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L’anagramma che salva la vita

Creato il 17 febbraio 2014 da Cultura Salentina

17 febbraio 2014 di Redazione

di Titti De Simeis

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Da molti giorni, ormai, va in onda, ad intervalli regolarissimi e a ripetizione ossessiva, lo spot del Canone Rai.

A causa della sua martellante presenza in ogni trasmissione e spazio libero, credo che a pochissimi sia sfuggito.  

Curioso? Inquietante oltre che invadente, oserei dire. Le sue differenti versioni hanno del grottesco, un gusto sgradevole e per niente invitante, un messaggio che stride, assorda, induce al fastidio e a cambiare canale. Andando, ovviamente, sulla concorrenza, per non incorrere nello stesso spot, magistralmente inserito ad incastro nelle tre reti sorelle. L’impostazione segue uno schema ben preciso: la prima inquadratura, è invitante, accogliente, familiare. Attrae. Un nonno o dei bambini davanti ad un televisore, nel loro salotto, su poltrone comode e nella loro intimità.

Ma, all’improvviso, arriva una ‘busta’.

Ed anche lì siamo ingannati da un gesto comune, quotidiano, che sa di casa, come l’apertura della posta, ma anche questo momento dura poco perché il parente di turno, dopo aver letto il mittente blu su bianco, inconfondibile, accartoccia la lettera ignaro del destino che lo attende. Ecco un tranquillo nonnino trasformarsi in un mostruoso atleta da improbabile olimpiade, pronto a terrorizzare il nipote e tutti i nipoti  immedesimati in quel frangente. Tre pacifici e innocenti cuccioli di uomo, assumono sembianze di mostruose creature che fagogitano i genitori in urla sataniche e gesti di una violenza inaudita. Il terrore si placa nel momento in cui la busta, scatenante orrore, viene ricomposta ad indicare l’obbedienza al pagamento.

Poi il tutto sfuma in una videata di un celestiale colore rilassante su cui trionfa un anagramma ingannevole, tra il comando e l’invito. Si ‘deve’/si ‘vede’, in rigorosissimo maiuscolo. Entrambi i verbi impongono un presente che non lascia scampo, è un comandamento che diventa minaccia. Violento, come il pullulare di immagini violente e di cattivi esempi che abitano ed affollano i media, ormai da troppo tempo e che si trasferiscono nelle trasmissioni televisive, nei cartoni animati, nei talk show, in un sovraccarico di tensione e un accumulo di ansie inutili e diseducanti.

L’originalità, in qualsiasi campo si esprima, sta perdendo il senso della parola stessa. Distinguersi non dovrebbe voler dire emergere nella negatività, nella volgarità e nell’invadenza. Dovrebbe voler dire, invece, farsi notare nella ricercatezza, nella discrezione, nel discorso a voce bassa e nel messaggio che induce alla consapevolezza di una scelta convinta, perché giusta.

Lo spot in questione è solo uno dei tanti esempi di un bombardamento a cui siamo stati, lentamente abituati, ma per fortuna, poco assuefatti, e a cui sentiamo ancora la voglia e il bisogno di ribellarci.

Prima di pagare il canone, regaliamo a noi stessi l’urgenza di sentirci correttamente rappresentati, non spegniamo la voce della nostra intelligenza e, magari, togliamo il volume al cattivo gusto.

Davvero, basterebbe così poco.


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