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L’aria fritta che tira

Creato il 10 giugno 2014 da Albertocapece

BriatoreSiamo davvero messi male, siamo come si dice cornuti e mazziati. Così non soltanto dobbiamo subire i rigori di una crisi, che è divenuta un nuovo modello di involuzione e regresso sociale, ma anche sopportare lo sberleffo dei media, l’incompetenza di personaggi imposti dai salotti buoni e la presa in giro che essi consapevolmente o per semplice leggerezza mondana ci infliggono. Così ieri sera la cocca del clan Minoli, nota “esperta” di economia da bar sport e leggermente tendente alla mitomania, cosa comprensibile visto il magico cognome, è riuscita ad appapocchiare un discorso sul lavoro prendendo come testimoni un apparatnik come Gianni Cuperlo, intelligente, ma politico da sempre, Sergio Rizzo giornalista da sempre e sempre dalla parte di chi conta, il povero Sallusti, sempre più vampiro a corto di sangue del gruppo Berlusconi e soprattutto, come imprenditore, Flavio Briatore. E’ questa “l’aria che tira”.

Certo è uno spettacolo sentire il direttore del Giornale che vaneggia prendendo i tassisti abusivi come esempio di business evolutivo e Briatore bofonchiare di start up perché non gli veniva in mente la parola società, visto che non aveva il copione come nella sua trasmissione. Ora io dico come si può spacciare il signor billionaire, come imprenditore? E soprattutto come si fa a presentare uno che ha sempre navigato nei peggiori vizi italiani come l’uomo che illumina il cammino? Cosa c’entra Briatore, biscazziere, oscuro seduttore di ricchissimi commenda, ricattatore, manager pluri fallimentare, latitante recidivo, con i problemi cui si trova di fronte il Paese?

Se qualcuno ha interesse a sapere chi sia davvero Briatore, può andare a questa sintesi scritta due anni fa quando si inaugurò il suo reality. La carriera del Boss è ben conosciuta, una carriera che è quasi un antologia del peggio italiano. E tuttavia per fare spettacolo lo si mischia con cose che dovrebbero avere tutt’altra serietà.  Ma il fatto è che ormai l’informazione è evasiva, scambia il personaggio di un reality per realtà, non per errore, ma come metodo per confondere le acque. Tanto chi è al di là dello schermo viene premiato per questa frivolezza reiterata e aggravata che oltretutto è premiata dall’audience e che alla fine  ha come scopo finale quello di far confusione e trasformare il disorientamento in obbedienza e rassegnazione al massacro.


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