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L’EDDIEtoriale: La lancia e lo scudo

Creato il 15 febbraio 2011 da Gianclint

L’EDDIEtoriale: La lancia e lo scudoNarra una leggenda cinese che uno scudo infrangibile possa essere spezzato solo da una lancia infrangibile. Ma a costo della distruzione di entrambi. L’armatura e lo scudo del Drago, rimasti per un tempo incalcolabile a giacere sotto l’enorme cascata, bagnata dalle acque formatesi dai frammenti di stelle e galassie, sono diventati i più forti e resistenti dell’Universo. Il maestro dei “Cinque picchi” era conscio della leggenda: a Shiryu non sarebbe bastato quel vantaggio per avere la meglio su ogni avversario. Bisognava che lo stile dell’attacco fosse sviluppato quanto quello della difesa per far sì che la nobile arte trovasse la massima espressione.

L’ideale di valori necessari ad una grande squadra, per vincere, sono gli stessi: una difesa insuperabile ed un attacco prolifico. Ogni club vittorioso non si discosta da questo dogma, il means to an end è : centrali agili e possenti dietro,davanti qualcuno che sappia inventare dal nulla, o finalizzare cinicamente il lavoro dei compagni. Nel calcio contemporaneo questa legge non scritta è andata affermandosi con maggiore forza, poiché gli episodi, specialmente quando a scontrarsi sono club di pari livello, risultano decisivi per risolvere gli stalli. Di conseguenza diventa fondamentale fare meno errori possibili nelle retroguardie, e massimizzare ogni piccola occasione. Il Milan di quest’anno, finalmente, ha deciso di affidare il proprio destino a campioni assoluti in tali compiti: la premiata ditta Nesta-Silva-Pato-Ibra.

Badate bene,  non intendo sminuire il lavoro degli altri, né illudermi/vi che bastino per aver la meglio su ogni avversario. Se la filosofia e la storia orientale mi affascinano, altrettanto quella greca. E chi meglio di Re Leonida si potrebbe chiamare in causa per confermare che tutti gli elementi della falange debbano rimanere compatti per esaltarne l’impenetrabilità? Solo quando terzini e mediani fanno da collante è possibile chiudere efficacemente. Tuttavia è  doveroso ricordare come la manovrabilità e l’elasticità della tattica ideata da Filippo fosse pessima, ed un’eventuale manovra di spostamento l’avrebbe squarciata, rendendola vulnerabile. Insomma,a campo stretto (come alle Termopili), o in una battaglia campale in pianura, esaltava le proprie caratteristiche,ma su un terreno accidentato o su dislivelli,non era altrettanto efficace.

Sarà per questo che ogni qual volta non abbiamo saputo muoverci con equilibrio, limitandoci a pensare fosse la barricata a fermare i nostri avversari, ed un lancio lungo a poter creare delle occasioni, siamo stati sconfitti. Contro il Parma, più che agli spartani,ci siamo ispirati alle legioni romane: movimenti elastici, devastanti nel portare gli attacchi con il meglio di ogni sezione. Romolo e poi Giulio Cesare ne fecero la massima espressione di fanteria pesante dell’antichità, combinando mobilità e potenza. Qualità che rivediamo in Ibrahimovic,  cavallo di Troia per ogni nostra azione offensiva. Gli avversari, rapiti dalla sua presenza, concentrano il loro sguardo e, così facendo, lasciano che i compagni possano entrare indisturbati, Se poi qualcuno dovesse resistere e sfondare le retroguardie, ci penseranno i nostri “Aiaci” Sandro e Thiago. Loro, come lo scudo forgiato da Efesto per Achille, respingono ogni fendente.

Da un mese a questa parte poi, abbiamo un’arma in più nella nostra faretra, l’arma dionisiaca: Cassano. Guardandolo giocare, specialmente dal vivo, ci si domanda come possa compiere gesti difficilissimi con una facilità così disarmante. Non fosse per la simmetria tra la sua hýbris in campo e fuori, se potesse contenere l’esaltazione del compiacersi di cotanto talento, questa sua tracotanza sarebbe una risorsa alla quale ricorrere più spesso. D’altra parte il genio è sregolatezza, si sa,quindi, decidendo di prendere se ne accettano le peculiarità.

Il poker rifilato agli emiliani, a seguito del favore fattoci dal nemico del nostro nemico, ha assunto un valore che trascende i soli 3 punti,gettando le fondamenta per gestire il nostro futuro nel breve e nel lungo periodo. Nessuno,  pur con tutto il rispetto, teme il Napoli, né le montagne russe che continueranno a fare in classifica sia Roma che Lazio né i già citati bianconeri. Sappiamo bene che il vero pericolo, l’unico pericolo, è la maiamata. Tenere a distanza loro, in attesa del derby di ritorno, è la medicina per tornare ad imporci dove ormai siamo latitanti da 6 anni. Il fattore psicologico conta tantissimo e martedì,  seppur in un’altra competizione, potremmo metterli in scacco mentale ancora una volta. Vederci primeggiare in Italia ed Europa, manderà le loro certezze in mille pezzi. Anche perché, non dimentichiamolo, per quanto possa smentire, il loro allenatore don (non in senso mafioso,ma clericale,dato che sembra un prete) Leo ci guarda con occhio attento e, sa bene che la sua infame scelta ha portato il derby cittadino ad un’inimicizia come non si ricordava dai tempi di Castagner.

Sono convinto che, nonostante l’emergenza a centrocampo, si possa chiudere il discorso qualificazione già all’andata. Per farlo abbiamo bisogno di Pato. La mia chiosa è per lui proprio in virtù del momento nero che sta passando. Ora che,da enfant prodige, sembra diventato addirittura un problema, voglio mettermi di traverso a questa follia ed affermare l’esatto opposto. Non solo è una risorsa, ma è un talento cristallino come pochi ne ho visti in decenni che seguo il calcio. Sarebbe un errore macroscopico pensare di poter vincere emarginandolo. Questo Milan ha bisogno di Pato tanto quanto Pato ha bisogno del suo Milan. Come Seiya  nel meraviglioso manga di Masami Kurumada, spero legga di quella leggenda cinese e la sfrutti per colpire al cuore, con la velocità mista a potenza che solo lui può manifestare, il nostro avversario. Mostrati, o Alexandre,  spietato durante i 180 minuti e caritatevole, quando saranno deposti gli scarpini, omaggiandoli della tua maglia, quale monito futuro, nonché ricordo di un ragazzo destinato ad entrare nell’Olimpo dei più grandi.

Eddie Felson

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