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L'ecologia come nuovo paradigma della politica

Creato il 22 febbraio 2012 da Upilmagazine @UpilMagazine

Un problema politico urgente è indiscutibilmente costituito dalla crisi ecologica, cioè dalla probabilità che si verifichino catastrofi climatiche. Nonostante tutti gli sforzi collettivi per rimuovere tale prospettiva, nonostante tutte le strategie sviluppate per rassicurarci e tranquillizzarci, questa convinzione si è consolidata nelle coscienze e costituisce il cupo sottofondo del senso della vita per le giovani generazioni dei paesi più sviluppati.
In realtà, la possibilità dell’apocalisse è insita già in quella negazione dell’immediata unità con la natura che differenzia l’uomo dall’animale; ma solo nel XX secolo essa diviene un pericolo reale.
Come è arrivato l’uomo a minacciare il proprio pianeta nel modo che oggi stiamo sperimentando? È chiaro che senza una riflessione adeguata sul ruolo e la funzione della tecnica e dell’economia non si può cogliere l’essenza della crisi ecologica. Probabilmente al centro di questa trasformazione vi dovrà essere il concetto di rispetto della natura.
Certo è che se si esagerasse in quest’opera di riconversione, si presenterebbe il pericolo di un regresso intellettuale e del sacrificio di irrinunciabili acquisizioni conoscitive dell’epoca moderna.
Quel che bisogna rivendicare con forza è l’ecologia come nuovo paradigma della politica: i grandi problemi della politica attuale sono lo sviluppo demografico, la diminuzione delle risorse alimentari, il clima mondiale e il riscaldamento dell’atmosfera, il degrado ambientale e lo smaltimento dei rifiuti specie di quelli tossici, l’aumento dei veleni chimici nell’acqua, l’erosione del terreno, l’assottigliamento dello strato d’ozono, la riduzione della varietà della specie. Tutti questi fenomeni non possono che creare una situazione nella quale si verificheranno catastrofi ecologiche.
È ormai chiaro che non si può proseguire lungo una tradizione culturale che insegnava la centralità dell’elemento economico come una verità atemporale valida per tutte le epoche storiche. Ma se l’economia non rappresenta necessariamente l’ambito centrale di ogni civiltà, se lo è soltanto da qualche tempo e forse già tra breve non lo sarà più, quali altri ambiti centrali vi sono stati finora? E quale sarà quello del futuro?
Nonostante la suddivisione della storia moderna in secolo della religione, secolo delle corti principesche, secolo della nazione e secolo dell’economia, bisogna riconoscere che il XXI secolo sarà il secolo dell’ambiente. La buona politica sarà quella capace di salvaguardare in modo globale i fondamenti naturali del mondo in cui viviamo, non più quella capace di consentire lo sviluppo quantitativo dell’economia e la soddisfazione dei bisogni più assurdi, né una politica che persegua l’identità culturale e linguistica di una nazione a discapito di altre, e tanto meno, per finire, una politica che cerchi di imporre con la violenza l’omogeneità culturale o religiosa.
Sta lentamente maturando la consapevolezza della superiorità del nuovo paradigma: in questa prospettiva, cosa significano i vecchi termini «destra» e «sinistra» per l’intellighenzia dell’Europa occidentale? Quel che occorre fare invece è raccogliere le ricchezze di pensiero custodite in queste tradizioni politiche e utilizzarle per rispondere alle sfide del nostro futuro e sviluppare il nuovo paradigma di cui necessita il secolo dell’ambiente.
Nel prossimo futuro la specifica azione ecotecnocratica, affidata alle singole scienze, sarà indispensabile, forse addirittura prioritaria; e tuttavia a lungo termine soltanto l’adozione di un nuovo paradigma culturale e morale sarà in grado di garantire la sopravvivenza della nostra casa planetaria e una decente vivibilità anche per le nuove generazioni.

Paolo Pellegrino
Docente di Estetica e di Etica
della Comunicazione dell’Università del Salento


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