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L’editoria è morta: Giancarlo Buonofiglio dixit

Creato il 23 dicembre 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

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Non vuole titoli, non gli importa di raccontare ed elencare le sue competenze di docente universitario, di GB fotosnocciolare i suoi  numerosi libri scritti su antropologia, filosofia e psicologia, insomma un anti-personaggio questo Giancarlo Buonofiglio che però, suo malgrado, non riesce a essere tale fino in fondo: spontaneo e irriverente, irrimediabilmente filosofo e colto, riflessivo e, ma non glielo andate a dire, serio anche più di quanto basta. Onesto, con sé stesso e con me anche nelle risposte che a volte inquietano e che mi dà qui di seguito, su argomenti che potrebbe tranquillamente glissare o trattare con sufficienza, o altro atteggiamento da intellettuale snob: si può sentire terribilmente e umanamente vicino Giancarlo, mentre ci parla a ruota libera, senza usare citazioni tanto per vezzeggiarsi ma solo perché parte di lui e del suo mondo così vicino al sentire delle persone, sia lontano dal comune praticare.

“Quanto a me, mi colloco tra coloro che vogliono trascorrere la vita nella maniera più facile e piacevole possibile.”(Aristippo di Cirene)

Giancarlo,  quanto manca agli autori di oggi di quanto c’è in questa frase (che è anche un tuo motto)? Manca a mio avviso un po’ l’aspetto ludico dello scrivere e secondo me, il lettore lo avverte. Tu che ne pensi?

Strano Paese il nostro. Abbiamo una visione paolina anche nell’arte e nella scrittura. Il genere comico, la commedia, quello che strappa una risata viene considerato di serie B. Ti ricordo che per i greci in particolare non era così. Sembra domini la morale anche sulla scrittura creativa, ed è nella sostanza qualcosa di profondamente sbagliato. L’estetica (l’occhio) ha le proprie regole, e sono indipendenti dalla morale e dall’etica, lo aveva capito Plotino. La nostra scrittura risente fortemente della lezione di Agostino e Paolo. E’ per questo che cito volentieri i greci, Aristippo come Aristofane.

Qual è l’errore fondamentale che riscontri negli autori contemporanei e negli emergenti, e come dovrebbero porvi rimedio?

Si scrive tanto ma si legge poco. Non penso alla scrittura come qualcosa di intellettuale, ho una visione manuale della conoscenza e della produzione creativa. Scrivo come mio nonno zappava la terra, uso le mani anche quando penso; la parola com-prendere ha questa radice, e mi piace.

Cosa non ti piace del mondo editoriale e come lo definiresti?

L’editoria come la conoscevamo fino all’avvento della rete è morta. Deleuze aveva anticipato la dissoluzione dei confini antropologici, con internet si è verificata una dilatazione anche del fare creativo. Si pubblica e nel pubblicare come nel diffondersi si esiste. La nuova editoria è la rete, e forse è molto di più.

Come mai allora in molti casi gli ebook stentano a decollare?

La logica dell’ebook segue quella cartacea: si scrive ovunque ormai. E’ cambiata anche la logica del libro e tra un po’ scompariranno anche i libri come li conosciamo.

Vanno di gran moda i romance oggigiorno. Quasi tutte autrici. Dicci che fenomeno è secondo Buonofiglio e  che cosa implica.

Il sogno, le donne per abitudine e cultura sono più portate al sentimento, lo capiscono, sanno gestirlo e raccontarlo. Noi uomini siamo neofiti a confronto.

La filosofia nei romanzi c’è ancora? Dove?

La filosofia è una domanda. C’è ovunque, anche quando ti prepari il caffè. Qualcuno trova una risposta ogni tanto e la chiama filosofia. Nella scrittura annoia, personalmente mi stanca. Meglio un saggio.

La psicologia, questa musa di molti autori di successo di oggi: come viene trattata ora nella narrativa?

Bisogna diseducare l’occhio dalla psicologia, pulirlo da questo genere di incrostazione culturale. La psicologia è una violenza all’intelligenza e un insulto al buon senso. Parola di uno che la insegna da molti anni.

Rispondi alla domanda che non ti hanno mai fatto ma che avresti sempre voluto che ti facessero…

Non saprei che dire, non ho domande in sospeso, sento solo risposte. E’ un mio limite.

Inutile tirar fuori qualche  parola in più a Giancarlo, non perché è timido o poco disponibile, ma perché esauriente ed esaustivo: dunque riassumendo, l’editoria come la conosciamo non ha futuro, scrivere un testo non ha più senso perché si scrive ormai ovunque sul web e la psicologia in letteratura è da estirpare: che ne dite, ce n’è abbastanza per riflettere? A voi la parola, cosa ne pensate: ha ragione Giancarlo?



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