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L’amicizia, la scrittura, e un mazzo di fiori

Creato il 22 novembre 2011 da Prisca

L’amicizia, la scrittura, e un mazzo di fiori

Carla è la ragazza con cui condivido l’appartamento ed è la prima persona che ho conosciuto, cinque anni fa, appena arrivata a Bologna. Mi sono chiesta tante volte come sarebbero stati questi anni, se quell’incontro non fosse mai avvenuto.

È stato in occasione della mia prima lezione all’Università. Ero uscita dal monolocale che occupavo da una settimana, affollato di scatoloni presi al supermercato e usati per contenere quella gran quantità di oggetti, da cui mai mi decido a separarmi e che mi seguono di città in città, da sempre. Ero uscita dal mio monolocale, dicevo, portando nel cuore quel po’ di speranza che l’arrivo in una grigia, estranea, città, non sa sopprimere e la tanta paura che l’eccitazione di avere nuovi, felici, propositi non riesce a sedare.

Mi ero scelta un posticino nell’aula, grandissima, dalle alte volte e da un numero di banchi che mi sembrava infinito, e sedevo, aspettando l’arrivo del professore, guardandomi un po’ intorno.
-È libero qui?
Una brunetta dagli occhi vivaci e la voce argentina aveva preso posto accanto a me e cominciato a cinguettare della sua prima lezione, tenutasi due giorni prima nella stessa aula.
Eravamo riuscite a riempire con qualche chiacchiera dieci minuti buoni, e ciò mi era sembrato da subito l’inequivocabile sintomo di una notevole intesa.

All’incirca un anno dopo, Carla, Lavinia ed io, inauguravamo il nostro nuovo appartamento.
Ricordo quel giorno come uno dei più faticosi della mia vita. Quando entro in una nuova casa, un mio vizio, che pure mi torna, alle volte, utile, è di non saper aspettare di darle da subito l’aspetto che, nelle mani di una persona ragionevole, assumerebbe non prima di otto nove giorni. Insomma, devo preparare ogni cosa, non riesco a fermarmi, trasformo la mia abituale pigrizia in una vorticosa iperattività. Può capitarmi di passare dalle dieci alle dodici ore a pulire la stanza, il bagno, le piastrelle, la doccia, le porte, la maniglia della porta e l’interruttore della luce del bagno -che mon Dieu, che schifo, avete idea di quante persone non si lavano le mani dopo aver, nell’ipotesi più light, fatto pipì?!- il guardaroba, i pensili della cucina e tutta la serie di altre cose presenti in casa. Ma non si tratta solo di questo, perché, nel giro di un tempo brevissimo, è per me un’assoluta necessità distribuire in giro i miei peluches, libri, fiori secchi, fotografie, scatole di latta, raccolte dei Peanuts, e tutto l’ambaradan che fa di una casa una casa, e che mi porto dietro di appartamento in appartamento.

La fretta, in ogni caso, è una scomoda costante della mia vita. Scomoda, ad esempio, perché, ed è solo una delle svariate ragioni che potrei individuare, mi impedisce di scrivere davvero bene. In un certo senso, credo di essere negata per la scrittura. Perché, per comporre qualcosa di quantomeno dignitoso, uno deve darsi del tempo. Non per riflettere, no. A me piace chi scrive con foga. Ma tempo, per scrivere tutto quello che ha da dire -e perché darsi tempo aiuta a scrivere anche quello che non si ha da dire, come l’esame di maturità (fiumi di parole assolutamente inaspettate che neanche fossi stata posseduta da de Sanctis su un’incomprensibile poema ungarettiano) mi ha insegnato. Bisogna imporsi di non arrivare, nel creare un testo, subito al punto. Anche perché, il più delle volte, un punto non c’è ed essersi affrettati può rivelarsi imbarazzante.

E insomma, anche adesso, sembro non arrivare ad un punto.
Volevo parlarvi di Carla, e lo farò, in questo e in altri post. Per il momento, mi basterà raccontare una piccola cosa.
Carla si regala, settimanalmente, un mazzolin di fiori. Tulipani, rose, camelie. Sceglie con cura dei fiori freschi, che il fioraio sa dover avvolgere in una carta grezza, senza fronzoli, perché quei fiori, tornata a casa, Carla li sistemerà in un bel vaso in camera sua.
Trovo si tratti di un gesto aggraziato verso se stessa, uno dei tanti modi con cui si può far entrare un poco di bellezza nella propria vita, una delicatezza che onora i giorni qualsiasi. E trovo che dica già qualcosa della mia amica Carla.


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