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L'amore ai tempi del colera (García Márquez)

Creato il 18 agosto 2014 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
Potrebbe essere Una struggente tenerezza il sottotitolo di questo romanzo che Gabriel García Márquez ha scritto nel 1985. Una storia che ha superato la fascinazione di Cent'anni di solitudine, che mi aveva letteralmente incantata, e la particolarità di Cronaca di una morte annunciata. Non possono esistere dubbi sul talento di narratore di Gabo, non ci sarebbero nemmeno se non ci fosse quel Nobel a ricordarcelo. La vita dei suoi personaggi, dei villaggi e delle città che essi abitano, dei paesaggi incontaminati che attraversano sgorga come un fiume e si espande naturalmente come una foresta amazzonica, aggrovigliando il lettore in un vero incantesimo.
L'amore ai tempi del colera (García Márquez)Troppa enfasi? No, queste sono le sensazioni che ho provato leggendo il terzo romanzo dell'autore recentemente scomparso (e sono certa che i suoi lettori più affiatati mi capiscano): la passione del racconto traspare da ogni frase, con quei particolarissimi accostamenti di parole e la capacità di trasformare in fiaba anche i momenti di più crudo realistico.
E la storia di Florentino Ariza e Fermina Daza è davvero un inno al romanzo, alla capacità di rendere eterne le storie. Eterne come è l'amore di Florentino per Fermina, un amore contrastato per convenzione sociale, un amore che pare adombrato da passioni travolgenti ma rapide ad estinguersi quanto ad infiammarsi, un amore che rimane a palpitare nel fondo del cuore di un ragazzo divenuto un vecchio. Il romanzo inizia nell'ultima giornata del dottor Juvenal Urbino, marito ottantenne di Fermina, e con una dichiarazione d'amore di Florentino alla donna che ci sospinge indietro nel tempo, alla nascita del sentimento in un ventenne pieno di ammirazione per la bella studentessa alla quale scrive decine di lettere d'amore. Sullo sfondo, come in Cent'anni di solitudine, la trasformazione di un mondo con le sue invenzioni e il cambiamento storico-sociale, mutamenti che accentuano sempre più, per contrasto, la stabilità dell'amore di Florentino. La quotidianità, la storia, le idee, le certezze, le relazioni cambiano, ma i sentimenti di Florentino rimangono identici, confinati in una dimensione di purezza che porta l'uomo a non condividerli con nessuno e sfogati nella continua scrittura di lettere d'amore (prima per Fermina, poi per i giovani innamorati cui offre la sua abilità di poeta) sempre più simili ad un libro sulla condizione umana. Florentino non vuole sfuggire alla sofferenza causata dall'impossibilità di appagare il cuore, da quel «bisogno di morire» che rimostra che «i sintomi dell'amore sono gli stessi del colera».
L'amore ai tempi del colera è, dunque, una storia di devozione e maturazione, una riflessione sul potere di un sentimento che, anche se soffocato o costretto a mutare dal passare del tempo, dal sopraggiungere della vecchiaia, prorompe fra gli uomini e li rende capaci di affrontare sfide che appaiono folli, ma che sono solo la prova del fatto che «è la vita, più che la morte, a non avere limiti».
Non si sentivano più fidanzati [...] e tanto meno amanti tardivi. Era come se avessero saltato l'arduo calvario della vita coniugale, e fossero andati dritti all'essenza dell'amore. Passavano il tempo in silenzio come due vecchi sposi scottati dalla vita, al di là delle trappole della passione, al di là degli scherzi brutali delle illusioni e dei miraggi dei disinganni: al di là dell'amore. Perché avevano vissuto insieme quanto bastava per accorgersi che l'amore era l'amore in qualsiasi tempo e in qualsiasi parte, ma tanto più denso quanto più era vicino alla morte.
C.M.

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