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L'autoritratto infinito - Frida Khalo

Creato il 27 luglio 2015 da Artesplorando @artesplorando

L'autoritratto infinito - Frida Khalo

Frida Khalo, autoritratto con scimmia

Introducendo motivi e simboli della cultura indio-messicana e dell'iconografia devozionale del cristianesimo popolare, Frida Khalo (1907-1954) giunge a un'originalissima elaborazione del genere ritratto. La sua produzione pittorica, quasi del tutto concentrata sull'autoraffigurazione, si propone di portare alla luce i contenuti più profondi di un'esistenza sofferta, segnata da dolori fisici e spirituali.
Di lei André Breton, teorico della scuola surrealista, ha scritto: «L’arte di Frida Khalo è un nastro intorno a una bomba». Mentre Pablo Picasso, in una lettera inviata a Diego Rivera, marito di Khalo e leader del movimento muralista messicano, dice: «Né Derain, né tu, né io siamo capaci di dipingere una testa come quelle di Frida Khalo». Nel 1938 Marcel Duchamp, che insieme a Kandinsky, Mirò, Tanguy, è un suo fervente estimatore, la ospita a Parigi e l’aiuta a montare la sua prima mostra europea. La mostra è stata decisa da Breton, che vuole fare della pittrice la bandiera del surrealismo internazionale, nonostante sia evidente che Khalo non può essere contenuta in nessuna gabbia teorica e tanto meno in una corrente artistica. Per lei la pittura rimane comunque una specie di incidente di percorso: «Dipingo la mia realtà. La sola cosa che so è che dipingo perché ne ho bisogno e tutto quello che mi passa per la testa». La biografia di Frida, senza la quale sarebbe impossibile capirne il lavoro artistico che ne è la registrazione meticolosa e ossessiva, è presto detta.
Nata a Coyoacán nel 1907, coetanea della rivoluzione messicana, al finire di un’adolescenza che l’ha vista protagonista vivace e anticonformista della svolta democratica nel suo paese, nel 1925 Frida è vittima di uno spaventoso incidente stradale che, alla lettera, le spezza il corpo e la vita in due. Da lì in avanti la sua vita è un calvario di sofferenze, ricoveri ospedalieri, interventi chirurgici, che non le impediranno comunque di vivere in prima persona e con intensità i più importanti avvenimenti politici di quegli anni e una serie di tormentose passioni amorose, e di dare vita a uno straordinario corpus di poco più di duecento opere pittoriche, tutte rigorosamente a fuoco su di lei. Dalla carrellata di autoritratti desolati, aggressivi, sfacciatamente o esibizionisticamente impudichi alle sensuali, visionarie, antropomorfiche nature morte che Frida, programmaticamente, chiama «nature vive». Per lo più di piccolissima dimensione, le opere di Khalo, dopo un periodo di latenza che va dal ’54 (anno della sua morte) al ’77 (quando i circuiti internazionali la riscoprono) hanno raggiunto oggi quotazioni da più di un miliardo di dollari (vedi Autoritratto con capelli sciolti del 1947, venduto da
Christie’s, New York, nel maggio 1990 per 2.104.000.000 di vecchie lire). Dal 1958 Città del Messico le ha dedicato un museo – il Museo Frida Khalo – ricavato nella casa blu di Avenida Londres dove l’artista nacque, visse e morì e che Rivera donò alla città alla morte della moglie.Tematiche personali come la malattia, la sofferenza fisica e sentimentale, l'amore travagliato con il pittore Diego Rivera, la drammatica esperienza delle gravidanze interrotte s'intrecciano senza soluzione di continuità ai contenuti sociali vissuti da Frida: la lotta per la democrazia e per l'integrazione politico-culturale degli indios messicani, e quella per la fondazione di un arte messicana indipendente.I suoi quadri credo che ci restituiscano una sublime testimonianza della condizione femminile del nostro secolo.
C.C.
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