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L’altrove dei Perturbazione

Creato il 20 febbraio 2014 da Erika Gottardi @ErikaGottardi
L’altrove dei Perturbazione Un gruppo storico, che promette di non cambiare identità

"È necessario che ci sia un'altrove" dice Tommaso Cerasuolo, frontman dei Perturbazione: "il cambiamento fa parte della vita e non accettarlo sarebbe un errore". Cambiare è importante si, ma capita spesso che la musica si modifichi in base alla sua platea e non è quello che auguriamo ai Perturbazione: l'identità che hanno costruito in questi anni è solida e allo stesso tempo delicata, è forza e allo stesso tempo debolezza, è sentimento e allo stesso tempo ricerca personale.

I Perturbazione, insomma, piacciono e non appena entrano in sala stampa "Lucio Dalla" la folla di giornalisti e radiofonici scoppia in un grande applauso, esprimendo tutta l'approvazione per un gruppo che è ritenuto "la punta di luce del Festival".

I sei non si scompongono e, con tutta modestia, vedono questa partecipazione al festival di Sanremo come una crescita, non tanto un trampolino di lancio (non ne avrebbero bisogno d'altronde, ndr). I Perturbazione, infatti, sono un gruppo attivo da più di vent'anni e se a molti "suonano" nuovi è perche hanno sempre vissuto la loro musica in ambienti più soft, spalmandola nei club più intimi d'Italia. Attenzione a definirli "musica indie"o "alternativamente andante": "non ci piacciono le categorizzazioni né quanto meno le definizioni di genere. La musica è una e noi la suoniamo, seguendo la nostra identità", dice il frontman.

Ed è proprio su questo punto che #sanremoinside ha voluto indagare con la sua domanda. Quello che ha chiesto il nostro Max De Angelis, infatti, si basa proprio sul rischio che l'identità del gruppo corre in un cambiamento di pubblico così radicale. "Il nostro pubblico è affettuoso - replicano - il nostro è un pop coraggioso che parte da una timidezza. La nostra identità non verrà attaccata perché quello che facciamo è suonare la nostra musica. L'unica, la canzone che poi ha vinto ieri alla prima votazione, è stata scritta e composta due anni fa" quando ancora l'idea di Sanremo era lontana; "questa canzone, poi, parla d'amore, ma lo fa in modo non convenzionale. Lo esplora in modo diacronico: se l'amore ti fa capire la tua essenza, alla fine di una galleria di personaggi di cui ti sei innamorato veramente, riuscirai a capire chi sei?"

"L'Italia vista dal bar, invece, è una canzone che esprime il bisogno delle persone di sfogarsi: il bar è come un catalizzatore, o meglio uno "sfogatoio" dove tutti si sfogano. Di fatto non cambia nulla ma almeno si ci è sfogati." E alla domanda di quale sia l'ottica con la quale il gruppo vive questa esperienza, la risposta è semplice e matura:" vogliamo portare quello che facciamo ad un altro livello, passando ad un pubblico meno parrocchiale in modo empatico. [...] ieri scrivevamo canzoni in inglese, oggi in italiano."

Il gruppo si ritiene maturato, e l'obiettivo è quello di superare i propri limiti:"siamo sicuramente meno ingenui nella scrittura musicale e linguistica"; si definiscono "animali da palcoscenico" e raccontano storie di personaggi sempre in contraddirne con sé stessi. Un gruppo decisamente da ascoltare.

Il nostro tifo non manca certo.


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