azioni da svolgere a partire dal 2015.

Non scordiamoci della grande quantità di donne che troppo spesso sono state dimenticate o cancellate dalla storia delle migrazioni. Non possiamo più permettercelo.

fonte: www.iom.int


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