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L’altra metà della Tav

Creato il 17 marzo 2012 da Francesco Sellari @FraSellari

Il Fatto: in Francia l'altra metà della Tav

Il dibattito sulla nuova linea Tav non appassiona la Francia ma non mancano gli aspetti critici e contraddittori del progetto. Uno dei più evidenti: i costi. La prima fase dovrebbe costare 26 miliardi di euro, ma al momento sul piatto ci sono solo i 600 milioni di euro messi dall’Unione Europea, ovvero una piccola percentuale dei due miliardi e rotti per coprire il trienni 2012-2015.

Articolo e video per il Fatto Quotidiano. Servizio realizzato con Cosimo Caridi e Davide Leggio

Nonostante la procedura di discussione pubblica sia stata prolungata fino al 19 marzo, in Franciala nuova linea tra Lione e Torino rimane ai più un progetto sconosciuto. Nelle valli interessate dal passaggio del Tav, il consenso e l’indifferenza non sono scalfiti né dai pareri tecnici critici né dall’azione di sensibilizzazione di una minoranza di attivisti. Non mancano, tuttavia, i mal di pancia, tra politici e amministratori locali. E negli ultimi giorni si è registrato anche qualche atto di sabotaggio a danno della circolazione ferroviaria, a Lione così come a Chambery, capoluogo della Savoia.

“Il punto non è capire se siamo pro o contro il Tgv – dice Pierre Marie Charvoz, sindaco di Saint Jean de Maurienne – il punto è se vogliamo che le merci vengano dirottate dalla strada ai binari. Se vogliamo migliorare il nostra ambiente e se vogliamo batterci per migliorare le condizioni di circolazione nella nostra valle”. Anche in Savoia, è questa una delle argomentazioni principali per i promotori della nuova linea. Ma la Lione-Torino, rischia, secondo gli scettici, di non centrare lo scopo.

Il progetto, per come è stato presentato nel “débat public”, si suddivide in due fasi: la prima, da realizzare entro il 2025, prevede la creazione di una linea mista merci-passeggeri, a “priorità passeggeri”, che passi per Chambery; la seconda, da ultimare intorno al 2035, prevede la realizzazione dei tunnel dedicati esclusivamente al trasporto merci, da Avressieux fino al tunnel di base, bypassando in questo modo il nodo di Chamebry. Solo in questa seconda fase si dovrebbe realizzare il significativo passaggio del trasporto merci dalla strada alla ferrovia, e raggiungere così i 40 milioni di tonnellate trasportate.Per gli scettici, però, tra cui alcuni esponenti dell’Ump a livello locale, rimandare la realizzazione dei tunnel dedicati al trasporto merci al 2025 significa rischiare di non farli più, fallendo, dunque, l’obiettivo principale, ritrovandosi con una soluzione transitoria che diviene permanente. “Un progetto che non ha alcuna coerenza. Ed è sempre più incoerente” spiega Pierre Moreau che per la Cipra, Commissione internazionale per la protezione delle Alpi, ha realizzato un dossier denominato “10 domande ai promotori della Lione Torino”. Un linea nata per essere Tgv, riconvertita al trasporto merci e negli ultimi due anni ri-orientata al servizio viaggiatori, quantomeno nella prima fase. Secondo Moreau, la scelta di favorire in un primo momento la città di Chambery, consentendo che tutti i treni Tgv passino di lì, sarebbe stata dettata da una decisione “politica”.Nel suo documento, Moreau solleva molti dubbi sia su come si intenda raggiungere progressivamente l’obiettivo dei 40 milioni di tonnellate di merci trasportate, sia sui costi, visto che al momento sul piatto ci sono solo i 600 milioni di euro stanziati dalla Unione Europea, ovvero circa il 40% dei primi 2,5 miliardi necessari al periodo 2012-2015. Dove trovare il resto è ancora da stabilire. I dubbi del Cipra si aggiungono alle perplessità de Consiglio generale dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile, che in un documento di dicembre aveva raccomandato più approfonditi studi sull’impatto ambientale.

Tra i sindaci intervistati dal Fattoquotidiano.it, c’è Gilles Margueron, primo cittadino di Villarodin-Bourget, piccolo comune di qualche centinaio di abitanti non distante da Modane. Il tunnel passerà sotto il suo villaggio, ma loro dovranno fare i conti con la montagna di detriti che ne verrà fuori. “La vera domanda da porsi è se questo progetto sta in piedi – dice – Ci dicono che il traffico aumenterà. Forse ora è un po’ cambiato il traffico dei camion attraverso il Frejus. Ma il traffico ferroviario a Modane non è aumentato. Non so. Vale la pena?”.

Le posizioni critiche sono comunque minoritarie. Sarà perché i treni veloci godono di una grande popolarità in Francia, sarà perché la Val Maurienne, il corrispettivo della Val di Susa è molto meno densamente abitata, ma sembra prevalere l’accettazione delle possibili ricadute positive per i territori rispetto ai dubbi sull’impatto ambientale e sulla reale utilità dell’infrastruttura, visti gli attuali volumi di traffico merci tra l’Italia e la Francia. Insomma: l’economia e il lavoro, prima di tutto. “I giovani della valle vogliono restare qui – dice Jean-Claude Raffin, sindaco di Modane – Penso che per i giovani che non hanno lavoro e sono costretti a partire sia importante avere un lavoro qui per una decina di anni”.


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