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L'anno della disillusione

Creato il 31 dicembre 2014 da Beachild
Nel mio personale riepilogo dell'anno che stasera va a concludersi, la parola che meglio lo descrive deriva da un commento ricevuto dal mio amico Massimiliano a margine della prima (e al momento unica) presentazione de "Il Segreto di Malun". «Mi sei piaciuto», mi ha detto Max. «Mi sei sembrato più sicuro di te rispetto agli altri anni e anche un po'... come dire... disilluso.»Disillusione. Questo termine riassume quanto ho sperimentato, o almeno quanto ha sperimentato lo scrittore sommerso che è mio alter ego, nel 2014. L'anno era partito con le migliori prospettive, forte delle recensioni più che positive ricevute da "Il Ritorno di Beynul" e nella convinzione che le vendite limitate ne avrebbero tratto un'accelerazione. Rileggevo proprio le bozze de "Il Segreto di Malun", in quel periodo, ed ero certo che l'attesa per il secondo romanzo, unita all'ulteriore salto di qualità che in esso mi sembrava riscontrare, avrebbero determinato un successo della trilogia. A tutto ciò si unisca il fatto che avevo da poco finito la scrittura del terzo volume, che avevo praticamente concluso il racconto lungo "Peterson Amusement Park" e che le idee per il nuovo romanzo spingevano per essere messe su carta quanto prima.Ebbene, poi è successo quel che in parte sapete. Da una parte le vendite de "Il Ritorno di Beynul" ristagnavano: nemmeno la possibilità di scaricare gratuitamente l'invito alla lettura di 100 pagine sembrava dare una spinta. Nuove recensioni non se ne vedevano, nemmeno da due o tre blog che avevano dichiarato di aver letto il libro e di averlo gradito. I dati di vendita e di download ufficiali rilasciati dalla casa editrice non hanno fatto che confermare come il primo volume della saga di Alethya, sebbene oggettivamente migliore sotto tutti gli aspetti rispetto a "L'eredità", non arrivasse neanche alla metà dei livelli raggiunti da "L'eredità".In questo contesto si è inserito quel particolare momento, di cui ho già parlato altrove, che mi ha tenuto lontano dalla scrittura per diverse settimane, per non dire mesi, e che ha trovato una modesta ripresa solo da ottobre in avanti. Peccato che, sempre in ottobre, sia finalmente uscito "Il Segreto di Malun", le cui vendite sono partite col piede sbagliato sin dalla presentazione ufficiale a Viadana e dal consueto e fidato bacino di utenza rappresentato da amici e conoscenti. Premesse che, unite al fatto che i blog a cui mi affidavo di solito sembrano non avere spazio, o tempo, o voglia per leggere e recensire questo secondo volume, sembra condurlo verso una sorte ancor più triste del suo predecessore. Disillusione, dunque, su più livelli. Prima di tutto per una definitiva presa di coscienza non tanto del valore che la mia scrittura possa avere oggi o in futuro, ma della percezione che di essa hanno le persone che mi stanno intorno e con le quali, volente o nolente, devo fare i conti (ho sempre detto che avrei scritto sempre e comunque, indipendentemente dalla pubblicazione, dalle vendite, dai guadagni, e così sarà... ma è la frequenza con cui mi metterò al computer che verrà regolata dalla risposta di un eventuale pubblico e, al momento, non vedo alcuna fretta). In secondo luogo per una rivalutazione del valore che davo al fatto di aver pubblicato con un editore vero e proprio: al di là dell'orgoglio personale e della certezza di essere stato valutato e scelto, mi accorgo di come diversi autori self-published riscuotano maggior successo pur avendo, senza dubbio, minori perdite in termini economici. Ne ho avuto una riprova io stesso con l'autopubblicazione, poche settimane fa, di "Tra Palco e Realtà", il quale, sebbene siano da considerare altre variabili in gioco, ha già venduto più de "Il Segreto di Malun", forte di un prezzo di copertina accattivante e senza gravare troppo sulle mie perdite.E terzo, per l'appunto, per la odiata ma inevitabile considerazione che devo fare a livello economico, con un investimento, definiamolo così, che di anno in anno aumenta di valore ma che porta sempre meno frutti. Non sono un AAP, come sapete, ma con una famiglia da mantenere non posso lasciare che la mia passione mi sottragga troppe risorse. Mi chiedo dunque se non valga la pena fermarsi qualche anno, risparmiare il costo derivante dall'acquisto di copie personali per la rivendita e dall'organizzazione di presentazioni e utilizzare quel denaro per cercarmi un agente e provare a fare il vero salto.Riflessioni e valutazioni che accompagneranno il mio 2015, per il quale auguro a tutti i migliori risultati. Me compreso, se non vi dispiace!

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