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L’appello storico di Ocalan: porre fine al conflitto fra curdi e turchi

Creato il 27 marzo 2013 da Thefreak @TheFreak_ITA
L’appello storico di Ocalan: porre fine al conflitto fra curdi e turchi

di Marina Solimine

In occasione dei festeggiamenti del Nevruz [il nuovo anno curdo] duecentomila persone riunite a Diyarbakir, nel sud-est della Turchia, erano in attesa del discorso di Abdullah Öcalan, leader del PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan), in carcere dal 1999 su un’isola nel mar di Marmara.

“Facciamo tacere le armi, lasciamo parlare la politica. È ora che le nostre forze armate si ritirino oltre i confini. Non è la fine, è l’inizio di una nuova era”. Con queste parole, lo scorso 21 marzo, Öcalan ha chiesto al PKK il cessate il fuoco, la deposizione delle armi ed il ritiro dalla Turchia, con conseguente spostamento nel Kurdistan iracheno.

La richiesta è chiara: porre fine ad una guerra che va avanti da decenni e cha ha causato quarantamila morti. Il leader curdo ha parlato della ricerca di un nuovo ordine in Medio Oriente ed in Asia e, in risposta a questo importante e storico messaggio, Erdogan ha sottolineato la rilevanza della tregua, ma la sua reazione sembra comunque piuttosto cauta. Di un certo peso, comunque, una dichiarazione del premier turco: fine delle operazioni militari, se gli attacchi curdi cesseranno. Pare che già da mesi il governo di Ankara stesse dialogando col PKK su questo tema e che dei suoi esponenti avessero incontrato Öcalan in carcere.

Il leader curdo ha precisato che questa notizia non rende automaticamente vani gli sforzi ed i sacrifici dei curdi di tutti questi anni; si sta cercando, piuttosto, di passare dalla lotta armata ad una “lotta politica democratica”. Resta ferma, dunque, la richiesta di diritti formalmente riconosciuti per il popolo curdo (diritti giuridici, concessione di poteri più numerosi ed importanti, ma anche protezione della cultura).

Il riferimento all’equilibrio ed al nuovo ordine mediorientale fa pensare al ruolo sempre più considerevole che la Turchia mira ad assumere non soltanto in questa zona, ma anche in Europa. Sarebbe difficile diventare una grande potenza ed un interlocutore rispettabile con uno scontro del genere ancora in atto; scontro che costituisce, infatti, uno degli ostacoli alle ambizioni geopolitiche turche.

Bisognerà vedere, adesso, se i militanti di entrambe le fazioni accoglieranno questi appelli e se, de facto, questo sanguinoso conflitto vedrà finalmente una fine. Per il momento, Murat Karayilan, il capo militare del PKK, ha asserito che gli attivisti rispetteranno l’appello.

Già in passato vi erano stati tentativi (falliti) di porre fine alle ostilità, ma la stampa ed i media internazionali sembrano dare, questa volta, un’importanza ben diversa al messaggio di Öcalan ed alle conseguenze che esso potrebbe effettivamente avere su questa guerra – sebbene non si è sicuri che il ritiro avverrà né in quali tempi, eventualmente, sarà attuato. I media internazionali, sì, perché va sottolineato il poco rilievo dato alla notizia da quelli italiani.

L’annuncio (accolto da un lungo applauso – così riportano i cronisti della BBC presenti a Diyarbakir), va evidenziato anche questo, è stato letto sia in turco che in curdo ed è stato trasmesso da un canale televisivo turco. Nonostante i già citati tentavi passati andati incontro ad insuccessi, anche la popolazione turca sembra più speranzosa questa volta. Nel messaggio di Öcalan molti vedono, difatti, un vero e proprio cambio di rotta, possibile probabilmente perché – per i motivi cui si accennava sopra – Erdogan ed il leader curdo sembrano ora trovarsi d’accordo sugli interessi da perseguire. Interessi economici, oltre che strategici: da anni, a quanto pare, la Turchia ed il Kurdistan iracheno portano avanti rapporti commerciali riguardanti acqua, petrolio e vari generi di consumo.

Come si è accennato prima più volte, l’origine del conflitto risale a molti anni fa e precisamente al 1984, anno in cui il PKK (considerato un’organizzazione terroristica non soltanto da Ankara, ma anche dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea) imbracciò le armi contro la Turchia, chiedendo maggiore autonomia per il popolo curdo. Il conflitto, lo ricordiamo, ha causato la morte di circa quarantamila persone.

Attualmente, Ankara stima la presenza di guerriglieri curdi sul proprio territorio nazionale pari a tremilacinquecento; per spostarsi nel nord dell’Iraq – come si diceva all’inizio – servirebbero dei salvacondotti del governo turco, oltre all’avvio ed al proseguimento delle trattative di pace, ovviamente.

Le radici storiche di questo conflitto, però, sono ben più antiche e ci portano alla conclusione della prima guerra mondiale. Il Trattato di Sèvres del 1920, regolando la pace tra l’Impero Ottomano e gli alleati, sancì lo smembramento del primo ed ipotizzò la nascita di un Kurdistan indipendente. Nel 1923, con il Trattato di Losanna, quest’ipotesi non ebbe seguito e gli alleati si accordarono con la Turchia di Atatürk tralasciando il progetto di uno stato curdo indipendente. In quegli anni si andava affermando il principio di autodeterminazione dei popoli e fu proprio sulla base di esso che si andò via via costituendo il nazionalismo curdo.

C’è da dire che questo popolo parla una lingua legata prevalentemente al persiano, più che al turco, ha un’organizzazione pressoché rurale ed un’origine etnica diversa da quella dei turchi. Ciononostante, la Turchia, nel corso degli anni, ha negato il riconoscimento dei curdi come minoranza, fino a cancellarne il nome ed a reprimere con la forza le manifestazioni di dissenso di questo popolo (formato da circa venticinque milioni di persone, divise fra Siria, Iraq, Iran e Turchia, appunto). Ad oggi, i partiti curdi non sono ammessi da Ankara, in quanto vietati dalla Costituzione [si veda quanto si diceva poco sopra sul PKK].

Per leggere il discorso di Öcalan o i passi principali di esso, si vedano i seguenti link:

Tag:1920, 1923, Ankara, asia, conflitto, curdi, kurdistan, medio oriente, ocalan, onu, pace, PKK, stati uniti, svizzera, turchia, UE, Unione Europea


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